Un nuovo e durissimo atto di accusa della capogruppo dem in Consiglio regionale, Micaela Fanelli, sulla gestione di Molise Dati, in un momento storico in cui bisgonerebbe, invece, puntare sulla digitalizzazione, per la quale ci sono numerose risorse previste dal Recivery fund.
“Un Molise 5.0? Per il momento è un miraggio! E questo – il parere della Fanelli – ci distanzierà definitivamente dal resto del Paese e dall’Europa! Perché? Perché in regione non c’è alcun impulso politico e nessuna attuazione efficace alle misure volte a promuovere e incentivare quella ‘società dell’informazione’ in cui dovrebbe, invece, investire la Regione e Molise Dati.
Lo ha detto bene la Corte dei Conti nella relazione al giudizio di parifica 2019 che ha certificato l’inefficienza di una partecipata che ad oggi ha ben poco di strategico. Un giudizio impietoso e del tutto in linea con l’interrogazione che presentammo subito dopo la ricostituzione del CdA della società in house. E si tratta di un dato che, nella sostanza, è stato riconosciuto dallo stesso governo regionale che, per affidamenti che riguardano gli ambiti di operatività di Molise Dati ha, invece, deciso di rivolgersi a un privato.
Un copione messo di recente in atto anche dall’Asrem. Pensate che Molise Dati non si occuperà più nemmeno dell’elaborazione delle spettanze dei medici di base e dei pediatri. Chi lo farà? Ovviamente una società privata. Quella che già si occupa del sistema informativo unico. E sapete qual è il motivo? Le criticità che, proprio l’Asrem, ha riscontrato nel servizio che Molise Dati ha prestato all’Azienda sanitaria regionale.
Ci chiediamo quindi a Molise Dati cosa stia accadendo? Cosa sta succedendo nell’organizzazione interna? Non è che ci sono incarichi ricoperti da chi non ha competenze per condurre una nave in porto? Non è che, magari, chi ha competenze specifiche non venga opportunamente valorizzato? Non è che, invece, di essere una struttura organizzata ci troviamo di fronte a una gestione improvvisata? E circa quest’ultima è ovvio che non mi riferisco solo alla governance della società, ma soprattutto a chi sovrintende la materia in regione. I vertici politici e amministrativi cosa stanno facendo per farsi trovare pronti rispetto al piano nazionale che apposta oltre 10 miliardi di euro in materia di digitalizzazione, innovazione e sicurezza della Pubblica Amministrazione?
Il tutto accade in un momento storico in cui sarebbe utile e interessante capire, invece, a che punto si trova in Molise il piano BUL, quello per la cosiddetta banda ultra larga. Perché si tratta sì di un piano nazionale, ma per il quale la nostra regione aveva previsto circa 10 milioni del PSR – fondi FEASR – e oltre 44milioni di euro provenienti dagli Fsc nazionali (obiettivo specifico 2.1 Riduzione dei divari digitali nei territori e diffusione di connettività in banda ultra larga). In totale parliamo di più di 50milioni di euro per arginare il fenomeno delle aree bianche, ovvero quelle prive di reti ultra broadband dove i privati non intendono investire nei prossimi tre anni.
Mi chiedo: qualcuno se ne sta occupando? Sta verificando? C’è qualcuno della società in house della Regione Molise che opera nel campo dell’Information & Communication Technology a cui interessa tutto questo?
Eppure è proprio attraverso nuovi progetti, nuovi processi e nuove infrastrutture tecnologiche, ovvero tutto ciò per cui Molise Dati è stata concepita (vedasi la mission dell’azienda sul sito della stessa) che aree interne come le nostre potrebbero ritrovare una chiave per il futuro. Soprattutto in relazione allo smart working che non solo ha cambiato il concetto stesso di lavoro, ma è anche in grado di rivoluzionare il modo di abitare i luoghi.
Se si osservano insieme i dati dello spopolamento e quelli sullo smart working certificati da Svimez si capisce come, questo nuovo strumento, possa davvero configurarsi come una chiave di volta per i nostri territori.
Dall’inizio del nuovo secolo ad oggi, la popolazione meridionale è, infatti, diminuita di 33mila abitanti a fronte di un aumento di 3 milioni e 282 mila nel Centro-Nord. Un dato drammatico che, però, se messo in relazione con i 45mila addetti del Sud che, da inizio pandemia, lavorano in smart working per le grandi imprese del Centro-Nord, può offrire una speranza concreta per i nostri territori.
Insomma, anche leggendo questi semplici numeri ci risulta davvero facile capire come questo nuovo modo di concepire il lavoro sia oggi una grande opportunità anche per i borghi del nostro Molise. Ecco perché proprio su questo punto, dopo la partecipazione a una serie di incontri virtuali sul tema, sul mio sito web ho voluto pubblicare la prima proposta organica (che trovate al link👉 https://bit.ly/39ZUmcG ) per sviluppare lo smart working in Molise e al momento sto lavorando a una Proposta di Legge e un Piano da proporre in Consiglio sulla nuova programmazione nazionale ed europea, ricordando come, affinché i progetti in tale settore possano essere finanziati ed attuati, essi per prima cosa chiameranno il sistema pubblico a essere il vero motore di tale trasformazione. Prima di tutto, quindi, siamo consapevoli che la macchina amministrativa dovrà ripensarsi. Come? Attraverso una maggiore semplificazione, una burocrazia trasparente, amministrazioni accessibili, partecipate e sostenibili che investano in nuove competenze e formazione digitale del personale. Tutte condizioni, queste, che rappresenteranno le fondamenta su cui costruire un nuovo progetto del domani.
Eppure, mentre noi continuiamo a riflettere su questioni così importanti per il futuro della nostra regione, siamo costretti a registrare, purtroppo ancora una volta, l’assenza totale di visione e strategie della Regione Molise, che resta inerme a osservare il fallimento di una società che ha abdicato al ruolo e agli obiettivi per i quali era stata concepita.
Eppure, proprio virtù di una repentina trasformazione del mondo in cui viviamo e in ragione della capacità di risposta che dobbiamo ai finanziamenti del Recovery Fund e del futuro ciclo di programmazione, chiediamo a qualcuno che ci venga spiegato quantomeno il cosiddetto Piano Bul, l’attuazione e il raggiungimento degli obiettivi.
Per ora infatti – conclude la consigliera – quello che riscontriamo è solo una bocciatura degli organi di controllo e dei risultati!”