Un’Isola Felice che non c’è: Molise terra fertile per la ’Ndrangheta. A Termoli e Campomarino armi e droga della malavita calabrese e siciliana

L’indagine alla base della maxi operazione che ha coinvolto diverse regioni, tra cui il Molise, e denominata operazione “Isola Felice” ha avuto inizio nel 2010, dopo un arresto effettuato dai Carabinieri di Pescara a carico di uno degli attuali indagati sorpreso con quasi un chilogrammo di cocaina purissima proveniente da Buenos Aires. È stata proprio la qualità dello stupefacente ad avviare indagini ramificate che permettessero di poter “risalire alla filiera” della droga.

Nel corso dei mesi successivi, una serie di altri arresti e sequestri hanno consentito ai Carabinieri di scoprire un autentico “fiume” di cocaina che, dal Sudamerica, giungeva sul territorio nazionale tramite disparate modalità d’invio. In modo particolare a fine 2010 in collaborazione con la Polizia Argentina, sono stati sequestrati 8 kg di cocaina liquida presso l’aeroporto di Buenos Aires mentre erano in procinto di essere imbarcati verso l’Europa e destinati alla piazza abruzzese.

La progressione delle indagini, contraddistinta da numerose intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche nonché da importanti arresti e sequestri di stupefacente, ha portato all’individuazione di una raffineria che l’organizzazione criminale aveva realizzato in una abitazione di San Salvo, poi sequestrata nel  maggio 2011. A luglio 2011è stata poi la volta di Termoli, dove in un garage della città è stato sequestrato un ingente quantitativo di armi da guerra, tra cui kalasnikov, fucili a pompa, pistole e munizionamento, per il quale finì in manette Eugenio Ferrazzo, pregiudicato 38enne della provincia di Crotone.

Ulteriori sequestri di armi sono poi avvenuti in Piemonte e in Calabria e sono stati accertati traffici consistenti tra la Svizzera, le regioni settentrionali, la dorsale adriatica fino alla Calabria, dove la droga arrivava anche su autobus di linea solitamente utilizzati dagli emigranti, nonché dai Balcani seguendo rotta marittima attraverso porti pugliesi. Decisiva, però, anche la collaborazione di alcuni tra gli arrestati, i quali hanno così permesso agli inquirenti di acquisire elementi, riscontrati dai Carabinieri, circa la ramificazione di una articolata organizzazione criminale con basi operative nel Vastese e nel litorale molisano, ma anche a Pescara e L’Aquila operante sotto il diretto controllo del clan Ferrazzo di Mesoraca i cui esponenti di vertice, Felice e il figlio Eugenio, sono stati arrestati oggi. Ulteriori ramificazioni sono state individuate in Campania e, precisamente a Torre Annunziata, in Lombardia, a Mariano Comense, Varese e in Piemonte.

Attualmente gli indagati a piede libero sono in tutto 149. Gli arrestati sono invece: Felice Ferrazzo, Eugenio Ferrazzo, Maria Grazia Catizzone, Emilio Rossi, Mirko Marchese, Fabio Marchese, Mirko De Notaris, Rocco Perrello, Alina Elena Anton, Antonio Popolo, Carmine Farese, Francesco Scicchitano, Giuseppe Di Donato e Alessandro Contin.

Gli arresti domiciliari sono stati concessi a sei persone: Antonio Nicola Morganella, Antonino Granata, Vincenzo Macera, Domingos Junior Catanzaro, Pasquale Gagliano e Olesia Molcanova. Cinque le misure di obbligo di dimora nel comune di residenza e presentazione giornaliera alla polizia giudiziaria per Tiziana Mila, Francesca Zullo, Costantino Petrucci, Espinoza Josè Maria Solarte e Orlando Iannarone.  Secondo quanto appreso da fonti investigative, irreperibili nel corso dell’operazione di oggi sono risultati la Anton tra i destinatari di custodia cautelare in carcere, la Zullo e Solarte tra quelli colpiti da obbligo di dimora.

Tra le attività sequestrate, a San Salvo Bike& Car, a Termoli Joker’s Club, Slot Centro Studi, Accademia Biliardi La Garuffa, Nuovo Caffè-Deja vu e Molise Casa Costruzioni. Sempre a Termoli, infine, Pizzeria Napul’è ‘o panzerott e Bar Planet Caffè.

Dunque, secondo gli inquirenti si può parlare di un’associazione criminale, di natura ‘ndranghetista, con base tra San Salvo, Campomarino e Termoli, che operava sotto l’egida della famiglia Ferrazzo e composta sia da calabresi e siciliani, tra cui diversi esponenti della famiglia Marchese di Messina (stabilmente legati ai Ferrazzo da interessi economici e criminali) che da personaggi locali, per lo più appartenenti alla piccola criminalità abruzzese e molisana che, nel tempo, hanno fatto “il salto di qualità” affiliandosi alla criminalità organizzata.

Nel corso dell’indagine è stata documentata l’affiliazione tramite emblematiche cerimonie che prevedono giuramenti davanti a “santini” e altre immagini sacre, insieme a rituali di chiara matrice pagana.

L’analisi degli avvenimenti, con particolare riferimento alla pressione criminale esercitata su un territorio relativamente circoscritto al vastese e al litorale molisano, e la conferma fornita da alcuni collaboratori di giustizia, permette di affermare che l’ascesa del clan Ferrazzo in Abruzzo e Molise è stata in qualche modo resa possibile dalla “caduta” del Clan Cozzolino, precedentemente egemone nello stesso territorio, decimato dalle indagini dell’operazione “Adriatico” che la Procura di Campobasso ha sviluppato sempre con i Carabinieri.

 

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