Mancano poco meno di ventiquattr’ore e Campobasso, anzi i campobassani, quelli di Via Ziccardi, Porta Sant’Antonio Abate, Porta Mancina, Porta San Paolo, Ponte di Bruschio, Piazza dell’Olmo si stanno preparando a suggellare nuovamente il patto con il maestro Paolo Saverio Di Zinno ideatore dei misteri.
Un patto che affonda le radici nel lontano 1700, quando Campobasso racchiusa nelle sei porte al calar delle ombre, come direbbero i retori, era la fucina di artigiani sempre pronti a dare prova del loro ingegno pur di portare in alto lo stendardo della comunità. Un patto che puntualmente si rinnoverà. Un patto che permette di assistere al trionfo dei misteri veri e propri capolavori di plasticità ondeggiante, nonostante siano passati trecento anni e più tanto da ammaliare ancora una volta. Un patto che mostra come l’amore per le cose di un tempo rende viva la tradizione senza timore che quest’ultima possa passare nel dimenticatoio.
Un patto fatto di rinunce e sacrifici. Un patto che lancia ancora una volta un segnale forte a quanti con scetticismo tacciano manifestazioni simili di estremo provincialismo, senza sapere che il provincialismo è l’humus della tradizione. Ecco perché i campobassani non rinunceranno per nessun motivo alla sfilata dei misteri che nacquero dal battere il martello sul maglio di artigiani che diedero corpo ai disegni di un artista nonostante che era autore di statue sacre che si possono ammirare in molte chiese Molisane, Pugliesi e Campane.
Un figlio del popolo che, nella semplicità più disarmante, volle dar vita ai contenuti di fede, interpretando i sentimenti dei suoi concittadini, che prese l’ispirazione, tra l’altro da un sommo dell’architettura quattrocentesca: Filippo Brunelleschi, almeno questo vuole la tradizione.
Un’ispirazione che richiama alla mente tutta una serie di considerazioni che difficilmente possono essere capite e concepite da chi non si sente parte integrante di questa manifestazione amata e odiata nel frattempo, ma sempre viva.
Un’ispirazione che la si comprende visitando il museo dedicato ai sacri ingegni che, una volta spogliati dal loro simbolismo, dialogano tra loro nel silenzio più assordante a testimoniare che la freddezza del materiale con cui sono stati costruiti sprigiona una forza che nessuno potrà contrastare. Una forza che lancia ancora una volta la sfida consapevole di vincerla, anche perché la competizione è persa in partenza. Una forza che si espande su quanti accorrono ad ammirarli; e sono sempre più. Una forza che nasce da piccoli gesti, anche quelli più scontati che potrebbero sembrare banali, a volte grotteschi senza sapere che il loro ‘routinario’ rinnovarsi ne rafforza l’animus.
Ecco la ragione per cui il patto non finirà mai di essere suggellato; anche perché se non si rispettasse più, tradirebbe la campobassanità su cui si basa e questo i campobassani quelli con la “C” maiuscola non lo permetteranno mai.