Sono drammatici i dati relativi allo stato di salute dei detenuti in Italia e in Molise. Il 13 febbraio 2020 è stato consegnato al Ministero della Salute un Piano Straordinario di Prevenzione delle malattie infettive che coinvolga il personale in servizio.
Nel dettaglio è l’epatite C l’infezione maggiormente presente nella popolazione detenuta in Italia anche a causa dell’alta percentuale di tossicodipendenti. Si tratta di una forbice compresa tra i 25mila e i 35mila detenuti all’anno. A questi vanno aggiunti 6.500 portatori attivi del virus dell’epatite B. Molti istituti italiani si stanno attendendo sempre di più alle indicazioni ministeriali, per raggiungere l’obiettivo dell’assenza di nuove infezioni da HCV entro il 2030.
In calo è il dato di trasmissione dell’HIV all’interno dei penitenziari. Gli Hiv positivi sono circa 5.000. Secondo dati più aggiornati l’assunzione dei farmaci antiretrovirali ha ridotto in maniera notevole la trasmissione del virus anche in presenza di comportamenti a rischio. Infatti, la prevalenza di detenuti HIV positivi è in discesa dall’ 8,1% del 2003 all’1,9%. Risulta poi dai dati ufficiali del Ministero della Giustizia che nelle carceri ci siano tassi di tubercolosi latente molto più alti rispetto alla popolazione generale.
Se in Italia, infatti, tra la popolazione generale si stima un tasso di tubercolosi latenti, cioè di portatori non malati, pari al 1-2%, nelle strutture penitenziarie il dato si attesta al 35%, arrivando al 50% considerando solo i detenuti italiani.
E ancora i detenuti con problemi psichiatrici, che oggi sono circa 1000 negli istituti normali e 1200 in quelli specifici.
Il 4% dei detenuti è affetto da disturbi psicotici, contro l’1% della popolazione generale. La depressione colpisce il 10% dei reclusi, mentre il 65% convive con un disturbo della personalità.
Significativa, infine, la percentuale di popolazione carceraria che soffre di disturbo da stress post-traumatico, con particolare riferimento ai detenuti migranti: si va dal 4% al 20%.
L’emergenza suicidi in carcere conseguenza quasi sempre di stupro subito. È questa l’allarmante situazione nelle carceri italiane, dove la malattia mentale è molto più presente di quel che si pensa.
Questi dati – ha dichiarato Aldo Di Giacomo – Segretario Generale del Sindacato Polizia Penitenziaria S.PP. – sono allarmanti e mettono a rischio la salute dei detenuti e del personale penitenziario.
Il carcere è territorio, tra infettivologia e psichiatria, con i continui casi di suicidio ed autolesionismo. Ci associamo all’appello dei medici per un piano straordinario di prevenzione delle malattie infettive che coinvolga il personale in servizio. Pertanto è indispensabile per queste categorie di detenuti una carcerazione diversa in strutture specifiche che si occupino di curare prima di ogni cosa.
È ancor più intollerabile – continua Di Giacomo – che si parli solo ed esclusivamente di assicurare i LEA (Livelli essenziali di assistenza) ai detenuti escludendo il personale penitenziario, continuando a sottovalutare i rischi.
Inoltre, il caso dello stupro nel carcere di Udine dovrebbe riaccendere l’attenzione su un problema che abbiamo sollevato da troppo tempo sempre inascoltati: solo l’1 per cento delle violenze sessuali in cella viene denunciato, con i più deboli costretti a pagare l’assenza di misure di tutela personale. Un fenomeno rispetto al quale l’Amministrazione Penitenziaria volutamente non è in grado di fornire datispecie se si pensa allo “scambio di sesso” di detenuti tossicodipendenti o alcolisti in cambio di psicofarmaci e alcol.
Pierp.Gabr