FABIANA ABBAZIA
Un anno fa le telecamere di TV Sat 2000 sono approdate al cimitero di Campobasso per raccontare la sua storia. Sulle pareti della stanza che gli è stata messa disposizione ci sono gli articoli di giornali locali che parlano di lui. Nonostante tutto, però Giovanni Curci, l’82enne che ormai da anni presta servizio come volontario al cimitero del capoluogo, alla notorietà non si è ancora abituato. E più che un’intervista il tutto si caratterizza come una chiacchierata con una persona umile e generosa, che l’emozione non ha imparato ancora a nasconderla.
Un passato da dipendente comunale nell’ufficio tecnico e cinque anni di servizio prestati come custode proprio al camposanto. È lì che è nata quella passione così singolare che ha fatto sì che in tanti raccontassero la sua storia che, ormai da ben 17 anni, lo vede prendersi cura del posto in cui riposano quei bambini mai nati, circa 200 in totale.
Ma nelle tante ore che Giovanni trascorre al cimitero, con il beneplacito della moglie e i figli, in realtà fa molto di più. Lui, che quel posto lo conosce come le sue tasche, è sempre pronto a offrire un aiuto a chi magari non sa come districarsi in un cimitero sempre più ‘popoloso’. Lo farà anche il primo e il due novembre di quest’anno, le giornate in cui il luogo dedicato alla sepoltura dei morti, come sempre, viene preso letteralmente d’assalto per il ponte del 1° e 2 novembre. E a chi vorrebbe corrispondere del denaro in cambio di quella sua gentilezza è sempre pronto a rifiutare.
Una piccola targa con il suo nome è stata apposta all’esterno della stanza che Giovanni occupa e, all’interno della quale, ha tutto il materiale che gli serve per la sua attività, svolta sempre con passione, ma all’inizio non proprio in forma regolare. I primi anni del 2000, infatti, Giovanni prestava servizio pur non essendo ‘inquadrato’ e non potendo essere presente in quel luogo in tutta tranquillità. Solo successivamente grazie alle associazioni, prima quella di Santo Stefano e poi Campobasso Nord, Giovanni ha potuto prestare la sua opera in maniera sicura e con un piccolo rimborso spesa per la benzina. Sì perché Giovanni, che vive al quartiere Cep, al cimitero ci va davvero tutti i giorni. In estate, quando le aiuole hanno bisogno di maggiori attenzioni, anche alle sei di mattina.
“Per questi bambini ho anche combattuto molto. Più di qualche volta è accaduto che alcuni genitori volessero predisporre qualche lapide particolare”. Racconta, infatti, Giovanni che poi con garbo è sempre riuscito a convincere quelle mamme e quei papà mancati che “i bambini sono sempre tutti uguali”.
“Quando ero piccolo – dice Giovanni rievocando le parole pronunciate dinanzi a quei genitori – i bambini facevano la comunione senza il saio e, dall’abito che indossavano, era chiara la differenza tra i ricchi e i poveri. Io ero povero e quel giorno lo ricordo ancora bene. Per fortuna poi la chiesa ha imposto che anche in quell’occasione i bambini dovessero essere tutti uguali”.
E per Giovanni quei bambini (nati morti tra le 20 e le 28 settimane di gestazione ndr) che non hanno fatto in tempo a ricevere nemmeno il sacramento del battesimo e che non hanno un nome, sono davvero tutti uguali.
Il posto in cui ognuno di loro può essere pianto è delimitato da piccoli rettangoli di legno, piccole croci, una traghetta in acciaio, una coccarda bianca e fiori finti. A parte le croci, che Giovanni fa di tutto per farsi fornire dal Comune, il resto è stato merito di un benefattore che, per il suo lavoro, spesso si trova proprio al cimitero.
“Una persona straordinaria, allergica alla pubblicità, – dice – che mi ha fornito le targhe, i fiori e le coccarde e che per ogni cosa è sempre a disposizione”.
E mentre a Campobasso la proposta per l’istituzione di un vero e proprio cimitero per bambini mai nati (anche prima delle 20 settimane), di cui si era parlato tempo fa in sede di Commissione Sicurezza Sociale è rimasta ferma al palo, quella di Giovanni resta, ancora una volta, una bella storia da tornare a raccontare. Proprio in giorni così tristi in cui ognuno pensa a chi non c’è più e che in Molise, dove tornano i ricordi di quei bambini che persero la vita sotto le macerie della scuola di San Giuliano di Puglia, diventano persino drammatici.