Una passante riprende la parte finale della fuga di un pluripregiudicato e mette in rete il video senza, però, oscurare i volti dei tre agenti e del detenuto, così come di norma dovrebbe essere fatto. Il video diventa immediatamente virale e apre un vero e proprio caso mediatico portando delle conseguenze con da poco.
Uno dei tre agenti, che nel video sembra reagire con più veemenza verso il detenuto, è stato sospeso in via cautelativa dal servizio, aprendo un’inchiesta disciplinare che può arrivare a una destituzione dal servizio o portare ad una sospensione da 1 fino a 6 mesi dell’attività lavorativa, con la riduzione dello stipendio del 50 per cento o con sanzioni più lievi. Il detenuto in questione, come si evince, era di rientro dall’ospedale Cardarelli per una situazione di salute molto critica ed utilizzava le stampelle perché, a quanto pare, non era in grado di deambulare da solo. Nonostante tutto, l’uomo avrebbe usato le stesse stampelle come armi verso gli agenti per darsi alla fuga. Fuga conclusasi a pochi metri dopo l’intervento dei tre agenti di Polizia.
L’episodio della tentata evasione di Campobasso oltre ad aver creato diverse linee di pensiero nell’opinione pubblica ed essere diventato un caso mediatico di attenzione nazionale, porta alla luce la situazione di collasso in cui operano gli agenti ogni giorno, tra carenze strutturali e organiche, da anni denunciate dai vari sindacati di Polizia Penitenziaria.
Analizzando nello specifico la situazione in Molise, si parte da un dato fulcro: secondo i dati aggiornati al 31 gennaio 2019 dal Ministero della Giustizia, nei tre Istituti di sicurezza presenti in regione (Campobasso, Larino e Isernia) la capienza totale dovrebbe essere di 270 detenuti a fronte, invece, dei 377 attuali, di cui 118 sono di nazionalità straniera. Si parla di un grave sovraffollamento che, solo in Molise, conta ben 107 detenuti in più rispetto alla reale portata della struttura.
Il problema del sovraffollamento innesca a catena una serie di altri problemi presenti nelle carceri. È recente la denuncia mossa dall’Uilpa, a luglio del 2018, dopo dei sopralluoghi fatti nelle strutture di Campobasso ed Isernia, di fronte a Istituti in cui le stesse mura di cinta non sono state dichiarate agibili.
Alla carenza strutturale si aggiunge la carenza del personale che opera nelle carceri e che non è proporzionale ai detenuti presenti. Di fronte al sovraffollamento delle carceri, la legge Madia ha risposto con un taglio di 4 mila unità nazionali. A causa del taglio netto nell’organico, sia a Campobasso che a Isernia gli agenti di Polizia anziché lavorare su quattro turnazioni di lavoro, sono costretti a lavorare su tre, rendendo il lavoro ‘straordinario’ una situazione di ordinaria quotidianità. Da recenti lamentele segnalate dai sindacati, in riferimento proprio al personale di Polizia di Isernia, molte delle ore di lavoro straordinario compiute dagli stessi agenti non sono state pagate ma bensì accantonate
A queste problematiche si sommano altre ancora che vanno dall’inadeguatezza dei mezzi di trasporto di cui dispone la Polizia Penitenziaria, su 150 detenuti presenti nel carcere di Campobasso, sono solo 8 gli agenti che si occupano del servizio di trasporto, fino al drastico taglio al servizio sanitario presente nelle carceri. Nell’Istituto di Isernia, ad esempio, dopo le ore 20 non è più presente il servizio di guardia medica. Questo comporta che, se un detenuto avrà bisogno con urgenza di questo servizio oltre quest’orario, dovrà essere trasferito in Ospedale ogni volta, con tutti i rischi che “un’uscita” comporta per gli agenti, così come è stato evidente nel caso di Campobasso.
Una situazione di vero collasso strutturale e organica che porta, in situazioni estreme, anche a non sostenere il carico e lo stress lavorativo e a compiere gesti estremi, così come si evince dal report di Ristretti Orizzonti che ha condotto uno studio sulla serie storica che va dal 1997 al 2018 dei suicidi avvenuti nel Corpo di Polizia Penitenziaria.
Maria Cristina Giovannitti