La violenza economica è una delle espressioni di discriminazione contro le donne ancora oggi molto diffusa-afferma in una sua nota la Consigliera di Parità delle Province di Campobasso e Isernia, Giuditta Lembo.
Nel mondo le donne rappresentano il 39% della forza lavoro, ma detengono solo il 27% delle posizioni manageriali. In Italia c’è stato un sensibile miglioramento registrato dal 2010 al 2017, grazie all’aumento della quota di donne negli organi decisionali e nei Consigli di amministrazione delle società quotate in borsa, ma la media Ue è ancora lontana. Il fenomeno della violenza economica sulle donne è alimentato anche da aspetti culturali, di vecchio stampo, ancora presenti nel nostro Paese.
“Per ridurre le disuguaglianze di genere e arrestare il fenomeno della violenza economica sulle donne bisogna agire con forza su quattro aspetti – precisa Giuditta Lembo – sotto il profilo culturale; sulla formazione, anche finanziaria; sull’innovazione, che però deve essere inclusiva; con maggiori politiche sociali, per facilitare ad esempio il congedo paritario e la diffusione di asili accessibili a tutte le famiglie. La crisi sociale ed economica derivata dall’emergenza sanitaria globale non ha risparmiato nessuno, ma se c’è una categoria che più di altre ha pagato un prezzo altissimo è stata quella delle donne”.
“Secondo uno studio dello United Nations Population Fund (UNFA), l’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva, il lockdown avrebbe provocato nel mondo un aumento esponenziale dei reati contro le donne. In particolare, in Italia, secondo i dati del Dossier del Viminale 2020, durante la chiusura per l’emergenza sanitaria da Coronavirus sono triplicati gli omicidi che hanno avuto come vittima una donna, arrivando a un femminicidio ogni due giorni. Negli 87 giorni di lockdown per l’emergenza Coronavirus (9 marzo – 3 giugno 2020) sono stati 58 gli omicidi in ambito familiare-affettivo: ne sono state vittime 44 donne (il 75,9%) e in 14 casi gli uomini. Ciò significa che, durante la pandemia, ogni due giorni una donna è stata uccisa in famiglia. Non solo: nei 279 giorni “normali” (cioè non di lockdown) gli omicidi di donne in ambito familiare-affettivo sono stati 60 (su un totale di 104 omicidi familiari-affettivi), cioè mediamente su base annua uno ogni sei giorni. La quarantena ha quindi di fatto triplicato gli omicidi di donne.
Oggi, infatti, più della metà (il 53,6%) degli omicidi in Italia avviene nel contesto familiare-affettivo: su un totale di 278 omicidi, sono 149 gli omicidi familiari e di questi 104 (pari al 69,8%) ha come vittima una donna. L’Agenzia ha stimato infatti milioni di casi in più di violenza (25 % in più) a causa dei blocchi e delle interruzioni dei programmi di prevenzione. Dall’ altro lato, le chiusure imposte dai Governi hanno costretto le donne in casa con un conseguente aumento di stress dovuto alla gestione della vita famigliare o, nel peggiore dei casi, alle violenze domestiche, dividendosi tra lavoro, cura della casa, gestione delle attività scolastiche e dei momenti di gioco dei figli e spesso assistenza ai famigliari più anziani e cercando di tenere tutto in equilibrio. Del resto, ogni volta che si guardano le statistiche sull’occupazione femminile siamo di fronte a un quadro desolante.
Avevamo raggiunto il 50% con il tasso di occupazione femminile, di 18 punti più basso di quello maschile – afferma la Consigliera Lembo- ma il Covid ci ha fatto tornare indietro e persistono le disparità retributive, infatti, le donne a parità di lavoro guadagnano meno degli uomini. Un aspetto di questa disuguaglianza è dato dal ruolo che le donne hanno proprio all’interno della famiglia. Sono le donne che si occupano del lavoro di cura e delle faccende domestiche, e questo le induce ad accettare lavori con orari flessibili o part-time, che determinano una retribuzione ridotta e una penalizzazione di carriera.
L’ultima ricerca del World Economic Forum sul tema, ci fornisce un dato che fa riflettere, di questo passo ci vorranno ben 222 anni per sconfiggere il ‘pay Gap’ di genere. Ma quando le donne sono al comando e possono esprimere le loro competenze e capacità, secondo il ‘quarto rapporto Unioncamere’, le loro imprese resistono meglio alla crisi e sono più attente alla sostenibilità, sono più puntuali nei pagamenti, e in generale, chiedono meno prestiti. Ma, nonostante questo, quando però li chiedono, si vedono opporre più rifiuti rispetto alle imprese maschili. Hanno dunque maggiori difficoltà di accesso al credito e si osserva anche una richiesta maggiore in termini di garanzie. Bisogna infine ricordare – continua la Lembo – che nel mondo, e anche in Italia, le donne posseggono un’alfabetizzazione finanziaria più bassa degli uomini, ma anche a parità di competenze le donne si sottovalutano di più. Un fattore, quest’ultimo, che le espone maggiormente ai ricatti e alle molestie sui luoghi di lavoro. Quindi alla luce di ciò – conclude Giuditta Lembo – il fenomeno della violenza economica sulle donne sembra fortemente sottovalutato. La costruzione di un vero rilancio del Paese non può avvenire senza le donne, che devono essere coinvolte nella progettazione e nella proposizione di linee strategiche per le politiche future. Parte delle risorse che arriveranno dall’Europa deve esser destinata a ridurre il gap di partecipazione alla vita del Paese tra uomini e donne. Bisogna estendere il campo d’applicazione della norma sulle quote rosa, che ha prodotto risultati ma non è stata efficace in ogni settore, e puntare fortemente sulla riduzione del gender pay gap. È ancora troppo presto per valutare con precisione gli effetti del Covid-19, ma diversi Rapporti, evidenziano che l’impatto negativo sarà più pesante per quei Paesi che occupano le posizioni più basse della classifica e fra questi l’Italia. Ma correre ai ripari è ancora possibile”.