La produzione mondiale di latte, come riporta Coldiretti Molise, nei primi sette mesi del 2014 continua ad aumentare, sfiorando il +5% su base annua, nello stesso periodo le consegne dei 28 paesi UE sono cresciute del 5,4%. Ma anche l’export di formaggi e latticini italiani è aumentato del 7,7% in volume e +9,8% in valore nel primo semestre 2014; in calo l’import di latte, sia in cisterna (-3,0%) sia confezionato (-13,3%). La maggiore disponibilità di materia prima è stata impiegata esclusivamente nella fabbricazione di prodotti stoccabili e fortemente richiesti dal mercato internazionale.
L’Italia e lo stesso Molise risultano fortemente importatori di latte e derivati. A livello nazionale, riporta Coldiretti Molise, nei primi sei mesi del 2014, l’Italia ha esportato latte e derivati per 1.236 mln di euro, 316 mln di euro verso i paesi terzi e 920 mln di euro verso l’UE dei 27 stati, mentre ha importato 1.967 mln di euro di latte e derivati, 36 mln di euro dai paesi terzi e 1.931 mln di euro dall’UE dei 27 stati, con un saldo negativo per il nostro Paese di -730 mln di euro.
Pensando alla difficoltà di collegamento e di trasporti delle aree del Molise particolarmente vocate alla produzione zootecnica e lattiero-casearia, ed ai costi di trasporto che incidono particolarmente, rispetto ad altre regioni, sul prezzo dei latticini prodotti in Molise con latte straniero, risulta difficile per il consumatore finale capire perché alcune industrie casearie molisane, invece di investire sul proprio futuro creando filiera e sinergie con gli allevatori locali, continuano con autolesionismo a guardare all’estero per approvvigionarsi.
Sicuramente sulle scelte di approvvigionamento, denuncia Coldiretti Molise, un peso non irrilevante hanno la presenza sul mercato dei “semilavorati”. Infatti il consumatore deve tener presente che anche latticini come la mozzarella o il fiordilatte possono aver iniziato la lavorazione molte settimane prima ed aver percorso moltissimi chilometri dopo la prima lavorazione. Per far risorgere certi impasti, infatti, basta trasferire la cagliata congelata o refrigerata in acqua calda, aggiungere sale e, se necessario, un pizzico di acido citrico, filare l’impasto ed infine raffreddare e confezionare. Il sistema è molto rapido, il latte fresco potrebbe anche non servire, ed i costi di produzione si abbassano notevolmente, ma anche la qualità del latticino decade. Un palato sensibile avverte che non ha il sapore tipico di fresco, il colore può tendere maggiormente al giallo, da non confondere con il giallognolo delle mozzarelle da latte fresco di mucca al pascolo in montagna, la struttura è meno succosa e, se si usa cagliata conservata da molto tempo, la mozzarella ha più il sapore del formaggio che non di latte fresco. Sull’etichetta sarebbe corretto magari indicare il termine “cagliata” tra gli ingredienti, ma, poiché la legge non obbliga a farlo, raramente questa parola compare in etichetta.
Al consumatore, conclude Coldiretti Molise, per il momento ed in attesa di una legge che finalmente obblighi, anche per formaggi e latticini, all’indicazione in etichetta della provenienza del latte utilizzato, non resta che affinare conoscenze e palato, magari consultando il sapore vero presso i piccoli caseifici delle aziende agricole, dove si sente il muggito delle vacche nella stalla poco distante, o presso gli stand di Campagna Amica.