Il nuovo lavoro di Daniele Sepe nasce da un lato al golfo di Napoli, lì dove si ha una vista aperta della città, dall’altro nasce dalla lotta e dalla resistenza e dal valore che l’arte ha in tal senso. I suoni racchiusi nel nuovo disco raccontano la vista di una città eclettica, spiritosa, combattiva ed allo stesso tempo amara. Capitan Capitone e i Fratelli della Costa raduna una ciurma di musicisti partenopei appassionati e di generazioni differenti:Dario Sansone e i Foja, La Maschera, ‘O Rom, Tartaglia e Aneuro, Aldolà Chivalà, Claudio Gnut, Maurizio Capone, Alessio Sollo, Nero Nelson, Sara SossiaSqueglia, Flo Cangiano, Auli Kokki, Piermacchiè,Gino Fastidio, e tanti altri, a descrivere a 360 gradi il nucleo fiorente della vita musicale del centro cittadino.
Lo stesso Daniele Sepe prova a descrivere in questo modo il nuovo prodotto musicale:
“A distanza di più vent’anni da “Vite Perdite”, l’album che fotografò la Napoli musicale dell’inizio degli anni novanta e che ebbe un enorme risonanza, tanto da essere stampato in tutto il mondo da Piranha, un etichetta berlinese che in quegli anni per Real World era la punta di diamante della world music, provo a scattare una nuova istantanea su Napoli, una città che come un araba fenice non smette mai di sorprendere. Il 7 luglio del 2015 un gruppo di cassintegrati Fiat di Pomigliano mi chiese di organizzare un concerto per sostenere la loro lotta e la loro cassa di resistenza. Fu scelta piazza Dante e in meno di 20 giorni misi insieme più di otto ore di concerto, coinvolgendo decine e decine di band della città. Molte non le conoscevo. Da allora il sodalizio tra chi partecipò a quella bella avventura non si è più sciolto, abbiamo continuato a suonare, mangiare, bere e girovagare insieme. Ci sembra logico fissare su nastro quello che è avvenuto in questi mesi. All’album partecipano davvero in tanti, siamo più o meno una ottantina (non c’è male, eh? Ma anche Vite Perdite non ci scherzava. E sono rimasti fuori tantissimi amici davvero bravi anche loro), ma attenzione: non è mica che ognuno si canta il suo pezzo e io ci metto dentro l’arrangiamento o il sassofono, noi ci siamo chiusi in studio due settimane, insieme alle vivandiere e alla cambusa, e partendo da zero abbiamo scritto insieme tutto, dalla musica ai testi. Un lavoro collettivo che ci ha fatto scapolare felicemente quest’inverno.”
Biglietti a disposizione fino alle ore 19 presso il Bar del Dopolavoro Ferroviario (interno stazione FS) e dalle 20 al Teatro Savoia (info 3664848186).