In questi giorni i campobassani si sono dati appuntamento nelle piazze affollate dei social network per discutere sulla delicata questione “videosorveglianza sì, videosorveglianza no”.
Un tema caldo, questo, che divide in due fazioni la popolazione del capoluogo molisano: da una parte i contrari, coloro che si aggrappano alla tanto preziosa privacy come il gatto si attacca al trasportino quando entra in un ambulatorio veterinario, dall’altra quelli che si attaccano alla cornetta del telefono per parlare con il sindaco di Campobasso esattamente come il gatto di cui sopra, sperando di far accelerare i tempi di ‘rianimazione’ dell’antico “Patto per la sicurezza”, siglato oltre un anno fa tra Comune, Prefettura, forze dell’ordine e Regione. Patto che prevedeva l’istallazione di ben 140 telecamere di videosorveglianza nei punti cardine della città. Quindi, come al solito, sia nel caso in cui fosse la fazione pro-privacy a vincere o, viceversa, i sostenitori del ‘Patto per la sicurezza’, una bella fetta della popolazione campobassana griderà al Colpo di Stato, sarà scontenta e attaccherà l’avversario a colpi di tasti al veleno, rigorosamente sui social.
Allora, nel nome dell’amore e della pace tra fratelli, ragioniamoci sopra.
Voi che volete la privacy a Piazza Pepe, davanti al mercatino di Corso Bucci, accanto alla Pizzeria che affianca il contadino che viene a vendere frutta e verdura a una folla di pensionati usciti dalla banca di fronte per ritirare due spicci in croce… non potete chiudere un occhio e accontentare chi, con due telecamerine e dati i tempi che corrono, può sentirsi un pochino, pochino più al sicuro?
Lo so che quel ditino che mettete nel naso, al semaforo rosso, è un vostro strettissimo segreto che anche quelli che sostano nella macchina accanto alla vostra hanno fatto finta di non vedere causa “privacy”; lo so che guardare le cosce nude delle donne che in primavera si liberano del tutone da neve, è qualcosa che darebbe parecchia noia alle vostre mogliettine; lo so che palpeggiare i pomodori della bancarella in Corso Bucci, fino a farne una delicatissima vellutata Cirio, è meglio resti tra le cose da non far mai sapere al contadino, anche perché il contadino proprio “ino” non è; lo so che mandare a quel paese la comitiva di sei persone, intenta a camminare in riga sul marciapiede (di mezzo metro di larghezza), è qualcosa che non dovrebbe farsi alle loro spalle ma davanti e con la sacrosanta ragione dalla vostra; lo so che tutto il lavoro fatto per fingere di cercare nella borsa una bustina e paletta (che sapete di non avere) per raccogliere la cacchina che Fufi ha fatto in pieno centro, vi potrà sembrare vano in futuro. Minuti interminabili a fingervi tranquilli mentre con la mano vagate nei meandri bui delle tasche interne immaginando di cercare qualcosa che non c’è, aspettando solo che i passanti vi diano le spalle per poter scappare al volo. Tutto inutile con un occhio elettronico puntato sulla testa; ma so anche che dire alla commessa “torno dopo così ci penso, ora ho l’auto in doppia fila”, appena sentito il prezzo di una mutandina realizzata con uno spago e due centimetri di cotone, è solo una piccola e delicata bugia bianca.
In definitiva, amici e paladini della privacy, né alle forze dell’ordine né ai servizi segreti e né ai produttori del Grande Fratello interessa tutto questo, pensate un po’. Allora, se una telecamerina sistemata con criterio può scoraggiare piccoli e grandi delinquenti o può aiutare a trovare, ad esempio, chi ha incendiato l’immondizia dinanzi al portone del Convitto Mario Pagano, evento questo durante il quale, probabilmente per cause diverse dal rogo e ancora tutte da accertare, è morta anche una persona innocente, allora non vale la pena provarci?
“Male non fare, paura non avere”, dicevano i miei nonni. E voi, di cosa avete paura?