Dalla radio ‘pirata’ a quella libera: a Riccia per tre giorni si è ripercorsa la storia di uno strumento di comunicazione che resiste alle logiche della tecnologia

Alcuni dei protagonisti della tre giorni di dibattito sulla nascita delle radio libere in Molise

Amo la radio libera… perché libera la mente”: le bellissime parole della canzone storica di Eugenio Finardi hanno fatto da leitmotiv a Riccia al dibattito sulla nascita delle radio libere.

Un dibattito acceso, costruttivo, di qualità sull’essenza, sui valori, sulla storia e sulla rivoluzione delle radio libere. Un confronto di idee, opinioni, racconti, riflessioni, aneddoti, condito dalle parole nostalgiche ma anche attuali di Carlo Ferrante, speaker e fondatore di Radio Luna, dalle parole propositive di Filomena D’Ancona, direttore di Radio Luna, dalle parole analitiche del professor Ivo Germano, docentedell’Università degli Studi del Molise, dalle parole equilibrate e allo stesso tempo profonde di Antonio Santoriello, consigliere comunale del Comune di Riccia con delega alla cultura, organizzatore dell’evento.

Un evento di tre giorni, dal 21 al 23 agosto, con cui Riccia ha voluto festeggiare il compleanno delle radio libere. Si perché fino alla metà degli anni Settanta aprire una radio in Italia non era consentito. Le poche radio che trasmettevano lo facevano a bordo di pescherecci ancorati in acque internazionali, ed erano considerate radio ‘pirata’. Fino al 1976, quando la legge ha dato il via libera alla radiofonia privata in Italia. Negli anni successivi anche in Molise venivano fondate le prime radio private: Radio Video Matese a Ferrazzano, Radio Campobasso e Radio Luna a Campobasso, CBR Radio a Riccia, TRT a Termoli.

Il sindaco Micaela Fanelli ha alzato il sipario dell’evento, ricordando come “le radio libere hanno fatto un pezzo della recente storia italiana e locale. Con grandissima gioia siamo stati insieme a Riccia per questo evento, e il grande merito di una simile memoria e capacità di approfondire il tema è di Santoriello. Un forte grazie a lui. Un grande lavoro di originalità, perché abbiamo dato vita a riflessioni culturali sulla nostra comunità ma anche più in generale a livello nazionale. Affetto, emozioni – ha continuato Fanelli – abbiamo ricordato anni meravigliosi, anni di grandi cambiamenti, crescita e di rivoluzione, anni accompagnati da persone che non ci sono più ma a cui abbiamo voluto molto bene. Ne conserviamo ancor oggi la loro vitalità. Giovani che hanno messo in piedi le tre radio libere di Riccia. Persone di freschezza e di rinnovamento, in grado di lasciare la capacità di non banalizzare, di rinnovare, che è un’altra grande eredità delle radio libere. Per noi tutto questo è memoria, ricordo, riflessione, è specchio di questa società locale e nazionale, ma soprattutto motivo di comunità e amicizia”.

È intervenuto anche il consigliere regionale con delega alla Cultura, Nico Ioffredi, ricordando “la capacità da parte delle radio di far partecipare, di creare un’interazione tra i conduttori e le persone, e questo all’epoca era qualcosa di strano, di destabilizzante, regalava emozioni incredibili. Che però aveva il poter di farti dire: sì, anch’io ho la possibilità di parlare, c’è spazio anche per me. Ognuno poteva dire la propria. Ecco, l’interazione tra chi trasmetteva e chi ascoltava è nata così”.

Il professor Germano, con un intervento di grande spessore, ha evidenziato come “le radio libere sono un momento esistenziale prima che sociale. Sono un momento in cui i media non sono più una rigida struttura di massa, ma si aprono a quello che adesso è ormai dato per scontato, cioè la (finta) bidirezionalità dei social media, la mobilità, la possibilità di entrare in contatto ovunque. Ecco, le radio libere sono una rottura generazionale. Radio libera vuole dire anarchica, amatoriale, anche sconclusionata, ma libera. Cioè faceva ascoltare un modo di verso di fare politica, penso a RadioRadicale, di fare musica, di fare sport, di fare cultura giovanile. Una libertà che era anche sperimentale, esistenziale, dove la comunicazione diventava flusso. Le radio libere hanno ridato territorio all’extraterritorialità. E – ha sottolineato Germano – sono ancora oggi l’unico esempio in Italia di comunicazione reale dal basso”.

A condire il convegno, nel quale gli addetti ai lavori hanno dibattuto sul fatto se esistano ancora radio libere o si tratta di radio commerciali, sostanzialmente ‘omologate dalla distribuzione’, gli interventi carichi di sentimento di Carlo Ferrante e Filomena D’Ancona, con un flusso di ricordi, di racconti, di memoria di personaggi che hanno fatto la storia delle radio molisane, dalle origini con i primi jingle e le prime radio ‘pirata’, fino ai giorni nostri.

A concludere le testimonianze di speaker di una volta e di oggi. Tra questi Pietro Rama, Giuseppe Pittà, Gino Forte, con un intervento critico e intenso, Mariarosaria Mignogna, che ha lavorato a Radio Venere di Riccia e a Radio Luna, e Pasquale Mancino che ha raccontato con parole toccanti la nascita della radio CBR Riccia: “Volevamo dare voce alla voce. Siamo nati con un’antennina su un balcone, una radio pirata. Cominciamo a trasmettere senza sponsor o altro, senza regia, la nostra mente partiva libera. E voleva restare così”. Con l’aneddoto finale che ha sorpreso tutti. “CBR significa Cumme e Bella a Riccia”. A calare il sipario, Antonio Santoriello, il quale ha sottolineato che dall’incontro sono “risultati chiari alcuni fattori che sono stati alla base della voglia di fondare radio, fattori che sono stati sintetizzati nelle tre parole, ripetute un po’ da tutti gli intervenuti, che hanno rappresentato e rappresentano ancora oggi i pilastri fondanti di ogni radio, sia essa pirata, privata, libera o commerciale: passione, complicità e fatica”.

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