Con la riapertura delle scuole e la ripresa delle attività lavorative, finalmente i campobassani sono tornati alle solite vecchie abitudini: parcheggio selvaggio dove capita, lamentele continue appena si mette il naso fuori casa e quella irrefrenabile voglia di polemizzare con tutti, per tutto, appena si presenta l’occasione.
Siamo fatti così noi montanari: lontani dal mondo e abbandonati dalla rete di trasporti, senza autostrade e aeroporto, coviamo una discreta dose di rabbia radioattiva che, a intervalli di tempo costanti, necessita di essere espulsa dal corpo per non innescare una disastrosa implosione. E quindi, al posto di trasformare la nostra collera in pura energia da canalizzare in modo costruttivo e propositivo per il bene della comunità a cui apparteniamo, la utilizziamo per distruggere l’intero pianeta terra partendo dalle orecchie di chi ci ascolta e passando per gli occhi di chi ci legge.
In queste ultime ore si sta discutendo molto sull’autovelox che verrà collocato in via Puglia, a Campobasso. Sarà “regolarmente segnalato e ben visibile, così come prescrivono le norme a riguardo”.
I più ragionevoli si chiederanno… “e quindi?”. Certo, uno che è abituato a spostarsi spesso con l’auto per andare fuori regione, non si scompone più di tanto davanti ad un autovelox correttamente segnalato.
Si sa, purtroppo, che la maniera più efficace per far rispettare agli italiani una regola è quella di minacciare una punizione in caso di trasgressione.
Siamo uno dei pochi Paesi industrializzati e civili in Europa che fa qualcosa perché teme la sanzione e non perché ha rispetto delle regole e del vivere civile. Comunque, alla notizia di questo mezzo di controllo alieno che dalla prossima settimana verrà collocato in una zona particolarmente pericolosa e trafficata della città, alcuni campobassani si sono sentiti minacciati nelle loro libertà fondamentali: quelle di far il cavolo che gli pare.
La protesta degli insorti era unanime e di questo tenore “un’altra astuzia del Comune per arricchirsi con i nostri soldi”.
Ora, tra le tante cose di cui si potrebbe discutere e lamentarsi in generale, questa è davvero la più indicativa circa le conseguenze che può riportare una peperonata per cena, o una lavatrice sbagliata con tanto di boxer rosa per lui, sull’umore del giorno dopo. Perché, detto sinceramente, la riflessione più logica che verrebbe da fare dovrebbe essere un’altra. Tipo “se rispetto il limite di velocità in quel punto, ho meno possibilità di creare incidenti, di far sprecare soldi inutili in soccorsi e ricoveri, di far venire un coccolone alla nonna centenaria e di conservare il portafoglio bello gonfio”.
Sembrerebbe una considerazione abbastanza lineare. E invece a noi campobassani piacciono le rotatorie, gli ingorghi mentali, i pensieri incrociati. Ci piace far attraversare un ragionamento fuori dalle strisce, sulla tangenziale della confusione. Siamo abituati a impiegare cinque ore per arrivare a Roma e quasi quattro per Pescara, che pensare possano esistere percorsi logici e diretti da intraprendere per giungere alla tanto agognata meta della ragione, è inconcepibile quanto l’idea di mandare i propri figli, adolescenti, a scuola da soli. Senza accompagnarli e andare a riprenderli. E poi ci piace tanto trovare il capro espiatorio per ogni caffè che abbiamo bruciato al mattino e siamo attaccati al portafoglio più di quanto lo siamo alla vita. Nostra e del prossimo.
Siamo quelli che si lamentano dei poveracci che chiedono l’elemosina davanti ai supermercati perché non abbiamo neanche più la voglia di rispondere educatamente “no, mi dispiace”. Ci disturba il solo fatto che qualcuno possa pensare di poterci estorcere, con l’uso della parola, dieci centesimi in croce e che ci faccia sentire in colpa per aver scelto di non dare.
Siamo talmente abituati a non volerci assumere responsabilità, che preferiamo la lagna lamentosa e gratuita, da spargere in giro come coriandoli a Carnevale, al più faticoso esercizio di avanzare proposte positive e interessanti. Allora, poiché oltre ad avere mille difetti, noi campobassani abbiamo anche tantissimi pregi nascosti, cerchiamo di farli riemergere e incanalarli verso la strada della propositività. E cerchiamo di farlo con lo stesso slancio emotivo che riserviamo alle feste, alle fiere e alle sagre “addò z’ magn e z’ vev’”.