“Mio padre nei suoi racconti nominava sempre Campobasso”: così Andrea Bartali, il figlio di ‘Ginettaccio’, nella sala consiliare di Palazzo San Giorgio
Giuseppe Formato
“Mio padre amava la città di Campobasso, che nominava ogniqualvolta raccontasse la sua storia sportiva”: hanno sorpreso un po’ tutti i presenti le parole di Andrea Bartali, figlio del campione di ciclismo ‘Ginettaccio’, che conquistò la sua prima maglia rosa nel lontanissimo 1936 nella tappa Campobasso – L’Aquila. Inevitabile che Gino Bartali non potesse portare in cuor suo il capoluogo molisano: in quel 27 maggio 1936, 79 anni fa, iniziò la sua lunga e proficua carriera agonistica. Una tappa massacrante: 205 chilometri attraversando il Macerone, Rionero Sannitico e Roccaraso. Una frazione di montagna da fare invidia a quelle delle Alpi. Il campione azzurro, quel giorno, conquistò per la prima volta la maglia rosa che portò per tredici tappe consecutive fino a Milano, dove vinse la sua prima corsa rosa.
Un pizzico di emozione per Andrea Bartali e anche qualche lacrima: accolto in grande stile dal sindaco Antonio Battista e dall’assessore allo sport Emma de Capoa, con gli onori di casa fatti nell’aula consiliare dal Presidente dell’assise, Sabino Iafigliola.
Un campione nello sport e nella vita Gino Bartali, che sfruttando la sua fama salvò 800 ebrei, trasportando documenti falsi nel tubo della sua bicicletta.
Il sindaco Battista ha omaggiato Andrea Bartali con una targa e col segno tangibile del riconoscimento della città di Campobasso nei confronti di un campione che ha sempre riservato un posto speciale per il capoluogo molisano, da dove iniziò la sua brillante ascesa mondiale.