Trivellazioni in Adriatico, rischio inquinamento per un petrolio “di scarsa qualità”. Al referendum ammesso un solo quesito: vittoria di Pirro per il Comitato No Triv

Le aree del Mar Adriatico interessate dalle trivellazioni

ANDREA VERTOLO

La battaglia contro le trivellazioni nel mare Adriatico sembra aver trovato un punto di svolta o, perlomeno, è questo quello che fa intendere l’esultanza del Comitato nazionale No Triv, affiancata dalla soddisfazione di diversi presidenti delle Regioni, nell’apprendere che la Consulta, nella giornata di martedì 19 gennaio 2016, ha ammesso il quesito referendario sul mare, così come riformulato dalla Corte di Cassazione.

 I cittadini saranno, quindi, chiamati a esprimersi su questo importantissimo tema, ma forse sarebbe meglio dire che saranno chiamati a votare solo su un piccolissimo aspetto tecnico, quasi burocratico, della legge.

Dei sei quesiti, depositati il 30 settembre 2015 da dieci regioni, tra le quali il Molise, solo uno è stato approvato e, di certo, non potrà impedire la realizzazione di piattaforme per la trivellazione in mare, che appaiono quindi, sempre più concrete.

Il quesito ammesso, infatti, riguarda solo il permesso  di proseguire, o meno, la trivellazione anche oltre la scadenza dei permessi, per tutta la durata della vita utile del giacimento. Rimane fermo il limite delle 12 miglia marine, all’interno delle quali non sarà più possibile accordare permessi di ricerca o sfruttamento.

Una magra consolazione, considerando che al centro del dibattito, inizialmente, c’era da una parte la volontà di avere un mare incontaminato senza limiti di miglia, e dall’altra il rischio che lo stesso  venga messo a rischio per sempre da ipotetici incidenti tecnici.

Trivellare il fondo marino, per estrarne da esso petrolio, infatti, è un attività che, per quanto monitorata da professionisti, potrebbe comunque andare ad incontro ad errori umani che comprometterebbero drasticamente la salute delle nostre acque marine per decenni.

Risulta difficile, quindi, intravedere in questo risultato una vittoria dei territori, anche se da più fronti, compreso quello della cosiddetta società civile, si mantiene un certo ottimismo. Dalle associazioni ambientaliste al Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, il quale ha subito sposato la causa in difesa della Isole Tremiti, sembrerebbe che il dire “no” ad un’ulteriore autorizzazione, sia una grande vittoria di democrazia. Lo stesso Emiliano ha dichiarato: “È la prima volta che le Regioni si collegano al fine di costruire identica condotta, basata su visione del futuro da realizzare in modo congiunto. Il quesito ammesso – ha evidenziato Emiliano – ha una valenza simbolica importante”.

L’unico simbolo che era stato sventolato dalle regioni, però, era quello del divieto applicato all’immagine della trivella. Resta un mistero, quindi, la fonte di tale entusiasmo. Rimane un dato di fatto, invece, la volontà del Governo Renzi di insediare piattaforme per la trivellazione lungo tutto l’Adriatico.

Da ricordare, inoltre, che il petrolio in questa zona non ha la stessa utilità del petrolio che continuamente viene estratto dai territori arabi o americani.

Nel mare Adriatico il petrolio è stato definito dall’Unione Europea “di scarsa qualità” e davvero irrisori sono i benefici che questa operazione porterebbe nelle case e nei consumi dei cittadini. Più che una battaglia di posizioni, sembra configurarsi un gioco nel quale vince chi più riesce a perdere. Da una parte, il Governo, che perde la possibilità di tutelare le proprie acque; dall’altra, i territori, che perdono la possibilità di contrastare seriamente per vie democratiche una decisione, quella di trivellare, che ormai è assodata. Chissà se davvero tutti i comitati si accontenteranno di queste briciole o, invece, si tenterà diversamente di difendere i nostri sani e , ancora per poco, incontaminati fondali marini.

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