Sono passati esattamente 71 anni dal suffragio universale. Per la prima volta, il 2 giugno 1946, finalmente le donne italiane poterono votare. Una prova generale furono le amministrative del 10 marzo 1946 per poi arrivare al grande voto del 2 giugno, in cui si doveva decidere tra monarchia e repubblica. L’entusiasmo femminile per questo traguardo fu evidenziato nell’alta affluenza del genere ai seggi: quasi il 90% delle italiane espresse la propria emancipazione attraverso il diritto di voto. Il 2 giugno è, dunque, una data indelebile per la storia italiana. Migliaia sono le pagine dedicate al racconto di questo avvenimento dalle quali emerge un Molise in controtendenza rispetto alla maggior parte dello Stivale. Nella piccola regione, infatti, l’80% della popolazione rimase fedele alla monarchia.
Ma come è stato vivere in prima persona il 2 giugno 1946? A raccontarlo è Ida Di Felice, ex maestra di 95anni, originaria di Castropignano, da anni residente a Fossalto. “All’epoca – ricorda lucida Ida – io avevo 24 anni e ancora non ero sposata, però, già insegnavo. L’Italia usciva dalla dittatura, da un periodo in cui non c’era libertà. Ciò che stava avvenendo nel 1946 era un grande passo avanti. Peccato che non tutti in regione se ne resero conto”.
Perché molti non si accorsero del cambiamento che stava colpendo l’Italia ed anche il Molise? “All’epoca c’era molta ignoranza. In Molise le persone pensavano a lavorare nei campi e basta. I mezzi di comunicazione, inoltre, ancora non erano diffusi. In molti non erano al corrente di ciò che accadeva nella politica e non riuscivano a rendersi conto della straordinarietà di determinati eventi”.
Lei votò a favore della Repubblica? “Sì e dirò di più: rimasi, insieme a una mia amica, vicino ai seggi. In questo modo, potevo indicare a tutti coloro che si recavano alle urne come votare”.
Parole di una donna che ha vissuto ogni tappa dell’Italia repubblicana con grande attenzione e partecipazione, soprattutto quella al voto, in tutte le altre occasioni che si sono succedute da quel lontano 2 giugno 1946. “Sono sempre andata a votare perchè, – dice ancora con lucidità Ida – penso sia giusto tener fede alla libertà di espressione. Il fascismo è stato davvero brutto, si aveva paura di tutto. Molte persone furono portate, dalle città d’origine, a Castropignano. Si trattava di uomini molto colti ma che si erano opposti al regime, così, nessuno osava avvicinarli. La libertà di parola è fondamentale ma, spesso, soprattutto nei referendum, non di meno conto è conoscere. Parlo di un’informazione vera e non per sentito dire”.
Parole in cui è racchiusa la storia di un paese e di una regione, in grado di testimoniare quanto sia importante conoscere le radici dei dibatti presenti sulla scena italiana.