Il 31 ottobre 2002 Isabella aveva circa cinque anni e di quegli attimi terribili del sisma di San Giuliano di Puglia ha ricordi confusi. Quello che successe nel paese dell’entroterra bassomolisano lo ha metabolizzato con il tempo, con quei minuti di silenzio per ricordare le vittime: quei 27 bambini che oggi avrebbero avuto più o meno la sua età, insieme alla loro maestra.
Cosa può significare la parola terremoto la 19enne di Campobasso, Isabella de Ruberitis, lo ha scoperto sulla sua pelle la sera dello scorso 26 ottobre a Camerino dove si trovava per frequentare i corsi alla facoltà di Biotecnologie.
Alle 19.22 Isabella si trova nell’appartamento che condivide con altre studentesse quando avverte un boato. Un forte rumore che non riconosce subito e non riesce nemmeno ad associare a quello che squarciò la normalità dei suoi compaesani alle 11.32 di 14 anni fa. Semplicemente Isabella non può ricordarlo, Isabella era troppo piccola all’epoca per conservare ricordi nitidi di ciò che accadde e il 24 agosto del 2016, quando il terremoto ha colpito il Centro Italia, per fortuna ancora non si trovava nelle Marche.
Il 26 ottobre, subito dopo il boato, le urla dei suoi compagni che la esortano a scendere subito in strada la riportano ben presto alla realtà. La corsa compulsiva la porta in strada, dove ad attenderla c’è una pioggerellina leggera a cui Isabella non fa caso, perché “tanto tra poco sarò di nuovo a casa”, pensa fiduciosa. La ragazza del capoluogo molisano, però, nella sua residenza universitaria al centro storico di Camerino non farà più ritorno.
Il tempo di dirigersi con le poche cose per trascorrere la notte fuori dalle mura storiche ed ecco che la terra trema nuovamente. Sono da poco passate le 21 e nella zona viene registrato un terremoto di 5.9 della scala Richter.
“Le pareti della casa di un mio amico, dove mi trovavo durante la seconda scossa, si muovevano. Non riuscivo a camminare. Poi all’improvviso mi sono ritrovata in un prato vicino casa e non so neanche io come. È stato in quel momento che ho capito che la situazione era grave. Ho compreso cosa significa scampare il pericolo senza sentirsi mai più al sicuro, ho provato cosa significa essere impotenti. La notte, infatti, seppur trascorsa al riparo, non è stata caratterizzata da bei sogni”.
Le parole di Isabella si amplificano per tutti i molisani che con quella sensazione ci convivono da ben 14 anni.
Riesci a descrivere cosa hai provato la sera del 26 ottobre? “Avevo molta paura, però, stavo insieme ai miei amici e, così, ci facevamo forza a vicenda. Alcuni dei miei compagni, compresa me, hanno pianto e questo mi ha colpito molto. Ho interpretato le nostre lacrime come un’apertura totale verso chi, in quel momento, sta vivendo la tua stessa paura. Mi chiedevo, inoltre, il perché di quella sciagura. Era tutto perfetto fino a quel momento”.
In che senso “era tutto perfetto”? “Camerino è una città piccola dove non nego di essere arrivata a malincuore: non ho superato il test di Medicina e così ho deciso di seguire il corso di Biotecnologie in inglese. A Camerino, poiché è l’unica Università italiana che offre la possibilità di seguire il mio corso di laurea in lingua inglese. Il fatto che fosse una piccola città, inizialmente, mi ha frenata molto. Credevo che fosse una realtà noiosa, invece ho scoperto che non era affatto così. Ho trovato una coinquilina e dei ragazzi stupendi, l ‘Università per Camerino è una grande fonte di reddito e tutti gli abitanti sono sempre cortesi e accoglienti con noi studenti fuorisede”.
In generale cosa ti ha colpito maggiormente di ciò che è avvenuto dopo il sisma? “Gli anziani distesi sulle brandine nel luogo allestito per la notte. Loro che forze possono avere? Hanno i loro ritmi, i loro spazi e in queste situazioni, credo, siano quelli che soffrano di più. Alcuni piangevano, altri non riuscivano neanche a reggersi in piedi. Ad una signora ho dato l’unico pacco di biscotti che avevo per me”.
Lo immagini, prima o poi, il tuo ritorno a Camerino? “I pensieri viaggiano, ora l’Università è chiusa. Quando rientrerò, anche se le scosse saranno terminate, la paura sarà sicuramente tanta. Credo che la Camerino conosciuta da me, in questi mesi, non ci sarà più. La ricostruzione sarà lunga e temo di non ritrovare più quel paesello bello, ordinato, accogliente, ricco di giovani provenienti da ogni parte del mondo che ho conosciuto io”.
Isabella diventa silenziosa, nella sua mente continua a chiedersi cosa proverà quando non vedrà più quel centro storico dominare i poli scientifici, quando le immagini della sua Camerino non saranno filtrate dai giornali o dalla tv e, questa domanda a 14 anni dal terremoto di San Giuliano di Puglia, dinanzi a un Centro Italia di macerie, l’avvicina ai suoi corregionali che quel 31 ottobre 2002 videro crollare in pochi secondi una scuola, assistendo a un evento che avrebbe cambiato per sempre il volto del Molise.