“Multiculturalismo. Una piccola introduzione”, il saggio di Domenico Melidoro, ricercatore presso il Center for Ethics and Global Politics della Luiss ‘Guido Carli’, edito da Luiss University Press, è stato presentato nella serata di sabato 7 febbraio 2016 nella Sala consiliare di Palazzo San Giorgio.
Presenti, oltre all’autore del saggio Melidoro e all’assessore alle Politiche per il Sociale, Alessandra Salvatore, anche Norberto Lombardi, redattore del Dossier Statistico sull’Immigrazione, Loredana Costa dell’associazione “Dalla parte degli ultimi” e Hikmet Aslan dell’associazione “Primo Marzo”. A moderare il momento di confronto Chiara Cancellario della Luiss, dipartimento di Scienze Politiche.
Il testo avanza una proposta originale per guardare al fenomeno del multiculturalismo senza pregiudizi, né retorica. Nel saggio, diviso in cinque capitoli, Melidoro chiarisce i termini e i concetti utilizzati spesso con imprecisione, sfata alcuni luoghi comuni, analizzando i tre approcci all’argomento del multiculturalismo: la versione liberale fondata sul valore dell’autonomia, quella basata sulla lotta per il riconoscimento giuridico delle diversità culturali e il multiculturalismo dell’indifferenza.
Oltre a un esauriente excursus storico, Melidoro analizza la situazione odierna: nel mondo Occidentale i flussi migratori hanno spostato l’attenzione al confronto tra le religioni derivanti da altre radici culturali, come l’Islam.
“La presenza di numerosi gruppi etnici – sottolinea Melidoro – nei nostri Paesi è un dato di fatto. Il concetto dell’integrazione, tema gravato dalla retorica buonista e sbrigativa di parte della politica, attende soluzioni adeguate sotto forma di politiche sociali. Occorre superare quei preconcetti, che vedono la parte della popolazione gravata dalla crisi, critica nei confronti delle misure assistenziali a beneficio degli immigrati, lamentando il proprio isolamento”.
Non è un paradosso – spiega nel saggio Melidoro – che le società più multiculturali, Francia, Regno Uniti e Stati Uniti, sono attraversate da tensioni e indebolite da fenomeni di emarginazione delle minoranze etniche. E, così, l’autore del saggio si chiede se la popolazione è pronta per andare incontro al multiculturalismo, almeno tollerando la diversità.
Il dibattito è stato incentrato sul quesito: Quale modello culturale di integrazione dei cittadini stranieri per le aree interne del Sud Italia?
Ad avvicinare l’argomento al Molise ci ha pensato Norberto Lombardi, il quale ha fornito qualche dettaglio sul fenomeno dell’immigrazione sul territorio molisano “indispensabile per continuare a mantenere la popolazione su numeri che possano garantire l’autonomia della regione”.
“I dati parlano chiaro – le parole di Norberto Lombardi – e dicono che nel 2050 la popolazione molisana non supererà le 250mila unità. Su questi numeri il problema della difesa dell’autonomia della regione Molise non si porrà proprio. Si assiste a una drammatica lacerazione delle zone interne, i giovani partono dal Molise, però il trend di arrivo degli stranieri è in crescita. Dislocati sul territorio molisano, nel 2014, ci sono stati 10.800 stranieri, quasi ottomila a Campobasso e quasi tremila nella provincia di Isernia, grazie ai quali ci sono state 123 nascite, che hanno compensato il ridimensionamento demografico, che vede in Molise una prevalenza dei decessi sulle nascite”.
“Il Molise può vedere negli stranieri una risorsa per il territorio – le parole di Norberto Lombardi – ma occorre lavorare per far sì che il fenomeno dell’immigrazione possa concorrere a sviluppare l’economia molisana, coinvolgendo in questo processo le aree interne. Gli stranieri, ovviamente, tendono a stabilirsi nelle zone di maggiore densità di attività produttive e di maggiore densità della popolazione. Occorrerebbe mettere in essere politiche che invoglino gli immigrati a spostarsi nelle aree interne, da rilanciare dal punto di vista demografico e produttivo. È necessaria una politica diversa, a iniziare dal sistema di controllo sullo sfruttamento. Il Molise – ha concluso Lombardi – ha più bisogno degli stranieri, rispetto al fenomeno inverso, ma mancano politiche pubbliche efficaci. Sviluppo vuol dire anche coesione sociale, che si realizza soltanto attraverso un lavoro sulla interculturalità. E questa è la direzione cui devono andare gli indirizzi politici del welfare”.
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