MASSIMO DALLA TORRE
L’edizione di quest’anno della sagra dei Misteri sicuramente rimarrà impressa nella mente dei campobassani e non solo, perché mentre il popolo degli ambulanti come una colonia di formiche operaie si apprestava a smontare le strutture e gli stand, che per circa 3 giorni hanno occupato gli spazi cittadini, si è dato l’avvio alle prove generali dell’arrivo del Santo Padre in città.
Momento straordinario che, se potessimo utilizzare il linguaggio sportivo del baseball, farà segnare un “inning” a favore di chi con tenacia e caparbietà ha saputo mettere in sinapsi due avvenimenti di altissimo contenuto spirituale e culturale. Due momenti che sicuramente richiamano nel capoluogo molisano non solo i curiosi, ma soprattutto i fedeli e gli amanti delle tradizioni, vere e proprie “testomonial” di una cultura difficilmente riscontrabile nell’era della spersonalizzazione. Due momenti che, nonostante si voglia, cervellotizzarli e accademizzarli, cosa che sotto certi aspetti è da plaudire, fanno sì che il piccolo Molise valichi i confini nazionali. Due momenti che racchiudono in sé un significato intrinseco ed estrinseco, che man mano che passano i giorni s’ingigantisce riappropriandosi a pieno titolo dello stampo originale: quello che vede il sacro e sotto certi aspetti il profano intrecciarsi come la trama e l’ordito di un arazzo colorato dalla genuinità e dalla schiettezza popolare.
Angeli, Demoni, Santi e fedeli tutti uniti in un qualcosa che, non ha alcun bisogno di spiegazione, perché le spiegazioni si sono avute e si avranno guardando e vivendo la città. La quale, sicuramente si commuoverà come si è commossa ed entusiasmata al passaggio dei misteri nati dalla creatività di Paolo Saverio Di Zinno e forgiate dai maestri dell’acciaio della città un tempo racchiusa nelle sei porte che ancora campeggiano sul gonfalone cittadino.
Una città che si animerà, si vivacizzerà, trasformandosi e aprendosi a quanti arrivano fin dalle prime ore del mattino per occupare un posto in prima fila per assistere all’arrivo del pellegrino di grande fede: Francesco. Una città che diverrà persino multietnica, in cui culture, costumi, profumi e usanze distanti migliaia di chilometri l’uno dall’altro s’incontreranno e si scontreranno anche se solo per pochi istanti, abbattendo in questo modo un muro che molti vorrebbero erigere.
Questa in estrema sintesi è la spiegazione di quello che è accaduto il 22 giugno e quello che accadrà il 5 luglio, null’altro. Eppure, c’è stato qualcuno che ha sollevato un vento contrario e fastidioso. Un vento che, fortunatamente si è acquietato altrimenti avrebbe portato conseguenze nefaste per quello che è la campobassanità. Una perturbazione alimentata da contrapposizioni che, come accadeva all’epoca delle confraternite che dividono persino i vari protagonisti della vita politica locale, perché la politica anche questo spazio ha occupato abusivamente causando gazzarre in cui la dialettica ha alzato fin troppo i toni. Contrapposizioni che fanno ridere in quanto, altre realtà, farebbero le cosiddette “carte false” pur di accaparrarsi gli avvenimenti che vedono e vedranno il Molise al centro dell’attenzione mondiale.
Un qualcosa che chi crede di erigersi a paladino non solo della tradizione senza alcun titolo perché non ne ha, farebbe bene a tenere a mente, perché: sia le sacre rappresentazioni portate a spalla con sacrificio e senza scopo di lucro, sia la presenza del successore al soglio di Pietro, comunque vadano le cose, sono e saranno la carta d’identità di una comunità capace di chiudersi a riccio pur di mantenere integra l’unicità, cui difficilmente si può rinunciare perché fa parte del DNA di Campobasso e dei Campobassani.