Il collega molisano, consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Cimino, è in prima fila, questa mattina, martedì 8 luglio, a Roma, alla mobilitazione dei giornalisti precari e freelance.
“Il lavoro si paga e l’informazione ha un costo” è lo slogan della manifestazione, partita dalla sede della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana, il sindacato unitario dei giornalisti del Belpaese), alla quale hanno preso parte coloro che fanno dell’informazione il proprio sostentamento di vita.
La protesta è scaturita dall’”accordo” tra la Fnsi e la Fieg (Federazione italiana editori di giornali), che fissa a poco più di 20 euro la retribuzione per un articolo su un quotidiano, sovvertendo l’accordo sull’equo compenso (legge 233 del 2012), che aveva stabilito la “corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione, nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato”.
La protesta contro la Fnsi (il cui segretario Franco Siddi sta difendendo con forza l’accordo), che ha accettato che il giornalista venga ridotto al livello di apprendista, che guadagnerà la metà di un attuale articolo 1 e sarà il suo nemico di classe di domani. Contemporaneamente è stata creata una figura di lavoratore autonomo a 250 euro al mese, che sarà la forza lavoro di riserva per il famoso giornalismo H24.
Il prossimo atto sarà la distruzione di tutti i residui istituti contrattuali, dal notturno allo straordinario, ai festivi e ai superfestivi. Gli autori materiali saranno diversi, i mandanti gli stessi: gli editori.
“Sono sceso in piazza anche io a Roma – ha dichiarato il consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Cimino –, non solo per difendere la nostra categoria, ma per tutelare il diritto di tutti i cittadini a essere informati. Non è una lotta corporativa, ma una battaglia per la democrazia nel nostro Paese. Come si fa a fare informazione con 250 euro al mese, oppure a 3 euro al pezzo? Chi ha approvato quell’accordo ha cristallizzato il precariato tra i giornalisti in Italia, legalizzando lo sfruttamento. Non esiste un sindacato che difende i diritti dei giornalisti, anche perché se svolgesse appieno il suo compito sarebbe dovuto intervenire e non accettare passivamente questa intesa. Chi è in piazza oggi chiede le dimissioni di chi ha la funzione di difendere gli interessi dei colleghi, ma non ha fatto nulla per tutela degli stessi”.