MASSIMO DALLA TORRE
Molti li indicano come e veri propri artisti dallo spirito libero, altri riconoscono in loro la contestazione degli anni ‘70, altri ancora li indicano come veri e propri figli dell’insoddisfazione che la società moderna tiene prigionieri nelle incongruenze del quotidiano. Attribuzioni e similitudini che non si addicono assolutamente a chi invece imbratta indisturbato le facciate dei palazzi. Chi sono? Sono i cosiddetti writer della domenica, che in barba alle forze dell’ordine, durante la notte, eludono la sorveglianza e danno sfogo all’estro, anche se di estro qui non ce n’è.
Ignoti deturpatori murari che prendono in prestito le facciate dei palazzi specialmente del centro Murattiano come se fossero fogli o tele, utilizzando bombolette di vernice indelebile che lasciano il segno forse per emulare Zorro l’eroe mascherato che però, a differenza della mitica “zeta”, non è altro che un tratto provocatorio, sconcio, che in molti casi va oltre la decenza. Ecco che i grandi spazi murari di viale Elena e via Cavour e non solo, sono vittime innocenti e silenti di una moda fuori luogo.
Frasi e disegni che offrono il fianco a frasi dal contenuto poco consono alla civiltà che scatenano l’indignazione dei residenti della zona ma anche di chi si ferma a leggere o a guardare ‘l’opera’ da tre soldi, tanto per parafrase, Bertold Brecht.
Segni che disturbano e oltraggiano il decoro, anche se il fine come scriveva Machiavelli “giustifica i mezzi”. I quali, la dicono lunga di come la moda di verniciare, riportare frasi fatte e slogan su palazzi e uffici pubblici senza problemi e senza conseguenze, esiste da sempre. Quello che preoccupa è la non circoscrizione del fenomeno e nei casi più evidenti la non punibilità causata dall’anonimato dell’“imbratta e fuggi”. Due cose che purtroppo rendono vani i writer genuini. Quelli che sono l’espressione di un’arte diversa. Un’arte che da qualche anno ha reso Campobasso una vera e propria galleria a cielo aperto, vedasi i muraglioni dell’ex stadio Romagnoli, del mercato coperto in via Monforte, il muro di sostenimento del sottopasso di via Novelli, del Terminal degli autobus, di Via Pirandello e zone limitrofe.
Esempi di arte vera, pura, espressiva che però, causa le bravate degli impiastricciatori, rende vani i significati di capolavori che possono essere ammirati, ragionati, specialmente da chi non ama i musei. Un non amore che si riconosce proprio nei murales nonostante possano apparire ‘oltre’, definizione data da un artista che li realizza, che nell’incongruenza dell’attuale appaiono la guida ideale al quello che l’oggi, ma anche il domani.