Il coraggio di dire no alla mafia, il coraggio di operare affinché le cose cambino, affinché venga infranto quel silenzio di cui sanno fare tesoro associazioni malavitose. Sono tante le domande che, proprio sul quel coraggio, gli studenti del Convitto Nazionale Mario Pagano di Campobasso hanno voluto rivolgere a Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi.
Nell’Aula Magna del Convitto, l’incontro tra Antoci con gli allievi del Liceo Scientifico Europeo e due classi della scuola secondaria di primo grado collegate in streaming, ha aperto il nuovo anno scolastico dell’Agorà della Lettura.
Scegliere la storia di Antoci affidata al giornalista e scrittore Nuccio Anselmo e alle pagine de ‘La Mafia dei Pascoli’ per dare nuovamente il via agli incontri dell’Agorà non è stato un caso. Così come non è stato un caso voler affrontare il tema della legalità in un contesto sociale ed economico così delicato a causa del Covid. Perché è proprio in momenti come questi che non bisogna abbassare la guardia. La malavita organizzata è, infatti, capace di insediarsi ancora meglio e sfruttare a proprio vantaggio i problemi economici a cui i cittadini onesti devono far fronte in simili contesti.
“Per noi è un onore averla ospite della nostra scuola. Aprire gli appuntamenti dedicati alla lettura con la presenza di una figura dall’alto valore morale come lei, ci rende orgogliosi. L’incontro di oggi ha per gli studenti un importante valore formativo, di cui sono certa i nostri ragazzi e le nostre ragazze sapranno fare tesoro”, sono state le parole di saluto che il rettore, Rossella Gianfagna, ha dedicato ad Antoci.
Quelle trascorse in un rigoroso silenzio e in un clima di totale attenzione sono state due ore intense, durante le quali Antoci ha raccontato nel dettaglio come è stato scoperto e combattuto quel sistema che, ormai da anni, permetteva alla malavita organizzata della Sicilia, di guadagnare milioni e milioni di euro di fondi europei affittando ettari di terreno e terrorizzando gli agricoltori onesti. Dal momento in cui divenne Presidente del Parco dei Nebrodi, passando per quel “bando civetta” di 400 di ettari di bosco che aveva come unico obiettivo quello di smascherare un apparato consolidato, passando per le minacce a cui fece seguito quel terribile attentato avvenuto nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2016 dal quale, grazie all’intervento della sua scorta, Antoci, per una serie di fortunate coincidenze, è riuscito a salvarsi. Il racconto agli studenti del presidente Onorario della Fondazione Caponnetto è emozionante e profondo e non tralascia di mostrare il ‘volto umano’ di chi è stato definito dallo scrittore Camilleri “un eroe dei nostri tempi”.
Nelle due ore trascorse insieme agli allievi del Convitto c’è la storia di quel protocollo che da Antoci ha preso il nome e che, ha saputo mettere la parola fine a un meccanismo illegale e perverso. Un protocollo esteso prima a tutta la Sicilia e, successivamente, divenuto Legge dello Stato.
Ma nelle parole di Antoci non manca nemmeno la speranza che le regole di quel protocollo possano al più presto valere per l’Europa, così come nel racconto dell’ex presidente del parco dei Nebrodi ci sono anche i momenti difficili vissuti dalla sua famiglia quando è finito sotto scorta.
C’è poi spazio anche per i tentativi di mascariamento e, ovviamente, per un messaggio agli studenti. “Non sentitevi mai troppo piccoli”, ha detto infatti Antoci agli allievi del Convitto.
“Non si è mai troppo piccoli per prendersi un pezzetto di responsabilità e comprendere che ognuno fa parte di un ‘noi’ che, solo unendo le forze oneste, può porre fine alle ingiustizie. Lo Stato – ha proseguito – siamo noi e ognuno, nella propria vita, proprio come ci insegna Camilleri, può essere un eroe del nostro tempo. Come? rispettando le regole”.
“Fare sempre il proprio dovere – ha spiegato – significa combattere la mafia, ma anche lottare contro quelle ingiustizie sociali di cui la malavita organizzata si nutre”.
“Sono consapevole – ha poi concluso Antoci – che proprio l’impegno dei giovani in tema di legalità può fare la differenza e rendere la fine della mafia più vicina”.