FABIANA ABBAZIA
Fa meno paura l’idea della centrale a biomasse in contrada Mascione a Campobasso. Sono addirittura gli ambientalisti ad essersi convinti del progetto durante la riunione di ieri sera, lunedì 21 aprile, avvenuta nella sala Mancini del Comune di Campobasso. Attorno al tavolo a chiedere chiarimenti oltre al responsabile della ditta Rg1, Antonio De Tata, i rappresentanti di Fare Verde, Legambiente e WWF, l’Isde – medici per l’ambiente, e gli esponenti dei comitati cittadini della zona di Mascione. A disertare l’incontro, invece, il comitato ‘No Biomasse’ che con la società ha preferito non avere alcun confronto.
Numerose le questioni tecniche e meno tecniche esaminate durante la riunione. In modo particolare De Tata, sollecitato dai dubbi degli ambientalisti ha chiarito la questione del “cippato” utilizzato dall’impianto. “Sarà – ha detto il responsabile dell’Rg1 – al 100 per cento di origine vegetale e di provenienza locale, ovvero derivante da un’area circoscritta a un raggio di 50 km dalla centrale”. De Tata si è poi soffermato anche su un altro aspetto sul quale le associazioni si sono delle preoccupate, ovvero la questione relativa all’impianto di cippaggio che appartiene a una società in provincia di Bari. “Si tratta di un aspetto – ha detto – che ha fatto molto clamore, ma è stato esclusivamente dettato dal fatto che in zona non ci sono impianti certificati”. Intanto, su questo punto l’auspicio della società e degli ambientalisti stessi, è quello di poter dar vita a strutture per il cippaggio in loco.
Altro aspetto importantissimo esaminato durante l’incontro di ieri i dati circa l’emissione di C02. Dati che la ditta si è impegnata a fornire al più presto ai presenti e che saranno oggetto anche dello screening che l’Arpa, nel giro di tre mesi, effettuerà sul progetto. Tuttavia, De Tata ha dato i primi numeri. “Le emissioni, da non confondere quelle derivanti dalla bruciatura, in quanto stiamo sempre parlando di un processo di pirolisi, – ha specificato il rappresentante della ditta – vanno da uno 0.8 per cento a un residuale massimo di un 3 per cento, quando il materiale è particolarmente umido, ma comunque sono dati irrisori se si pensa alle emissioni di biogas che arrivano anche a un 70 per cento”. Proprio su tale aspetto poi la richiesta avanzata da Legambiente e accolta dalla società è stata quella di poter rendere visibili in ogni momento, a impianto funzionante, i dati delle emissioni.
De Tata ha inoltre spiegato ai presenti come su quelli che potremmo definire gli ‘scarti’ dell’impianto siano in atto una serie di studi che dimostrano essere dei concimi eccezionali. “Ancora non siamo in grado di commercializzare questo prodotto, ma si tratta di un materiale che in Europa sarebbero disposti a pagarci dagli 80 ai 100 euro”.
Insomma un ‘tavolo’ per promuovere quella che De Tata stesso ha definito una sorta di ‘alfabetizzazione’ sulla materia. “Non nascondiamo che trarremo profitto da questo investimento – ha affermato – ma dal primo momento ci abbiamo messo la faccia, fateci presente tutte le criticità, ma non lasciateci addosso il concetto che inquiniamo”. Il rappresentante dell’Rg1 ha, inoltre, specificato come la certificazione di impianti simili sia arrivata dall’Università di Pisa e da quella di Padova.
Dunque, una serie di chiarimenti e garanzie, grazie alle quali l’impianto, su cui si è comunque in attesa di poter conoscere il responso dell’Arpa, sembra essere stato valutato in maniera favorevole dagli ambientalisti in quanto, come ha sottolineato il consigliere Cretella “va nella auspicabile direzione dell’efficientamento energetico, del drastico abbattimento dei consumi e della riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti nell’ambiente”.