Un infermiere calabrese è stato gettato in terra e aggredito con graffi, calci e pugni. Tentava di far rispettare le regole anti Covid. Il fatttore scatenante è stato l’arrivo in ospedale di una donna in gravi condizioni: l’anziana signora era giunta in ospedale in fin di vita, dopo il trasporto in ambulanza. I parenti insistevano per vederla subito ma, in questi casi, è fondamentale il contenimento del rischio di contagio da Covid. Così, uno dei parenti della deceduta, di fronte all’ ennesimo diniego, è esploso in un raptus di follia.
Solo l’arrivo dei carabinieri di Locri ha permesso di evitare conseguenze più gravi. Il sindacato Nursing Up riferisce che, nell’ospedale in provincia di Reggio Calabria, manca totalmente un presidio di polizia fisso. E, non sono bastate le telecamere installate 24 ore su 24, per fare da deterrente alla rabbia dell’uomo. “Siamo di fronte all’ennesimo vergognoso episodio di violenza consumato ai danni di un infermiere” spiega Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up che descrive l’indagine condotta nel 2019 dal sindacato sotto l’ombrello dell’Oms, ricerca che ha evidenziato come un infermiere su 10, nel corso della sua carriera, ha subito almeno un atto di aggressione fisica sul luogo di lavoro.
Il Presidente del sindacato si domanda a cosa hanno portato i “tanto decantati” Osservatori Nazionali e ricorda i rischi che corrono anche gli infermieri operatori del 118, che si recano a casa dei pazienti dove sono completamente senza protezione. “Servono la competenza e la forza di presidi di polizia in ogni ospedale” afferma De palma, che chiede maggiore dispiegamento di uomini per difendere i nostri infermieri ed i medici, quelli che sono più esposti di altri, e che non possono e non devono pagare sulla propria pelle la rabbia degli incivili.
Carola Pulvirenti