Negli ultimi anni, nella ventesima regione d’Italia, così come avvenuto nel resto del Belpaese, c’è stato un aumento costante degli stranieri regolarmente residenti. In prevalenza si tratta di donne, la cui presenza è legata o, al ricongiungimento con i propri familiari o, in maggior parte, al lavoro svolto, ovvero l’assistenza di persone anziane o malate.
La popolazione straniera, concentrata soprattutto nella provincia di Campobasso dimostra come le piccole comunità locali, costituite dai comuni dell’hinterland, offrano all’immigrato la possibilità di normalizzare il proprio vissuto, di ricongiungere il proprio nucleo familiare e di costruire nuove reti relazionali.
Dai dati raccolti è emerso, inoltre, come neanche il Molise, purtroppo, si possa dire estraneo a situazioni che accompagnano il lavoro degli stranieri in generale (e delle donne in particolare), per cui, hanno fatto sapere i ricercatori, “non sono mancati casi di assunzioni senza coperture assicurative e previdenziali o casi di donne che, giunte con l’obiettivo di un lavoro, sono rimaste imbrigliate nelle maglie dello sfruttamento, fino a giungere ai casi limite della tratta e della prostituzione coatta”.
Nell’ultimo anno, tuttavia, la presenza di stranieri anche in Molise ha subito un rallentamento rispetto ai 12 mesi precedenti. La percentuale, infatti, pur salendo del 7 per cento è rimasta comunque inferiore a quella registrata nell’anno precedente e relativi a 11 punti e mezzo percentuali. Maggiore, rispetto agli altri è, inoltre, la presenza di rumeni, marocchini e albanesi.
Ciò che però vuole essere evidenziato dagli studiosi è come gli stranieri possano rappresentare una risorsa per regioni piccole come il Molise. È stato stimato, difatti, che nei prossimi 50 anni la ventesima Regione, con un così basso tasso di natalità, rischia di perdere circa 88mila persone. Un dato che sta a indicare come gli stranieri possano rappresentare una risorsa per il territorio. Con una popolazione “ridotta a poco più di 230mila unità, anche pensare di difendere l’autonomia regionale e incentivare lo sviluppo, facendo a meno degli stranieri, può essere un’utopia”.