Cyberbullismo 2.0, quando la vittima è a portata di click. Informazione ed educazione le armi di difesa

CRISTINA SALVATORE

L’adolescenza che cerca i suoi punti di riferimento. Un passaggio dall’età infantile a quella adulta talmente delicato da risultare, spesso, fragile e pieno di crepe.

Il condizionamento esterno, così forte, ingannevole e seducente, che talvolta sfocia nella messa in discussione di valori acquisiti attraverso un’educazione di base rigida e rigorosa. La protesta, il dissenso. Il desiderio di riconoscere e incanalare la propria ribellione in mezzo alla mischia, alla ricerca di un leader. Non è facile parlare di  oggi. Non lo è stato mai e non lo sarà domani. Però è argomento reale; reale quanto gli episodi che la cronaca internazionale scrive ogni giorno sulle sue pagine più nere.

Fare parte di una comunità. Sentirsi accettati e condividere il pensiero dominante, è una regola che spesso comporta sacrifici: quelli a discapito dei valori basilari e del saper vivere civile. Il gruppo, sovente, col senno di poi, non si rivela un rifugio ma un vero e proprio “lager” di intenzioni. Se non sei dentro, sei fuori. Con tutte le conseguenze del caso. Puoi essere membro, accolto da applausi scroscianti, oppure pecora sbiadita, da prendere di mira al pari di barattoli di latta vuoti, adagiati come cavie sacrificali sulla staccionata della dignità. Puniscono te per dare l’esempio agli altri.

Mirano a te ma metaforicamente stanno sparando sulla folla che, accecata, acclama il capo e irride gli spettatori. E dietro ad uno schermo, tutto è più facile. Nessuno li guarda coraggiosamente negli occhi; nessuno riesce a percepire il tremolio di una voce, o il richiamo di una madre che, ignara, annuncia la cena. Si sentono onnipotenti; protetti da uno spazio annullato, un tempo alterato, una foto rubata e un nik-name che non chiede codice fiscale o documento d’identità.

La vittima è a portata di click, non devono per forza metterci la faccia, reggere gli sguardi o diffondere la loro vera identità. Possono distruggere la preda con la collaborazione di tutti quelli che, coperti da anonimato, danno appoggio e coraggio incondizionato. Scellerato. Quello che non avrebbero mai avuto in un confronto “de visu”. Quello che, sommato al resto degli applausi codardi, li fa sentire i più forti in mezzo ai disorientati.

Ma gli effetti sulle vittime sono devastanti. Reali. Atti aggressivi e molesti compiuti tramite strumenti telematici che viaggiano alla velocità di una gogna mediatica che spazza via i confini, senza precedenti. Sempre di più, adolescenti in età delicata, hanno libero accesso a mezzi tecnologici di comunicazione di massa sprovvisti della corretta educazione civica, etica e morale, spesso soli o superficialmente accontentati. Una generazione potenzialmente allo sbando se privata di una guida stabile e accorta. Ma la legge non guarda i modi, e non perdona.

Girano in rete centinaia di migliaia di video di ragazzi e ragazzine che si riprendono il sabato sera totalmente ubriachi all’uscita della discoteca da non riconoscere più un’alba da un tramonto. Messi in rete e buttati in pasto agli sciacalli, ai collezionisti di “like” fuori controllo e sconsiderati. Cio che conta è: contare qualcosa. A qualsiasi prezzo misurato in numero di “mi piace”.

Come possiamo difenderci da tutto questo? Esiste un antidoto che annulla gli effetti di un veleno virale e, spesso, altamente mortale? Sì. Si chiama “informazione ed educazione”, e può essere reperito da insegnanti e genitori consapevoli dei rischi di un contagio che interessa tutti e non mette al sicuro nessuno, se non preventivamente vaccinato. La vita sui social non è pura fantasia: è reale e comporta delle ripercussioni concrete nel quotidiano. Uccide come uccide un colpo di pistola. Come un pestaggio fuori dalla discoteca. Come una malattia non diagnosticata in tempo. Come una condanna in tribunale.

Tutte le vittime di bullismo, o cyberbullismo, devono però sapere che assieme al dilagare di strumenti tecnologici e di nuova generazione, sono nate tantissime associazioni al passo coi tempi, capaci di dare aiuto e supporto.  Si può arrivare, in un attimo, ad avere contatti immediati con la Polizia Postale, le forze dell’ordine e le associazioni nate per fronteggiare la violenza in ogni sua manifestazione. Sarebbe utile ricordare che ogni forma di sopruso costituisce reato e che, riuscire a riconoscerne i segnali, può essere utile per intervenire preventivamente e con efficacia. Dobbiamo solo imparare a comprendere che la forza di reagire ad un’ingiustizia è più grande dell’ingiustizia stessa. I bulli, in fondo, sono tanto deboli. La legge è dalla nostra parte.

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