“Un libro datato, dalle pagine ingiallite e senza nessuna possibilità di vedere realizzati molti dei vecchi sogni che contiene. Nel webinar di oggi promosso dalla Cgil Molise che ha fatto il punto sul Recovery fund ho avuto modo di evidenziare le tante ombre contenute nei progetti avanzati dalla Regione Molise”. A scriverlo, in una nota stampa, è la capogruppo del PD in Consiglio regionale del Molise.
“Dopo la richiesta di accesso agli atti abbiamo avuto modo di prendere visione e studiare nel dettaglio le schede proposte dal Molise, sulle quali abbiamo fatto un report di cifre e stime percentuali suddivise per le cosiddette ‘missioni’ scelte dal Governo regionale per destinare le risorse del Recovery fund – prosegue la Fanelli – Abbiamo così scoperto che la Regione ha avanzato 67 proposte progettuali per un totale 3.299.395.280,17 € che, suddiviso per il totale degli interventi, fa poco più di circa 49milioni a progetto e che vede la cifra complessiva così ripartita: 116.078.400,00 € per la missione salute (circa il 4%), 979.200.000,00 € per 13 progetti multimissione (il 13%), 433.000.000,00 € per 4 iniziative inerenti la digitalizzazione (13%), 23 progetti nell’ambito della rivoluzione verde per un totale di 457.239.469,24 (14%), 9 su settore infrastrutture per una cifra complessiva di 1.099.550.000,00 € (33%,) 114.327.410,93 € per il comparto dell’Istruzione, formazione, ricerca e cultura che ammonta a 13 progetti (3%) e, infine 4 progetti relativi alla missione equità sociale per un contributo pari a 100.000.000,00 (il 3%).
Una marea di progetti, insomma, nei quali è evidente dove, oltre ad essere totalmente assente una visione strategica di insieme, si è deciso di relegare a un piccolo ‘pezzetto’ della torta quella che, invece, doveva rappresentare la priorità. Penso alla sanità la cui unica proposta ‘vera’ avanzata, relativa alla realizzazione del nuovo ospedale di Isernia, prevede appena il 3,7% dei fondi: ovvero poco più di 116milioni di euro su 3 miliardi e mezzo richiesti. Ma non è tutto, dato che dall’analisi del documento emerge con estrema drammaticità uno studio di fattibilità mal confezionato e svuotato delle più banali riflessioni in termini di opportunità di intervento. Proprio nel comparto che desta maggiore attenzione, quella che viene avanzata è una soluzione improvvisata e scevra di una complessiva ‘vision’. Il maldestro tentativo messo in campo, cerca infatti semplicemente di drenare risorse che apparentemente potrebbero generare soluzioni, ma che rischiano solo di agevolare la realizzazione dell’ennesima “cattedrale nel deserto” con un possibile e consistente spreco di risorse pubbliche.
Andando poi ad analizzare tutte le schede progettuali quello che salta maggiormente all’occhio è la totale mancanza delle caratteristiche di strategicità utili ai fini del Recovery. La Regione Molise ha scelto di candidare piccoli e sotto dimensionati progetti (la media di 50 miloni è una dimensione piccola per un piano nazionale) che non rispondono in alcun modo a quelle che sono le peculiarità richieste dal PNRR e che non hanno nemmeno alcuna possibilità di essere finanziati.
Penso ad esempio alle infrastrutture, comparto per il quale è stata candidata la linea ferroviaria Campobasso-Foggia. Uno studio di fattibilità datato circa 20 anni. Eppure la Giunta Toma ha fatto tornare in auge una vecchia idea progettuale, con risorse sottostimate (500 milioni per 69 km, 4 stazioni, 2 fermate, 1 ora di percorrenza). Nel 2026 il tempo stimato per la conclusione. Ma di cosa si sta parlando esattamente? Del primo tratto? Non ci è dato sapere, mentre per la maggior parte dei progetti continuiamo ad esprimere seri dubbi sui tempi di conclusione delle opere. Per quasi tutti, proprio come la Campobasso-Foggia, il completamento dei lavori viene difatti indicato in 60 mesi, ma parliamo di una tempistica che, pur rispettando il regolamento, appare del tutto irrealizzabile.
Per non parlare della cosiddetta missione denominata rivoluzione verde che vede circa 61 milioni di euro da destinare alla gestione consortile, ovvero ai consorzi di bonifica, mentre si evita di fare qualsiasi accenno a quello che dovrebbe essere un vero e proprio aggiornamento del Piano dei Rifiuti con interventi legati alla riduzione, riuso e riciclo. Nelle schede di proposte si parla, invece, di Gassificatore nell’area del Fortore, alla zona industriale di Pietracatella, che in realtà altro non dovrebbe essere se non un termovalorizzatore di rifiuti indifferenziati. Quando invece l’alternativa sarebbe dovuta essere quantomeno un impianto di gestione della differenziata di II livello, che consenta di avere un prodotto già riciclato e pronto per la vendita sul mercato. Totalmente assente poi sia il concetto di economia circolare che quello di simbiosi industriale, previste invece nel piano Next Generation UE.
Nel complesso elenco che abbiamo a lungo studiato, inoltre, gli unici progetti che hanno un impatto qualitativo adeguato e una fattiva percorribilità riguardano l’idrico e cioè i tre interventi relativi alla messa in sicurezza dei serbatoi di accumulo al servizio delle reti di adduzione e distribuzione, quelli strutturali finalizzati alla mitigazione del rischio idrogeologico da alluvione lungo il fiume Biferno, nonché gli interventi strutturali finalizzati al rifacimento della grande rete di adduzione idrica. Stesso si dica per la messa in sicurezza, l’ammodernamento e il completamento di infrastrutture viarie strategiche della regione, i cui numerosi interventi, sono stati inseriti in un’unica idea progettuale dal valore di 332.250.000,00 €. La UE chiede di non fare nuove strade, ma concorda sulla manutenzione. Quindi forse potrebbe trovare accoglimento, seppure con importi ridimensionati in base al singolo grado di progettazione. C’è poi un tema assestante che riguarda il vero intervento su cui tutti vogliamo puntare e che riguarda la Termoli – San Vittore, a partire dal versante Venafro, dove attualmente è inserito il progetto di Ceppagna e non quello di Mignano-Monte Lungo. Ovviamente, in questo caso, il progetto proposto può trovare un significato solo a condizione che esso sia “raccordabile” con l’unico intervento veramente sensato, ovvero la Mignano – Monte Lungo. Speriamo che avremo modo di confrontarci qui e a Roma.
Tornando poi sulle criticità riscontrate saltano agli occhi le richieste minime, come i 500mila euro per potenziare la formazione degli Istituti Tecnici Superiori, solo per fare degli esempi concreti. Progetti con caratteristiche eminentemente locali. Perché in questi casi si tratta di progetti che non saranno mai presi in considerazione e che non avrebbero dovuto mai essere candidati. Eppure il governo Toma ha deciso di presentarne un lungo elenco che non vede quasi nessuna iniziativa avere una fattibilità. Insomma, si chiede tutto per non ottenere nulla o quasi nulla.
Mi chiedo che senso ha? Così come mi chiedo che senso ha avuto l’aver voluto perseguire la strada inversa del confronto: con il partenariato, con il Consiglio regionale? Quello che chiedevamo era, invece, una proficua discussione in Aula che avrebbe permesso di convogliare risorse su poche idee strategiche per il futuro della nostra regione. Un Molise che, come ho ribadito nel corso del monotematico sul Recovery, aveva necessità di interventi fondati su: sanità, riequilibrio territoriale per aree interne e per il Sud, riequilibrio di genere. All’interno di questi quello che proponevamo erano alcuni filoni strategici di interventi infrastrutturali che possono essere considerati di impatto, come il collegamento autostradale A1 – A14, nel primo tratto di Venafro; il sistema ferroviario Termoli Benevento/Termoli Isernia-Venafro; la frana Petacciato; reti e bacini idrici, Occhito/Liscione; potenziamento infrastrutture di Termoli, in particolare del porto e della Zes. Tutti progetti già in corso d’opera, strategici, cantierabili, finanziabili, sui quali già ci eravamo mossi nelle sedi romane.
E invece ora ci troviamo con 67 progetti che erano rimasti per lo più per anni chiusi nei cassetti e che sono stati semplicemente rispolverati per un’occasione che il Molise, in questo modo, rischia davvero di perdere. Un’occasione che, invece, non va assolutamente sprecata e per la quale questo governo regionale avrebbe dovuto ragionare sin dall’inizio su un nuovo modello di sviluppo per questa regione. Quello che più volte abbiamo ribadito e chiesto a gran voce e su cui oggi registriamo ancora un nulla di fatto.
Per quello che potremo i progetti che potrebbero arrivare a finanziamento comunque avranno il nostro sostegno. Così come le misure nazionali che verranno emanate per specifici assi (come aree interne o i bandi per le imprese green o la sanità territoriale). Questa è la parte più importante della costruzione del PNRR che a Roma deve vedere tutti concordi. Per quelle misure l’attuazione verrà a seguire. Speriamo potremo concertare e condividere di più di quanto non fatto fin qui dal Governo regionale”.