La prima volta che ho sentito parlare del “Fertility Day”, sono sincera, ho pensato subito a una giornata dedicata al rispetto dell’ambiente, contro l’abusivismo edilizio e il conseguente disboscamento. Una giornata ecologica per sensibilizzare gli italiani sulla questione dell’inquinamento e del cambiamento climatico che sta recando danni all’agricoltura e rendendo aride le terre. Per esempio. La verità è che ho guardato le stelle quando il ministro Lorenzin ci mostrava il dito: il medio, precisamente. Tutto si è fatto chiaro nell’istante in cui mi sono apparse davanti agli occhi una serie di locandine per sponsorizzare l’evento, tant’ è che ho subito pensato che il passo verso l'”Erection Day”, il “Prostata Week-End”, la 200 metri e il salto ad ostacoli degli spermatozoi alle prossime Olimpiadi, fosse breve.
Ma arriviamo subito al sodo: in una di queste locandine (ne sono tante e si stanno moltiplicando come le pustole della varicella) compare una donna molto giovane, di bell’aspetto che, con il braccio teso, sembra “sbattere” sulla faccia di chi la osserva una clessidra stretta nella mano. Alla sua sinistra, invece, troneggia la didascalia “la bellezza non ha età, la fertilità sì”.
Chiariamo alcuni punti fondamentali: già la clessidra rimanda a qualcosa di antico, di superato, poco funzionale oggi, insomma.
Un bell’orologio digitale avrebbe lasciato presagire una collocazione temporale quantomeno più attuale. O magari un orologio a cucù, con l’uccellino che esce ogni ora e ti ricorda che devi accoppiarti subito, prima che i tuoi ultimi ovuli vadano a schiantarsi contro un comunissimo assorbente! Per coerenza, al posto della signorina bionda io c’avrei messo uno sciamano, o Iside (la dea della fertilità), ma solo per stare al passo con i tempi del messaggio veicolato. Un bel sacrificio propiziatorio con tanto di pozioni disgustose da mandar giù, tutto d’un fiato, e il divieto assoluto di mangiare prezzemolo durante il concepimento.
Su internet ho trovato anche queste rarità made in Italy: “in alcune regioni italiane, in tempi lontanissimi, si credeva che le donne che desiderassero avere un bimbo, dovessero indossare la camicia da notte di una madre che avesse avuto molti figli, senza mai lavarla”. Immagino che l’unica cosa che riuscisse a riprodursi, seguendo questa pratica, fossero i batteri, funghi e acari della polvere!
Oppure: “nei tempi antichi si credeva che bere un bicchiere di vino rosso, nelle notti con luna crescente, avrebbe aumentato la possibilità di restare gravide”. Certo, ma solo se, ubriache, ci si andava a buttare tra le braccia del primo che capitava a tiro!
Passiamo ad un’altra: un rubinetto che perde e la didascalia “la fertilità è un bene comune”. Come l’acqua che non va sprecata! Ma, santi numi, come avranno partorito (è il caso di dirlo) questa idea da nobel? Come è saltato in mente di paragonare le nostre ovaie, e il nostro utero tutto, alla Cappella Sistina o alle Gole di Celano? Ma “bene comune” un tubo! Sono le donne e non lo Stato che, in preda a nausee continue, sbalzi d’umore, gambe gonfie più fame notturna e capricciosa, devono portare in grembo, per nove lunghi mesi, un esserino indifeso. Un cucciolo d’uomo che una volta uscito dai profondi abissi, tra le grida di dolore della madre e svenimenti multipli del padre, urlerà incessantemente da lì fino ai prossimi anni a seguire, soprattutto nei luoghi pubblici e di notte! E i pannolini? Gli omogeneizzati? Le medicine? La culla? Il passeggino? Le quote all’asilo, le tasse a scuola, i giochi, i libri, lo sport, le passioni, i vestiti e le lavatrici infinite? Qui il “bene comune” lascia davvero il posto a un privatissimo “è tuo, arrangiati”! O mi sfugge qualcosa? Tipo degli aiuti economici, delle agevolazioni, il diritto al lavoro, la certezza di non essere licenziate in tronco quando si notano i primi accenni di pancia (e magari hai solo mangiato pesante)? Magari c’è una postilla che parla di tali questioni e non è saltata fuori? Chissà.
Comunque, arriviamo subito al terzo frame: presumibilmente una coppia che sta avendo, o ha appena avuto, o è morta mentre lo aveva – considerando la rigidità degli arti – un rapporto sessuale. Da cosa si capisce che l’atto in sé era rivolto alla procreazione? Ma ovviamente dalla testa di un bambino, di colore giallo, che appare da sotto le lenzuola in mezzo alla coppia! Come non arrivarci? Una testina a forma di smile che non si capisce se è gialla per via dell’ittero o perché trattasi di un cinesino con gli occhietti a fessura! Non è ben comprensibile ma non importa, di comprensibile in questo Fertility Day c’è solo la collera del genere femminile.
L’ultima locandina di cui parlerò, invece, raffigura un paio di scarpine di lana verdi con un nastro tricolore. Anche qui la frase è a effetto: “la costituzione tutela la procreazione cosciente e responsabile”. Mi pare di capire che se, incoscientemente, resti incinta a 14 anni per via di una educazione sessuale non pervenuta a scuola e in famiglia, o di un preservativo bucato… te la devi vedere tu e i sorci verdi. Verdi come quelle scarpette.
Infine, il mio pensiero va a tutte quelle donne che non possono avere figli e li vorrebbero con tutto il cuore; le stesse a cui questa campagna ha inferto un insensibile quanto evitabile colpo di grazia.
A quelle donne sole, che potrebbero avere un figlio, ma non hanno un compagno accanto e la strada per un’adozione risulta ancora più complicata se non impossibile.
A quelle donne che un figlio non lo cercano e non lo vogliono, perché diventare madri non è un obbligo ma una possibilità e non per questo minano il “bene comune” del Paese. A quelle donne che hanno rimandato l’idea di costruirsi una famiglia aspettando di trovare lavoro e sono ancora lì, che lo aspettano, guardando la sabbia della clessidra che lascia cadere gli ultimi granelli.