Una ricerca condotta dalle Unità Operativa di Fisica Sanitaria e Radioterapia Oncologica della Fondazione Giovanni Paolo II di Campobasso ha riportato significativi risultati nell’ambito della ottimizzazione dei trattamenti radioterapici avanzati per le metastasi extracraniche trattate mediante radiochirurgia.
Il lavoro scientifico che riporta la fattibilità di questa complessa strategia è stato pubblicato sulla rivista americana Medical Dosimetry.
“La radiochirurgia – afferma il dottor Savino Cilla, primo autore del lavoro e responsabile della Unità Operativa di Fisica Sanitaria – consiste nella erogazione in una singola applicazione di dosi molto alte per colpire e distruggere una o più metastasi in modo estremamente preciso. Lo stesso nome, radiochirurgia, fa capire che le radiazioni ionizzanti sono utilizzate come se fossero un “bisturi virtuale” per colpire le localizzazioni tumorali con precisione millimetrica. Lo scopo finale è quello di ridurre la metastasi a tessuto necrotico, arrestando la proliferazione delle cellule del tumore. Tuttavia, gli obiettivi di erogare una dose ablativa al tumore e una dose minima ai tessuti normali circostanti sono intrinsecamente in conflitto. Conflitti di questo genere si riscontrano in numerosi campi, soprattutto in economia, e fu il matematico italiano Vilfredo Pareto a formalizzare quando l’allocazione delle risorse è tale che non è possibile apportare miglioramenti ad un sistema, cioè non si può migliorare la condizione di un obbiettivo senza peggiorare la condizione di un altro. In economia politica questa condizione è la migliore situazione possibile in termini di efficienza allocativa e produttiva. In questa ricerca abbiamo dimostrato che il concetto di efficienza paretiana può essere utilizzato anche in radioterapia per ottimizzare i complessi trattamenti di radiochirurgia, fornendo una guida rigorosa e quantitativa alla pianificazione del miglior trattamento in termini di erogazione di altissime dosi alla lesione con simultanea riduzione della irradiazione dei tessuti sani. E’ come se avessimo – conclude il dott. Savino Cilla – due consumatori in un’economia di scambio, per i quali l’equilibrio ottimale si traduce nella impossibilità di migliorare l’utilità di un consumatore (le alte dosi alla lesione tumorale, quindi il controllo della malattia), tramite una variazione delle sue scelte, senza che ciò comporti un peggioramento dell’utilità dell’altro consumatore (le dosi ai tessuti sani, quindi gli effetti tossici)”.
“La nostra esperienza con la radiochirurgia è iniziata molti anni fa – afferma il dottor Francesco Deodato, responsabile della Unità Operativa di Radioterapia – e continua a perfezionarsi man mano che l’innovazione tecnologica ci consente di adoperare nuovi avanzati strumenti per la pianificazione del trattamento e nuove possibilità per l’erogazione della dose. Oggi utilizziamo questa metodica soprattutto nel trattamento dei tumori primitivi o metastatici del polmone e del fegato, di linfoadenopatie mediastiniche e addomino-pelviche e di lesioni ossee. Essendo utilizzata in un’unica seduta, questa terapia non interferisce con l’eventuale terapia sistemica effettuata dal paziente, permettendo di aggiungere al controllo sistemico della malattia metastatica anche quello locale. Da questo punto di vista, va sottolineato che nei pazienti finora trattati non sono stati osservati effetti negativi rilevanti. Al contrario, nella maggioranza dei casi si è ottenuto il controllo della malattia nella sede trattata”.