Da simbolo dell’illegalità a messaggio civile e di inclusione. Può sintetizzarsi così il progetto del Comune di Campobasso volto alla riqualificazione per il riuso funzionale di un immobile sequestrato alle organizzazioni mafiose e approvato con delibera di giunta del 31 gennaio.
L’immobile in questione, entrato a far parte del patrimonio indisponibile dell’ente nel 2022, è un’abitazione civile sita in via Santa Cristina, nel pieno centro storico. Un modesto bilocale, con sottostante cantina, in evidente stato di abbandono e situato poco al di sotto del castello Monforte.
Dal punto di vista immobiliare nulla di eclatante, ma il messaggio che accompagna il progetto di riqualificazione è forte: dare nuova vita a uno spazio dove lo Stato non c’era per crearne uno dove respirare legalità e inclusione.
La riqualificazione dell’unità immobiliare, che rientra nel finanziamento del Ministero dell’Interno nell’ambito del PNRR Missione 5 Investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale, vedrà il consolidamento strutturale dell’abitazione (muratura portante e rifacimento del solaio) con un occhio attento alla sostenibilità energetica e ambientale. E’ previsto, infatti, il solo impiego di materiali da costruzione a zero impatto ambientale e l’uso di tecnologie sostenibili.
“Partiamo da questa ristrutturazione, che rappresenta il primo passo di un progetto più ambizioso”, afferma la sindaca di Campobasso Paola Felice. “L’obiettivo, al termine dei lavori di riqualificazione, è fare di questa piccola casa, situata nel cuore della Città, lemblema della legalità e dellinclusione. Il passo successivo, infatti, sarà quello di destinarla a sistemazione alloggiativa temporanea e del tutto transitoria, date le dimensioni ridotte, per persone in situazioni di emergenza abitativa; obiettivo dalla duplice valenza, da un lato, laspetto sociale, si offre
unabitazione a chi una casa non ce lha; dallaltro, il sottostante messaggio dirompente: la Città di Campobasso si riappropria di un bene frutto del lavoro sporco della mafia. Un riscatto per l’intera comunità campobassana dal quale far partire una piccola rivoluzione culturale, non più un bene confiscato, ma un bene restituito!”.