È il dossier multimediale #dissestoitalia – un progetto nato dalla collaborazione tra i giornalisti indipendenti di Next New Media insieme con l’Associazione Nazionale Costruttori Edili, il Consiglio Nazionale degli Architetti, il Consiglio Nazionale dei Geologi e Legambiente – a ribadire ancora una volta quello che in fondo la Regione sa da sempre: il Molise è al terzo posto della classifica nazionale per rischio dissesti idrogeologici ed in particolare per le frane. In pole position la Calabria e al secondo posto il Trento che, insieme al Molise, riportano il più alto numero di comuni esposti al 100% rischio frana.
Il primo e principale problema nazionale e regionale è la totale mancanza di cultura della prevenzione. Lo Stato continua ad intervenire in modo postumo, spendendo molto di più, anziché investire in perizie geologiche considerate ancora un optional e non una necessità. Secondo i dati forniti dal Governo, lo Stato paga 3,5 miliardi all’anno dal 1945 ad oggi per riparare i danni arrecati dalle alluvioni e dalle frane e per risarcimenti. Nessuna cultura della prevenzione né in Italia, né in Molise se si considera che in 10 anni – dal 2002 al 20012 – per interventi preventivi sono stati messi, invece, a disposizione solo 2 miliardi. Non solo non si fa prevenzione ma è una costante investire inutilmente soldi pubblici se si considera che solo il 5% di tutti i bandi indetti per le opere pubbliche fa riferimento a lavori di prevenzione.
La situazione in Molise, terra di terremoti e di frane, è davvero rischiosa. Oltre alle 8.800 frane attive – secondo quanto stabilito da uno studio geologico compiuto dalla Regione – è la provincia di Campobasso ad essere più fragile rispetto all’area isernina. In totale si contano ben 88 comuni a rischio su un lembo di terra che ha una quasi totale natura argillosa con circa 3560 chilometri su un totale di 4618. È il parlamentare piddino Francesco Ferrante ad interrogare il Ministero dell’Ambiente sul perchè del grave ritardo dei fondi necessari per mitigare il rischio idrogeologico soprattutto in un Molise che per quasi il 31% presenta un alto rischio frane. Così si legge nell’interrogazione parlamentare: “Chiediamo di conoscere quali siano – e se siano ancora sussistenti – i motivi che hanno impedito fino ad oggi di assegnare all’ufficio del Commissario straordinario delegato per l’attuazione degli interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico, come più volte sollecitato, i fondi già stanziati per mitigare il dissesto idrogeologico in Molise, dove ben il 30,5 per cento del territorio è a rischio frana, in modo da evitare che in questa terra, già martoriata dal drammatico terremoto del 2002, si ripetano altre catastrofi naturali”. Era il 7 giugno 2012.
Nel maggio 2014 i fondi da destinare ai dissesti idrogeologici sono stati sbloccati: 2 milioni e 250 mila euro da destinare ai 58 comuni che ne richiedevano lavori di messa in sicurezza urgenti ed altri 10 milioni di euro per completare la prima fase.
Il dramma del Molise franoso, però, coinvolge anche i beni culturali del territorio. È il Ministero dei Beni edelle Attività culturali ad aver stilato la ‘Carta del rischio’ evidenziando regione per regione le aree più a rischio e con essa i beni culturali. Per il Molise l’elenco riferito alla sola provincia di Campobasso è drammatico: 144 beni culturali a rischio. Questo significa che da elenco, beni come le chiese e i conventi – per Campobasso la Chiesa di San Bartolomeo, il convento dei Gelsi oppure il Mulino Corona di Baranello – sono opere culturali che rischiano di scomparire per sempre, crollando a picco e trascinando con sé la storia del Molise.