Si abbassano le luci e l’auditorium dell’ex Gil, gremito e attento, ascolta l’incipit del romanzo di Valentina Farinaccio, una figlia della nostra città, di una Campobasso viva e partecipe di un successo meritatissimo.
Valentina ha realizzato un sogno, quello di presentare nella propria città, troppo spesso controversa e critica, il suo primo romanzo “La strada del ritorno è sempre più corta”, edito da Mondadori.
Lo ha fatto con l’umiltà di chi ha compiuto un percorso di crescita lungo sei anni prima di dar vita al suo libro, pagina dopo pagina, parola dopo parola, lavorando su sé stessa, sul proprio passato, senza perdere di vista il presente.
Emozionata, con voce inizialmente tremula e gli occhi increduli; si è presentata così Valentina Farinaccio di fronte ad una sala piena di gente e di orgoglio; sostenuta dall’ammaliante eloquio di una grande Antonella Cilento, capace di fotografare alla perfezione il lavoro della giovane scrittrice, di raccontare un libro tanto intimo e graffiante.
Proprio la storica giurata del “Premio Letterario Michele Buldrini”, ha ricordato i primi passi di Valentina Farinaccio nel mondo della scrittura, a partire dalla vittoria di ben due edizioni consecutive del concorso letterario organizzato dall’ULI di Campobasso, oltre a numerose segnalazioni da parte della giuria ottenute in altre edizioni del Premio.
Oltre ad essere una scrittrice, Valentina è una giornalista e critico musicale, lavora per la web TV dell’Auditorium Parco della Musica di Roma e collabora con il Venerdì di Repubblica.
“La strada del ritorno è sempre più corta” è un romanzo familiare che racconta assenze, perdite importanti, un romanzo intriso di musica pop, ironico a tratti e drammatico nella sua semplicità, diretto e complesso, in cui differenti punti di vista disegnano alla perfezione una trama molto articolata.
Campobasso è presente nel romanzo, diventando trasfigurazione della provincia italiana, con tutti i propri limiti, i pregiudizi; un luogo perfetto in cui nascere e crescere, ma che a un certo punto ti spinge ad andar via. Si scusa quasi del modo in cui parla di Campobasso nel suo romanzo, ma è la sua percezione di una città dominata da una fitta rete di conoscenze, tipica dei piccoli centri.
Proprio in merito a questo, nel corso della presentazione, Valentina ha precisato con ironia: “Chi fa parte di quella rete di conoscenze mi chiede spesso se davvero mio padre fosse stato uno scrittore, se davvero io e mia madre ci siamo trasferite a Torino ad un certo punto delle nostre vite. Io rispondo che è un romanzo, chiariamo! Le uniche cose vere sono che mio nonno faceva il camionista e mio padre è morto quando ero piccola, precisamente quando avevo un anno!”.
Il dolore, vissuto da personaggi diversi, è il fil rouge del romanzo, e l’unico modo per superarlo è viverlo, affrontarlo. Valentina ha utilizzato la scrittura come strumento per afferrare e ricostruire un passato che gli stava sfuggendo di mano: “Quando si cresce senza un genitore ci si sente davvero dimezzati e si passa una vita a ricercare quella parte di sé”, ha precisato l’autrice.
Dunque, un esordio maturo, frutto di un lavoro lungo, articolato e faticoso, che pone i lettori di fronte ad una semplice e disarmante verità che li accomuna: viviamo tutti le stesse emozioni e tutti abbiamo gli strumenti per superare le insidie e le difficoltà che ne derivano.
tiziana.cucaro