Il movimento IO AMO CAMPOBASSO spiega il primo punto del proprio manifesto, che, si legge in una nota, “può essere racchiuso in una sola e importante parola chiave: identità. Vediamo di essere chiari: per noi l’identità non è un blocco di marmo inamovibile, bensì un processo continuo, dinamico, costruito certamente sulle tradizioni, sulle credenze e sulle usanze, ma tenendo presente sempre che la nostra è una terra dove si sono mescolate le popolazioni di mezzo mondo, in un susseguirsi di ibridazioni e contaminazioni culturali che è ancora in corso. Si tratta perciò anche di identità presente e, per noi, soprattutto di identità futura. In questo senso ciò che più ci interessa è l’identità che vorremmo avere. Il primo passo è quindi una strategia di lungo termine che sia realizzabile e misurabile negli obiettivi e nelle risorse, e che funga da visione prospettica e linea guida al tempo stesso”.
“La nostra città – prosegue la nota – ha una storia di valori comuni ai cittadini che ha accompagnato e continua ad accompagnare negli anni, nel bene e nel male, il suo sviluppo. Questi valori però, intrappolati in una logica provinciale plasmatasi ultimamente anche grazie una tendenza generale nel Paese, devono abbandonare la miopia locale ed essere ricondotti necessariamente su di un ambito più esteso, in virtù del ruolo di capoluogo di Regione che la nostra città ricopre. Siamo dell’idea che ogni amministrazione abbia il compito prioritario di stimolare le attività produttive del suo territorio, favorirne l’attività imprenditoriale e fornire alla stessa tutti i servizi di supporto necessari, includendo in tale ultima categoria anche tutti quei servizi culturali e sociali di cui una città si nutre e che solo un’Amministrazione locale può garantire a tutti.
Ripensare oggi la storia, le tradizioni e i valori socioculturali di Campobasso in un’ottica moderna, vuol dire costruire ed accrescere un patrimonio che può garantire il futuro e la sopravvivenza stessa della nostra comunità. E il futuro non può essere garantito senza la conoscenza e la valorizzazione del nostro passato, a partire dal nostro tesoro più importante: i “Misteri”, ma senza dimenticare le arti musicali, l’acciaio traforato, il verde pubblico per il quale siamo stati rinomati per i secoli passati, un incantevole centro storico da recuperare in maniera decisiva, la straordinaria vocazione enogastronomica, la passione dei culti religiosi e non ultima l’inclinazione alla lentezza, che nel forsennato presente postmoderno può tornare ad essere un gigantesco volano turistico.
Un ragionamento più delicato e importante riguarda come vogliamo raggiungere questo risultato e dove vogliamo che ci porti nel tempo. Il rispetto delle tradizioni e dei valori resta elemento imprescindibile a cui però bisogna necessariamente affiancare un lavoro ed una concertazione di attori e di intenti, tale da garantire una crescita ed un rafforzamento delle economie basate su quegli stessi valori e tradizioni. Se una festa, un momento importante per la città, non si rinnova nel tempo è destinata lentamente a spegnersi, a vedere scemare l’interesse delle nuove generazioni, a veder calare il coinvolgimento generale, innanzitutto dei campobassani. Se qualche passo in questa direzione era stato fatto anni addietro, cercando di sviluppare un’idea di Festival che andasse oltre la dimensione locale e restrittiva della mera Festa dei Misteri, le ultime amministrazioni ci hanno restituito un momento fatto di solo commercio ambulante e sfilata degli ingegni.
E sebbene sia stata lodevole l’idea di replicare per il trecentesimo di Di Zinno anche in inverno, non crediamo sia questa la crescita “quantitativa” di cui abbiamo bisogno, anche perché resta evento spot legato alla ricorrenza. Siamo invece convinti che da tutto questo si debba partire, perché rappresenta il cuore della tradizione, ma che sia altrettanto importante lavorare ad una crescita qualitativa e quantitativa degli eventi, che sia attrattiva non solo per i campobassani e gli abitanti dei paesi limitrofi, ma che attiri sempre più persone dalla regione Molise e, perché no, dall’intero territorio nazionale. In questo senso per noi la crescita è rappresentata dal superamento della festa popolare, dallo sviluppo di un Festival che generi turismo, cultura, commercio per il centro, le contrade, la città e i paesi vicini. L’Italia e il mondo intero sono pieni di esempi, di buone pratiche da seguire e traslare sul nostro territorio, nel rispetto delle nostre tradizioni e dei nostri valori”.
“Partendo da queste premesse – conclude il movimento – siamo certi di vedere Campobasso come una città europea, che punti cioè a vivere nel rispetto dei valori di un’Europa che per noi è oggi imprescindibile opportunità, di confronto e di sviluppo. Finanziamenti, Progetti, Erasmus, buone pratiche, conoscenza, sono tutti esempi concreti del perché sia anacronistico oggi avere posizioni di chiusura verso l’Europa Unita. La nostra città ideale, invece, ha imparato a gestire questi strumenti e ne sfrutta appieno i vantaggi; si evolve finalmente da paese a città di medie dimensioni, al centro di una regione d’Europa, e guarda al futuro con orgoglio e a testa alta, coinvolgendo nei processi il centro storico e le periferie, le contrade, i paesi limitrofi, e rispetta le sue identità storiche, attuali, future”.