Chierchia e Cancellario ‘aggredite’ su Facebook. Scoppia la polemica social: la violenza mediatica che fa male

Una vera e propria istigazione alla violenza, quella stessa aggressività celata dietro i fiumi di parole che scorrono sui social network e che sono in molti a pensare possa passare inosservata. A essere oggetto di accuse offensive questa volta due donne sedute nell’aula di Palazzo San Giorgio: il vice sindaco Bibiana Chierchia e la consigliera di minoranza Marialaura Cancellario. Entrambe ree, per l’autore del commento, di aver postato il giorno di Corpus Domini una foto di entrambe con il viso dipinto di nero e la “linguaccia” da fuori ad imitare i diavoli adagiati sugli Ingegni del Di Zinno

Il clima di festa, le tradizioni locali, la complicità di un’amicizia, la foto non sembrava lasciare spazio ad altro. Eppure non è stato così. Chi ha scritto il commento, la cui identità viene, per privacy, mantenuta segreta dal vice sindaco, ha riportato tutto su un piano politico.

Sulle spalle delle rappresentanti del Consiglio comunale di Campobasso le responsabilità del delicato momento economico che sta interessando il Molise e la città. A loro la colpa delle tante famiglie in difficoltà che non riescono ad arrivare a fine mese. Non solo, perché il buontempone propone anche la soluzione per riequilibrare il tutto: “un paliatone fatto a paliatone”. Traduzione: botte, tante botte. Quasi a metterle in un angolo e lasciarle esanime.

Premettendo che il commento possa anche ricomprendere, secondo le intenzioni dell’autore, tutta la classe politica locale e nazionale e possa essere stato dettato da una situazione personale e magari sociale non delle migliori, in tale precisazione non riusciamo comunque a trovare alcuna attenuante. E non ci riusciamo semplicemente perché la violenza, per approdare nel linguaggio, deve partire sempre prima dalla “testa”.

Chi parla male, pensa male e vive male” torna alla mente la frase del film Palombella rossa  di Nanni Moretti e, cinematografia a parte, a noi torna alla mente anche un’altra cosa, la sentenza della Cassazione che equipara le offese su Facebook alla diffamazione a mezzo stampa, il cui reato è previsto nel Codice Penale. Giusto un’annotazione per i tanti paladini della violenza mediatica.

f.a

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