La terza giornata di Molise Cinema è stata un susseguirsi di momenti di riflessione con gli appuntamenti cinematografici di carattere storico e culturale. In particolare, il talk di Domenico Iannacone ha tenuto il pubblico incollato alle sedie.
Il 5 agosto, il festival di Molise Cinema si è aperto con la presentazione del progetto “MoliseCinema scuola – Ciak s’impara” rivolto ai più piccoli, nato con l’obiettivo di utilizzare le opere cinematografiche a fini educativi e culturali. A seguire, sempre nel cinema teatro di Casacalenda, sono stati proiettati i film in concorso, partendo dal documentario di Michele Aiello e Michele Cattani, dal titolo Un giorno la notte. Nel pomeriggio, il pubblico ha potuto apprezzare i cortometraggi della sezione “Percorsi” con: Malumore di Loris Giuseppe Nese; Come a Mìcono, diretto da Alessandro Porzio; L’infinito, di Simone Massi; Where the leaves fall, di Xin Alessandro Zheng; Slow, diretto da Giovanni Boscolo e Daniele Nozzi.
Un secondo documentario è stato proiettato a partire dalle 18.00 dal titolo L’occhio di vetro dalla regia di Duccio Chiarini. Una forma abbastanza singolare di documentario perché non solo registra la vicenda che coinvolge in prima persona il regista, ma ha anche una sua narratività. Infatti L’occhio di vetro racconta l’avventura di Duccio nell’intento di trovare le informazioni necessarie per ricostruire la storia della sua famiglia. Una famiglia modellata e influenzata dal periodo fascista, dal quale, anche a distanza di anni, non riesce a liberarsene. Il documentario ricostruisce la storia della famiglia del regista, avvalendosi, man a mano, anche dei filmati originali dell’archivio storico dell’istituto Luce. Un valore storico e culturale, quindi, che fa del documentario di Duccio Chiarini un tuffo nel passato arricchito da prove concrete del periodo più buio della storia italiana.
Dalla storia si passa alla contemporaneità con la presentazione del libro Le maschere di Dionisio dell’autore Giacomo Ravesi. Il libro analizza le rappresentazioni della figura umana nei media e nelle arti contemporanee.
Ha dimostrato un ottimo riscontro la consegna del premio Armida Miserere diretto a Domenico Iannacone, giornalista di origini molisane che accoglie con grande affetto il riconoscimento. Il premio Armida Miserere è dedicato a coloro che si sono prodigati per le cause sociali e per la giustizia. Per questo motivo, il riconoscimento a Iannacone è esemplare. Dopo la consegna del premio, il giornalista ha proposto un talk, dal titolo Che ci faccio qui. Sillabario di emozioni. “Partirei dal dire che non mi sento esattamente un giornalista”, afferma Iannacone, “o, perlomeno, non mi sento più un giornalista nel senso canonico dell’espressione. Mi sento uno che ha fatto un percorso quasi laterale, sono partito scrivendo e usare la parola per il racconto e poi mi sono ritrovato qui a fare televisione”.
I temi fondamentali sui quali ha basato il suo talk sono tutti di natura umana: il danno, la speranza e l’aiuto. Avvalendosi di alcuni filmati tratti dai suoi più celebri reportage, Iannacone ha parlato di danno riferendosi alla questione ambientali (in particolare alla terra dei fuochi) e riflettendo su quanto la responsabilità del singolo possa ricadere sull’intera comunità, creando, appunto, dei danni irreparabili. Il sillabario delle emozioni continua su una linea molto sottile tra pietà e riflessione. Le sue parole hanno colpito molto il pubblico presente a Casacalenda che lo ha onorato di un lungo applauso.
Ha espresso grande riconoscimento anche per il suo Molise: “le cose migliori le ho imparate in provincia. Quando mi chiedono come si inzia io rispondo che si deve iniziare in provincia, perché la provincia è qualcosa che permette di stabile un legame con la curiosità e la fantasia, stabilisce la tua voglia di fare, cosa che non si trova altrove. Quando sono arrivato per la prima volta a Ballarò mi guardavano snobbandomi, io però ho stabilito che il mio modo di raccontare dovesse avere a che fare con quello che avevo imparato in provincia, con i rapporti che si erano creati in provincia. A me interessa che nei racconti ci sia la dimensione umana”, dice Iannacone.
Immagini e parole possono lasciare un segno nella mente e Molise Cinema è la dimostrazione che il connubio di queste due forme di comunicazione possono cambiare il modo di vedere la realtà. Anche Domenico Iannacone, con i suoi reportage, ha dato un impulso in più alle sue parole, mostrando al pubblico ciò che accade quando la televisione diventa verità e non solo lavoro di montaggio.
La serata si è conclusa con la proiezione del film Regina per il concorso “Paesi in lungo”. Alla proiezione erano presenti il regista del film, Alessandro Grande e l’attrice protagonista che interpretato Regina, Ginevra Francesconi. Il film è ambientato in Calabria e racconta la storia di Regina, quindicenne con uno spiccato talento musicale. Accanto a lei c’è suo padre Luigi, interpretato da Francesco Montanari. Ginevra e suo padre sono molto legati soprattutto dopo la scomparsa della mamma di Ginevra. Un giorno però accade qualcosa d’inaspettato, un evento traumatico compromette il rapporto tra padre e figlia. Sia il regista che l’attrice protagonista hanno espresso soddisfazione per il lavoro che ha portato il film a ricevere un’ampia approvazione. Infatti già sono orientati verso nuovi progetti che si spera possano essere ancora una volta presentati al festival di Molise Cinema.
Federica Prezioso