Saranno discusse nella prossima seduta di Consiglio Comunale, a fine mese, due mozioni presentate dai consiglieri Pilone, Cancellario e Tramontano, in merito alla questione cimiteri nella Frazione di Santo Stefano a Campobasso.
La prima mozione verte essenzialmente sulla necessità di andare ad una rapida soluzione in merito alla mancanza di loculi nel cimitero della Frazione, costruito negli anni ’70-’80 del secolo scorso sul tratturo Lucera – Castel Di Sangro, ormai saturo per la sepoltura, al punto che gli ultimi decessi, sono stati costretti ad essere seppelliti nel cimitero di Campobasso.
Tenuto conto che, come affermano, in una nota stampa Pilone, Cancellario e Tramontano, “da oltre due anni i residenti della frazione sollecitano l’Amministrazione comunale, affinché la stessa si adoperi per affrontare con solerzia la problematica e per evitare che i propri cari defunti siano sepolti lontano dalla comunità di appartenenza e considerato che il Comune avrebbe a disposizione all’interno del cimitero un’area di circa trecento metri quadri dove potrebbero essere realizzati 150 nuovi loculi sufficienti a soddisfare le esigenze della frazione per i prossimi venti anni con la certezza del rientro del capitale investito, la mozione fa voti affinché il sindaco e la Giunta si attivino nel più breve tempo per prevedere nel piano delle opere pubbliche interventi mirati di costruzione, utilizzando l’area a disposizione, e sufficiente a soddisfare le esigenze della popolazione ivi residente”.
La seconda mozione, invece, impegna l’amministrazione ad attivarsi nel più breve tempo possibile per ridare decoro e dignità al vecchio cimitero della Frazione sito in Contrada Cancello, garantendo una sistemazione degna e almeno un’adeguata recinzione che eviti l’ingresso non controllato di malintenzionati e di animali di qualsiasi genere pronti a saccheggiare e profanare l’area.
“Nonostante la presenza di decine di spoglie mortali all’interno – ha dichiarato il consigliere comunale di opposizione, Francesco PILONE – il luogo santo, edificato successivamente all’editto di Saint Cloud del 1804, è ormai ridotto ad un cumulo di macerie lasciate alle intemperie, a visite malintenzionate e alle razzie di animali domestici e selvatici che saccheggiano l’area. Risulta fondamentale garantire un’adeguata sistemazione del luogo ancora custode di feretri e spoglie anche in considerazione del fatto – ha concluso Pilone – che epidemie, terremoti, guerre e carestie, come hanno sostenuto più volte i residenti, non sono riusciti nel corso dei secoli a recidere il legame creatosi tra la popolazione stessa di Santo Stefano, il culto dei morti e il proprio territorio”.