“Penso che il modo più giusto per ricordare, onorandone la figura e il lavoro svolto, Paolo Borsellino, a 23 anni dal suo assassinio, sia quello di “parlare di mafia; parlarne alla radio, in televisione, sui telegiornali”: è quanto lui stesso chiedeva alla società civile, e ai giovani in particolare. Egli chi chiedeva anche e soprattutto di negare alla mafia quel tacito consenso di cui gode in vari ambienti perché, in tal modo, sarebbe ‘svanita come un incubo’.
Lo ha detto il Presidente del Consiglio Regionale, Vincenzo Niro, in occasione del 23° anniversario dell’uccisione, insieme ai suoi agenti di scorta, del Giudice Paolo Borsellino, avvenuta a Palermo il 19 agosto 1992.
“Forse –ha continuato il Presidente Niro – è più giusto parlare di mafie, perché esse sono varie, svolgono la loro azione in diverse zone del paese, non certo solo in Sicilia o nel meridione, ma in quegli ambienti dove si assumono decisioni, si assegnano appalti, si indirizzano flussi finanziari. Le cronache dell’ultimo anno testimoniano quanto il fenomeno si sia modificato, ampliato nella sua incisività, trasformato nella percezione ed evoluto nei meccanismi di intervento. Allora bisogna parlarne, bisogna fortificare un’opinione pubblica che avversi queste strutture malavitose. Un ruolo fondamentale lo hanno proprio i giovani e i luoghi che li formano e li fanno crescere. Essi debbono creare quell’humus soci-economico da cui nasca una cultura antimafia radicata, consapevole e diffusa in ogni ambiente e strato della società. Un terreno fertile da cui la cultura della legalità sovrasti quella dei soprusi, del privilegio, della prevaricazione. La testimonianza di Borsellino, come quella di Falcone e di tanti altri servitori dello Stato, ci deve fare da guida nel non abbassare mai la guardia e nel non lasciare spazio operativo a queste nefaste infiltrazioni di malavita e di malaffare”.