“Credo siano state un errore le dimissioni di Nicola Zingaretti. Mentre viviamo tutti in apnea a causa di una drammatica pandemia che lascia i nostri ragazzi senza scuola, che stenta nella campagna vaccinale, che lascia migliaia di lavoratori a casa, che sta distruggendo il sistema produttivo e commerciale, che ha messo a nudo il disastroso sistema sanitario (con evidenze drammatiche nella nostra Regione), si poteva fare a meno di inserire nel dibattito nazionale anche le “paturnie” del PD. Massimo rispetto per Nicola Zingaretti ma non ci si dimette da segretario nazionale di un grande partito come si uscisse da un gruppo whatsapp e men che meno ci si vergogna del proprio partito, casomai di alcuni dirigenti!”. Questa la riflessione politica di Nicola Messere, componente della segreteria regionale PD del Molise.
“Spesso – dice Messere – si crede e ci si autocompiace di costruire metodi partecipativi, ma i metodi partecipativi richiedono una grammatica e un’analisi logica, richiedono dei metodi e delle persone, delle modalità, della trasparenza, quindi c’è una metodologia, per dirla con Barca. Purtroppo, il Partito Democratico, devo dire dalla nascita, ha vissuto sempre turbolenze che hanno portato a dire ad ogni segretario di essere stato tradito dal fuoco amico, che bisogna essere responsabili e uniti, che meglio stare sott’acqua invece di emergere e condurre battaglie radicali e trasparenti; La grande Kriegsmarine (marina tedesca) con i suoi potenti sommergibili, nella battaglia dell’Atlantico durante la seconda guerra mondiale dopo un inizio a loro favorevole e notevoli successi parziali, cominciarono progressivamente a subire grosse perdite e subì la definitiva sconfitta per mano degli alleati che utilizzando radar e sonar, pattugliamenti navali in emersione e allo scoperto, utilizzando portaerei di scorta e aerei a lungo raggio (l’esempio non sembrerebbe ma calza a pennello).
Lungo sarebbe raccontare la storia, dico solo che il PD non mi sembra abbia eccelso in questi anni nella costruzione dell’analisi dei problemi e quindi della loro rappresentanza. Si, rappresentanza e non rappresentazione, perché in contrapposizione netta ai populisti un partito progressista analizza i problemi, cerca di rappresentarli e dà risposte contrariamente, evidentemente, ai populisti che li cavalcano.
Credo che il segretario del PD Nicola Zingaretti abbia commesso lo stesso errore commesso da tutti gli altri segretari, cioè certificare l’ovvietà, cioè che nel PD ci sono le correnti e che le stesse sono solo a caccia di poltrone.
Alle ultime primarie mi schierai con Maurizio Martina, come molti sanno nominato da poco vicedirettore generale della FAO, devo dire anche questa un’altra mezza, anzi un po’ più di mezza, delusione!
Nonostante molti conoscono il mio pensiero, voglio precisare che mi sono sempre sentito abbastanza rappresentato dal segretario e ho apprezzato lo sforzo fatto per tenere il partito unito, particolarmente in questa crisi pandemica che sta provocando, aimè, crisi ancora più cruente come quella economica e quella sociale.
Un partito serio e responsabile del ruolo che è chiamato a svolgere nella società, però, prende atto della forza del mare in tempesta e non richiama solo tutti i marinai a tenere dritta la rotta verso il porto ma ‘apre’ ai migliori timonieri (meglio se donne e giovani) senza aspettare ordini dalle varie capitanerie di porto. Non credo aver chiesto un dibattito più approfondito sulla ‘rotta’ intrapresa sia stato un atto di lesa maestà in un partito che nel suo simbolo ha la scritta “Democratico”, perchè non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare (Seneca). Il Big Bang c’è stato, e questo ha messo a nudo la crisi di sistema che serpeggiava da molto tempo nel nostro Paese.
Ora due scenari, uno quello di rincorrere solo equilibri interni per trovare soluzioni che tengano insieme le varie correnti, l’altro una grande rigenerazione del PD con un gruppo dirigente che interpreti una linea comune e condivisa partendo dal territorio e sostenuto da tutti. Come lo stesso Zingaretti ha detto, guardando anche oltre il recinto del partito per ricostruire il campo progressista. Non dobbiamo – conclude Messere – cambiare un segretario, cambiamo il PD”.