Un polo culturale per il centro storico di Trivento / Intervista all’archeologo Francesco Panzetti

Domenico Rotondi
Le Aree Interne dell’Appennino sannita rappresentano uno straordinario scrigno di cultura, arte, archeologia e biodiversità ambientale per il Molise. Un vero e proprio tesoro nascosto che merita di essere riscoperto da tutti, anche alla luce delle nuove programmazioni comunitarie in ambito territoriale.
Montagne maestose, colline variegate, fiumi incontaminati e boschi secolari caratterizzano un habitat affascinante, da sempre plasmato e curato da chi non ha mai voluto abbandonare le terre natie. Perciò dette aree sono ancora oggi impreziosite da una ricca varietà di flora e fauna, non disgiunta da una fitta rete di borghi, castelli, Chiese e schemi urbanistici originali. Una sequenza armoniosa di paesaggi che svela ai visitatori consapevoli il mistero plurimillenario di una cultura antichissima, legata profondamente sia alle tradizioni osco-sannite che alle concezioni pitagoriche delle culture magnogreche. Ad esempio, i Comuni storici dell’Alto Sannio custodiscono i tratti identitari della civiltà pastorale formatasi lungo i suggestivi cammini appenninici. Ebbene, nonostante la loro bellezza, le Aree Interne del Molise sono costrette a confrontarsi con difficoltà vecchie e nuove. L’emigrazione, l’invecchiamento della popolazione e la mancanza di nuove opportunità lavorative hanno determinato un preoccupante declino demografico, capace di svuotare letteralmente i Comuni del Molise.
Per queste ragioni l’associazione Centro Storico Trivento ha promosso un significativo confronto fra esperti e rappresentanti delle istituzioni sul tema ‘Un Polo culturale per il centro storico di Trivento’ che si terrà, sabato 13 gennaio 2024, presso il Polo funzionale di Corso Manzoni alle ore 10,00 Sul punto è stato interpellato l’archeologo Francesco Panzetti, presidente del sodalizio molisano.
Di cosa parla il documento che presenterete sabato?
“Il documento, che si intitola semplicemente ‘Un polo culturale per Trivento’, cerca di aprire lo sguardo di cittadini ed istituzioni ad una nuova prospettiva, nella quale il giudizio corrente su una Trivento povera di valori viene ribaltato: basta immaginare delle connessioni fra i luoghi attualmente esistenti ed ipotizzare che nel corso degli anni se ne aggiunga qualcuno in più ed ecco che, di colpo, quel centro storico — pur in via di spopolamento — diventa qualcosa di diverso: uno spazio ricco di patrimonio culturale, pregno di potenzialità. Il complesso cattedrale-cripta (una delle più interessanti del Molise), il Museo Diocesano e la Biblioteca Giulia (contenente oltre 10.000 volumi di argomento per lo più religioso e svariati incunaboli) sono solo i primi nodi — già esistenti — di una rete a cui se ne possono aggiungere molti altri. Siamo partiti da un’opportunità che intendiamo perseguire con forza: la creazione di  un museo civico archeologico. Non si tratta di una velleità campanilistica, ma di rendere giustizia ai Romani, i quali, se resero Trivento un municipium, avranno avuto le loro ragioni. Il suo territorio ricopriva un’area molto vasta, così come molto vasta è la sua Diocesi. Immaginiamo dunque un museo che racconti non solo il pur notevole patrimonio archeologico triventino, ma anche quello del suo territorio in antico. Poi c’è il consistente patrimonio di quadri di Marcello Scarano, un pittore operante fra gli anni ’20 e gli anni ’60 e che, a nostro avviso, è ancora sottovalutato. Noi vorremmo che si creasse anche una pinacoteca dedicata a lui. Ma l’elenco di beni culturali (materiali ed immateriali) da valorizzare e interconnettere è davvero lungo: la tradizione musicale; gli opifici distribuiti nel centro storico, che raccontano una storia di artigianato e piccola industria una volta fiorenti; la produzione di vasellame del Settecento e Ottocento; il recente e sorprendente successo che ha avuto il recupero dell’uncinetto. Nel documento esplicitiamo anche, seppur in maniera incidentale, la specificità storico-economica di Trivento rispetto, ad esempio, ad Agnone: quella di aver sviluppato nel corso degli ultimi secoli una classe dirigente legata alle professioni intellettuali, mentre Agnone ha sviluppato soprattutto una ricca (e certamente colta) borghesia industriale. Questi processi hanno dato luogo ad esiti culturali e sociali diversi. Bene, noi vorremmo che il futuro di Trivento ripartisse proprio dalla sua tradizione di centro di studi e di produzione di cultura”.
L’associazione si è costituita un anno fa. Può farci un bilancio delle attività realizzate?
“Come per tutte le associazioni, il primo anno è di rodaggio e, quindi, è il più difficile. Ciò però non ci ha impedito di iniziare a cimentarci con diverse sfide, che rispondono a tre macro-aree di azione: Vivibilità e sociale, Cultura e turismo, Tempo libero e benessere, ognuna delle quali ha il suo gruppo di lavoro. Inoltre abbiamo un gruppo di lavoro dedicato ai social media e alla comunicazione (nel quale per nostra fortuna operano delle professioniste) ed un altro, anche’esso valentissimo, di persone che accompagnano i visitatori lungo un percorso di narrazione nel centro storico alla scoperta dei suoi valori.
Ci siamo misurati con i numerosi problemi che affliggono la parte antica — dall’igiene delle strade alla mancanza di servizi —, cercando di proteggere per quanto possibile il nostro patrimonio materiale; abbiamo organizzato una gara podistica lungo le scalinate del centro storico, che è piaciuta particolarmente per l’entità della sfida agonistica, ed alcuni eventi culturali, dal cineforum all’aperto ad incontri e presentazioni di libri con cui abbiamo portato a Trivento argomenti poco dibattuti come la violenza sulle donne o l’intelligenza artificiale. Abbiamo strutturato percorsi di visita, collaborando con la SNAI, e iniziato a veder crescere i turisti in paese, e abbiamo concluso l’anno con il nostro contributo alle luminarie nella parte alta e antica del centro abitato.
Ora che il rullaggio sulla pista volge al termine, nel 2024 dobbiamo solo prendere il decollo. Ci aspettano ancora le sfide più dure, ma abbiamo progetti ambiziosi e di ampio respiro. Possiamo solo migliorare”.
Perché ritiene che la cultura possa essere un motore di sviluppo per il Trivento e per il suo centro storico?
“Perché la cultura non si limita ad attrarre persone nei luoghi dove si esplica. Ha anche una caratteristica rara e preziosa: quella di avere una notevole durevolezza nel tempo. Mi spiego: la durata della ‘stagione industriale’ nei nostri centri (legata più a contributi pubblici che ad una reale cultura industriale) si misura nell’ordine di pochi decenni. Quella delle politiche agricole non si è rivelata migliore, a causa sia di scelte sbagliate che degli sconvolgimenti climatici in atto, che ora sparigliano le carte. Un museo, una biblioteca, un’istituzione culturale, invece, può vivere anche per centinaia di anni; può diventare così importante da riassumere in sé un’intera città (si pensi ai Musei Vaticani per Roma, al Louvre per Parigi o agli Uffizi per Firenze). Inoltre, il Sistema Produttivo Culturale e Creativo (SPCC) ha un effetto moltiplicatore sul resto dell’economia: per ogni euro prodotto dal SPCC, se ne attivano 1,8 in altri settori. Per farLe qualche esempio: un polo culturale visitato ogni anno da 10.000 visitatori all’anno (cioè, in media, solo 27 al giorno, praticamente metà pullman) renderebbe economicamente vantaggioso riaprire, dopo oltre vent’anni, delle attività commerciali nel centro storico; un museo genera nuova occupazione; una biblioteca specialistica o un archivio vengono frequentati da studiosi che hanno bisogno di soggiorni spesso di più giorni, quindi di posti letto; un frantoio antico musealizzato potrebbe favorire la creazione di un consorzio di produttori; e via di seguito. Cultura, creatività e turismo sono una serie di ingranaggi dotati di moltiplica: innescano dinamiche assai virtuose e, come ho detto, più sostenibili di altre forme di economia.
Il nostro è un tentativo di porre la cultura, intesa nel suo spettro di manifestazioni più ampio, al centro di un processo di rigenerazione economica: se vogliamo che gli immobili del centro storico tornino ad avere un mercato e ad essere abitati e vissuti, non possiamo non porci in un’ottica economicistica: servono azioni in grado di generare ricadute di medio e lungo periodo perché gli eventi puntuali (come i concerti, le presentazioni dei libri o le sagre), se privi di una progettazione culturale che faccia loro da cornice, non apportano alcun cambiamento strutturale all’esistente. È come pensare che una folata di vento possa far muovere una bara a vela. Occorre un vento costante. Ecco, il vento in grado di far muovere le vele del nostro centro storico (il che vuol dire dell’intero paese) è proprio la cultura, e la cornice è una strategia, cioè un obiettivo sorretto da un’idea chiara e forte. Agnone e Larino l’hanno capito (solo per fare due nomi di Comuni a noi vicini), e i numeri stanno premiando il loro impegno e la loro lungimiranza (direi anche la loro capacità di fare corpo unico). Ora sta a noi fare altrettanto e avviarci sulla stessa strada”.
Oltre questo convegno di sabato, ci sono prossime iniziative future programmate?
“Come sempre, l’inizio dell’anno è un momento gravido di aspettative, idee e dialettica interna ad un’associazione. Dovremo misurarci anche quest’anno con la numerosità delle sfide, l’esiguità dei mezzi e delle risorse ed altre difficoltà, ma dalla nostra abbiamo dei soci attivi e motivati, le altre associazioni — con cui stiamo infittendo le collaborazioni — e tanto amore per il nostro paese. Al momento non abbiamo ancora programmato delle iniziative, ma in generale pensiamo di percorrere due strade maestre: la graduale costruzione di un sistema di offerta turistica basata sulla cultura, guardando soprattutto agli esempi virtuosi di altri piccoli Comuni; e la creazione di occasioni di socializzazione per tornare a vivere il centro storico, popolarlo di persone, di idee, di storie. Insomma, ripopolarlo di speranze e di cura, cura per ogni pietra con cui faticosamente i nostri antenati hanno costruito il luogo in cui viviamo, e che ci hanno consegnato”.
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