“Il Governo continua a temporeggiare sull’apertura del tavolo di confronto per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, nonostante le numerose mobilitazioni del sindacato e il malcontento sempre più diffuso fra i lavoratori. I dipendenti pubblici hanno dovuto subire l’umiliazione di un misero appostamento di risorse in Legge di stabilità, 300 milioni di euro, utili a un aumento contrattuale talmente esiguo da essere fasullo.” Questo il duro commento di Tecla Boccardo, leader della Uil Molise.
“Se facciamo un’analisi dettagliata dei dati elaborati da istituti di statistica nazionali e internazionali, – prosegue – notiamo che i dipendenti pubblici nel nostro Paese sono tra i meno numerosi in Europa in relazione al numero degli abitanti. Non solo: negli anni del blocco del turn over il personale dipendente si è invecchiato, mentre gli stipendi sono rimasti al palo con un potere d’acquisto sempre più scarso.”
Secondo i dati Eurostat, l’Italia è l’unico paese in Europa in cui il numero dei dipendenti pubblici è calato in modo considerevole: rispetto al 2001, in Irlanda è aumentato del 36,1%, del 29,6% in Spagna, del 9,5% nel Regno Unito, del 5,1% in Francia e persino nella rigorosa Germania del 2,5%, mentre in Italia il numero dei dipendenti è in costante diminuzione: – 4,7%. Fino al 2002, i lavoratori pubblici erano tre milioni e mezzo, per scendere di oltre duecentomila unità dal 2010, col blocco delle assunzioni e dello spostamento in avanti dei requisiti per il pensionamento. Secondo i dati Ocse, nel 2014, il numero degli impiegati pubblici italiani è di 3.232.954. L’incidenza sul Pil della spesa per gli stipendi dei dipendenti pubblici nel 2013 (10,3%) è perfettamente in linea con la media dei Paesi dell’Euro, con un valore inferiore a quello francese (13,0%) e britannico (10,6%). Anche il costo pro capite dei dipendenti pubblici è nella media dei paesi europei.
Ma quello che più preoccupa, secondo la Uil, è il blocco della contrattazione che ha causato una grossa perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni: da gennaio 2009 al luglio 2015 i pubblici dipendenti hanno perso, in media, a seconda dei comparti, dai 1424 euro annui ai 2075 euro anni. Nel frattempo i dirigenti pubblici italiani percepiscono le retribuzioni in assoluto più elevate nell’area Ocse.
“Questi dati dimostrano – evidenzia Boccardo – che la situazione della Pubblica Amministrazione in Italia e, in particolare, dei dipendenti pubblici è fortemente penalizzata dal blocco delle retribuzioni e del turn over, dallo stallo della situazione contrattuale, ferma dal 2009, e dalla mancanza di una riforma seria ed efficace.”
Proprio per questo stato di cose, Cgil, Cisl e Uil, ed in particolare le Categorie del Pubblico Impiego e della Scuola, hanno deciso una diffusa mobilitazione: assemblee nei luoghi di lavoro per illustrare le richieste contenute nelle piattaforme di categoria, iniziative per coinvolgere la cittadinanza, gli ambienti accademici e culturali, i parlamentari e amministratori locali. Per sabato 28 Novembre è prevista a Roma una grande manifestazione nazionale.
E già si minaccia lo sciopero: “Se non ci saranno risposte sia sul fronte degli aumenti salariali, sia sulla riapertura della stagione di rinnovo dei contratti; se non verrà liberata dai vincoli esistenti la contrattazione decentrata, strumento essenziale per migliorare l’organizzazione del lavoro e la qualità dei servizi pubblici – preannunciano i sindacati – verrà proclamato lo sciopero di tutti i settori pubblici e della scuola per chiedere al governo di cambiare le scelte che unilateralmente ha inserito nella legge di stabilità, mortificando sia la dignità professionale che la condizione economica dei lavoratori.”
Boccardo, segretario generale della Uil molisana, fa notare come “da noi la pubblica amministrazione è il più grande e diffuso datore di lavoro che assicura un reddito a migliaia di famiglie. Il rinnovo dei contratti darebbe un po’ di sollievo alla loro condizione economica difficile e un po’ di fiato anche all’economia complessiva della regione: più soldi in tasca ai lavoratori vuol dire anche una maggior disponibilità di spesa e propensione ai consumi, aiutando le migliaia di aziende che producono e la rete del commercio che distribuisce i prodotti. Inoltre, retribuire i dipendenti in modo adeguato, finanziare le amministrazioni pubbliche per migliorarne l’efficienza, stabilizzare i troppi precari, investire sulla scuola, la ricerca, l’innovazione, serve anche a promuovere diffuse opportunità e benessere per tutti i cittadini.” Per questo la Uil afferma con forza che “non rinnovare i contratti di lavoro, bloccare il ricambio quando qualcuno va in pensione, non dare certezze ai precari, non premiare la professionalità e la produttività e via elencando, non è solo una penalizzazione dei dipendenti pubblici, è soprattutto un danno fatto all’intera collettività: quando negli uffici o negli ospedali, a dirigere il traffico o vigilare sulla sicurezza, i lavoratori sono pochi, invecchiati, impoveriti, lo tesso servizio reso è di difficile fruizione, di limitata qualità, inadeguato rispetto ai bisogni dei cittadini.”
La Uil conclude con un invito esplicito: “Gli amministratori locali, in Regione e nei Comuni, i nostri parlamentari, tutti coloro che sono interessati al benessere della popolazione e ai diritti dei lavoratori, diano un segnale di condivisione delle preoccupazioni dei sindacati e di attenzione alle rivendicazioni dei dipendenti pubblici”.