La sezione penale della Corte d’Appello di Campobasso ha assolto, riformando la sentenza di primo grado del Tribunale del capoluogo molisano, un campobassano, difeso dall’avvocato Luigi Iosa, per i mancati versamenti dei contributi previdenziali all’Inps.
All’epoca dei fatti, nel 2008, per il giudice di secondo grado, l’imputato non era tenuto a effettuare i versamenti, in quanto beneficiario della sospensione, per effetto della legge numero 44 del 1999 che prescrive l’agevolazione per la posizione di persona offesa dal reato di usura bancaria.
Il Tribunale di Campobasso, in composizione monocratica, aveva già assolto l’imprenditore campobassano (sentenza del 23 marzo 2015) dal reato di omessi versamenti di contributi previdenziali dovuti all’Inps sul presupposto errato della depenalizzazione del reato ascrittogli. Di qui, l’impugnazione del Procuratore Generale di Campobasso e la successiva (nuova) assoluzione per l’imprenditore del capoluogo molisano.
“Volevamo un’assoluzione piena – il commento dell’avvocato Luigi Iosa, soddisfatto per la decisione destinata a fare giurisprudenza – che, puntualmente, è arrivata. Siamo soddisfatti perché abbiamo dimostrato che il fatto non costituiva reato, in applicazione della legge che sospende il versamento dei contributi Inps per chi è persona offesa del reato di usura”.
La Corte d’Appello di Campobasso, dunque, ha ribadito il principio che l’imprenditore, vittima di usura o estorsione, ammesso ai benefici di cui all’articolo 20 della legge numero 44 del 2009, così come modificato dalla legge numero 3 del 2012, “non è punibile per i reati previdenziali e tributari commessi durante il periodo di godimento del beneficio di sospensione dei termini”.