“L’onore di aver indossato la fascia tricolore della città in cui ho vissuto da sempre (nella quale non sono nato solo per vicende legate alla salute di mia madre) resterà impressa in eterno nel mio cuore”. Con queste parole l’ormai ex sindaco di Campobasso, Roberto Gravina saluta la città di Campobasso che nel 2019 lo elesse primo cittadino del capoluogo.
Per lui entra nel vivo l’esperienza in Consiglio regionale, dove il candidato governatore siede ora tra i banchi della minoranza e dove si attende ufficialmente la sua decadenza dal ruolo di sindaco che ci sarà domani, in occasione della seduta dell’assise di Palazzo San Giorgio. Qui a traghettare con la fascia tricolore gli ultimi mesi di mandato sarà Paola Felice. Domani il passaggio di consegne per la prima donna sindaco della storia della città.
“Nel bene e nel male, – ha detto Gravina ai giornalisti in occasione della sua ultima conferenza stampa al Comune – ho guidato questa città mettendo al centro dell’azione il rispetto verso l’Istituzione e dei suoi cittadini. L’ho fatto cercando sempre di fare gli interessi di coloro che la abitano, mai quelli di qualcuno. Ed è così che insieme ai consiglieri di maggioranza e agli assessori, abbiamo cercato di cambiare o incidere nella vita dei campobassani rispettando il programma elettorale del 2019. A volte riuscendoci subito, altre volte ponendo le basi affinché si realizzi e questo accadrà per oltre il 90% del programma di mandato. Ho guidato la città con il mio stile e chiaramente ciò sarà piaciuto e non piaciuto, ma ho sempre pensato che l’Istituzione è sacra e va rispettata anche con i comportamenti pubblici.
La scelta di candidarmi in Regione, come noto perché detto da sempre, non era nei miei programmi e lo possono testimoniare tutte – ma proprio tutte le persone, di ogni colore politico, che sanno come sono andate le cose – ma una volta accettata la sfida non mi sono risparmiato e in cuor mio sapevo che non sarei tornato a fare il Sindaco, per rispetto anche degli elettori che mi hanno dato fiducia.
Sono stati quattro anni bellissimi e durissimi allo stesso tempo. Quattro anni che mi hanno fatto conoscere intimamente i campobassani, compresi i “forestieri” di Santo Stefano: gente generosa, buona, un po’ diffidente come la gente di montagna (e di collina) ma che ringrazio simbolicamente una ad una, perché il sindaco rappresenta la comunità e quindi tutti i suoi cittadini, senza distinzione. Quattro anni che mi hanno fatto conoscere anche usanze, costumi e tradizioni portate avanti dalla passione e laboriosità di associazioni storiche e più giovani. Oggi il cammino, iniziato 9 anni fa, si interrompe non senza una vena di malinconia ma lascio la città in buone mani e in ottima salute amministrativa. Qualche preoccupazione c’é rispetto alle politiche sociali e alle difficoltà che si avranno a causa della cancellazione del reddito di cittadinanza; i sindaci sanno cosa vuol dire toccare con mano le difficoltà delle persone che chiedono aiuto, anche prostrandosi al politico di turno, senza poter alleviare le preoccupazioni e le sofferenze altrui. E sono sempre i sindaci, poi, ad ascoltare le persone che chiedono un lavoro o l’aiuto economico per far fronte ai bisogni della famiglia.
Spero davvero che il Governo prenda coscienza della situazione e faccia vincere il buon senso, con buona pace delle appartenenze politiche. Campobasso ha fatto i compiti a casa.
Ho avuto l’onore di rappresentarla in Italia presso l’Anci (che saluto attraverso il suo ottimo Presidente De Caro e la grande professionalità del segretario generale Nicotera) e dinanzi ad alcuni ministeri, anche quando il colore politico è cambiato ed è stato un piacere farla conoscere fuori dalla nostra terra. Uno degli ultimi traguardi, infatti, è stato quello della Casa delle Tecnologie Emergenti, che porterà presto i suoi frutti rianimando la abbandonata cittadella dell’economia. E poi tanti fondi, molti dei quali – ha poi concluso Gravina – assegnati prima del Pnrr, che cambieranno il volto alla città rendendola certamente più vivibile e moderna, risolvendo anche le incompiute che per anni sono rimaste lì a testimoniare le occasioni perse”.