Importante sentenza della Commissione tributaria provinciale di Campobasso, quella emessa lo scorso 14 settembre. A comunicarlo, in una nota stampa, l’avvocato Massimo Romano, che afferma: “Ripristinata la legalità. L’ente restituisca i soldi ai consorziati”.
Chiamati a pronunciarsi su una cartella emessa da Equitalia per il pagamento dei contributi consortili del Consorzio di bonifica integrale larinese per l’anno 2013, i giudici tributari hanno accolto il ricorso promosso da un consorziato proprietario di fondi ricadenti nel comune di Larino e annullato l’atto impositivo: è l’ennesima sentenza che sancisce l’illegittimità delle cartelle consortili.
La sentenza si segnala, inoltre, in quanto per la prima volta si pronuncia anche sull’illegittimità della delibera di approvazione del piano di classifica, spiegando effetti sull’intera attività impositiva esercitata per il suddetto periodo, aprendo la strada al rimborso in favore dei consorziati dei contributi versati e non dovuti.
Il pronunciamento, infatti, dopo aver ripercorso i tratti salienti della vicenda, ha statuito che “la deliberazione del consiglio dei delegati è da ritenersi illegittima nella parte in cui dispone per il passato, cioè nella parte in cui dispone “di ribadire la legittimità della potestà impositiva finora esercitata dal Consorzio sull’intero comprensorio di bonifica a fronte del beneficio apportato” e per tale parte va disapplicata”. Correttamente, infatti, il giudice ha rilevato che la cartella impugnata “si riferisce all’anno 2013, ossia ad un periodo precedente all’adozione del piano di classifica da parte della Regione, avvenuta con DGR 672/2013, e pertanto in relazione al principio del “tempus regit actum” non sussiste per tale periodo di riferimento l’inversione dell’onere probatorio”. Cosicché, aderendo al consolidato orientamento della giurisprudenza della Cassazione, la commissione tributaria di Campobasso ha annullato l’atto impositivo sul presupposto che il Consorzio non ha assolto all’onere probatorio di dimostrare il beneficio fondiario apportato ai fondi del ricorrente, né a quello motivazionale, peraltro disatteso anche dall’agente della riscossione, ossia Equitalia, che “ha l’obbligo di motivare con precisione gli atti che emette su richiesta dell’ente impositore non potendo certo limitarsi ad indicare genericamente a detti fini un atto (il ruolo) che non è nemmeno conosciuto dal contribuente”.
Quanto ai consumi irrigui, i giudici tributari hanno accolto l’eccezione di difetto di giurisdizione avanzata dall’ente, sul presupposto che le controversie aventi ad oggetti corrispettivi per consumi e forniture rientri nella cognizione del giudice ordinario.
Il consorzio, infine, è stato condannato al pagamento delle spese di giudizio.