Il cortile di fronte la parrocchia è gremito di persone che hanno voluto manifestare il loro affetto e il loro cordoglio per la perdita di Layla Daniele, la bambina di due anni, per suo padre Nicola, 39enne dipende Seac e la suocera di quest’ultimo, Maria Perfetto. Tutti e tre deceduti nel terribile schianto avvenuto contro un tir, per cause ancora al vaglio degli inquirenti.
A guardare la piccola bara bianca e le altre due dove ora riposano le persone più importanti della sua vita c’è Stefania, madre, moglie e figlia delle vittime del sinistro stradale. Le lacrime le rigano il volto, provato e straziato dal dolore. Accanto a lei suo padre che la sostiene e la accarezza amorevolmente, mentre le lacrime sgorgano anche dai suoi occhi, increduli per una scena alla quale non avrebbe mai immaginato di dover assistere. Entrambi dovranno ora essere forti, anche e soprattutto per l’altra bambina, sopravvissuta insieme a Stefania al terribile scontro.
Più avanti, uno accanto all’altro ci sono i colleghi di Nicola. Indossano la divisa di lavoro, quella con la quale ogni giorno guidano i bus di città. Uomini di mezza età che nel rigore con il quale prendono parte alla funzione, lasciano tradire la commozione e il dispiacere per chi non c’è più e per chi, uscito vivo dalle lamiere, dovrà per sempre fare i conti con un infinito dolore.
È la piccola bara bianca a essere trasportata per prima in chiesa. Gli uomini che la portano in spalla, tutti vestiti di bianco, calpestano i petali di fiori sparsi a terra. A precedere il feretro sono due pupazzi di Peppa Pig, che un altro uomo tiene in mano. Ce ne sono altrettanti sulla bara. I personaggi dei cartoni che Layla amava, continuano a tenerle compagnia. Così come le tengono compagnia il feretro di suo padre, Nicola e della nonna, Maria.
Un grande applauso per chi è volato in cielo troppo presto, rompe il silenzio di chi guarda attonito le tre bare pronte per l’ultima benedizione.
San Pietro è diventata troppo piccola per contenere tutti coloro che hanno voluto essere presenti all’ultimo straziante saluto. Sono tantissime anche le persone venute da Portocannone, paese di origine della nonna e luogo in cui quella maledetta sera del 17 ottobre la famiglia si stava recando per trascorrere un tranquillo fine settimana. In molti non riescono ad entrare in chiesa e restano fuori ad ascoltare le parole dell’arcivescovo Bregantini. Anche la sua voce tradisce la commozione nel celebrare la funzione. Usa parole semplici per dare conforto a chi è rimasto in vita. Il prelato invita tutti a “guardare la croce, la stessa sulla quale è morto il figlio di Dio” e che ora accompagnerà per sempre quel che resta di una splendida famiglia.
“La strada di Dio è fatta di misteriosi intrecci, la vita non è nelle nostre mani”, dice Bregantini che, subito dopo rimarca una delle certezze in cui invita tutti i presenti a credere. “I defunti sono sempre vicini ai loro cari, agiscono dando loro consigli e aprendo strade”. Prosegue poi ricordando Nicola, così come gli è stato descritto da chi lo conosceva bene: “cordiale, aperto e delicato”.
Infine, un monito alla città e al mondo delle parrocchie, affinché in ogni comunità religiosa possano trovare posto “volontari che sappiano essere vicini a chi soffre, recandosi nelle loro case per portare la parola di Dio, senza lasciare solo chi vive lutti simili”. “Non abbiate paura” è poi la frase che il vescovo chiede di ripetere a chi partecipa alle esequie.
Ed è ancora un applauso, ed è ancora rinnovato dolore.
(f. a)