A sette anni dalla morte di Gabriele Caccavaio che perse la vita il 5 agosto 2010 in un tragico incidente sulla strada che collega Bonefro al bivio di Casacalenda, la mamma del 29enne scomparso, Carmen Fichera, trova il coraggio di raccontare, sul piccolo schermo, come si fa a “sopravvivere alla scomparsa di un figlio”. È, infatti, questo il titolo dato allo spazio della nota trasmissione Unomattina Estate in onda oggi, lunedì 31 luglio, sulla prima rete Rai dove, oltre alla storia del giovane del capoluogo si parla di Cristina Giordana, la mamma che ha discusso la tesi del figlio morto in un incidente in montagna.
Nelle parole di Carmen, che parla affianco a una nota psicoterapeuta, ci sono i terribili ricordi di quei giorni e il modo in cui venne a sapere che suo figlio era morto. C’è la disperazione e il dover affrontare da sola l’obitorio. In Italia, infatti, non c’è alcuna procedura che prevede assistenza ai familiari delle vittime, ai quali notizie terribili vengono date da chi, nella maggior parte dei casi, è del tutto impreparato a comunicare il dolore. In quei flashback di cui Carmen racconta in diretta nazionale ci sono poi i tanti ragazzi della Croce Rossa, amici e colleghi di Gabriele che, “sono stati fantastici”, dice.
Sopravvivere alla morte di un figlio si può o, forse, semplicemente si deve? Ed è proprio questa la strada intrapresa da Carmen che parla di come abbia più volte pregato per restare vigile, nonostante il dolore, e poter ricostruire gli ultimi attimi di vita di Gabriele. Come alla maggior parte dei sinistri stradali, anche alla morte del 29enne campobassano, ha fatto seguito un lungo iter giudiziario, “in cui – prosegue Carmen – è stato necessario capire e studiare”. Un pensiero che non può essere nemmeno declinato al tempo passato, visto che dopo la sentenza di primo grado, Carmen e la sua famiglia dovranno affrontare l’’Appello.
Una vicenda giudiziaria lunga e dolorosa a cui è possibile far fronte solo dopo aver capito in parte il senso della perdita di un figlio. Un significato così incomprensibile per una madre, che Carmen ha cercato di trovare in una frase sentita per caso in televisione. “Sono stato seppellito ma non si sono accorti che ero un seme”, cita infatti la mamma di Gabriele, che un seme in questi sette anni lo è stata davvero, aderendo all’associazione Vittime della Strada grazie alla quale, un anno fa, l’omicidio stradale è diventato legge, nonostante i limiti evidenziati dalla stessa associazione sulla disposizione normativa.
Un punto di partenza, non di certo di arrivo per chi, in quanto seme, troverà la forza e il coraggio di fiorire di nuovo.
f.a