CRISTINA SALVATORE
È la triste storia malinconica di un catamarano che non ha mai “spiccato il volo”. Non ha mai visto terre lontane e non è mai stato abitato da nessuno, a parte cozze e blattelle.
Destinazione “Croazia”, dicevano. Invece è lì che giace dormiente in attesa del bacio di un Califfo che possa riportarlo in vita e garantirgli un’esistenza degna del suo peso in stallo.
Non è una fiaba ma la triste storia di un mezzo di trasporto in mare costato ben 8 milioni di euro alla Regione Molise.
Hanno cercato di rivenderlo in una prima asta per la modica cifra di 2 milioni e 216 mila euro, ma quando gli acquirenti hanno sospettato che andasse ad olio di palma, la transazione fallì.
C’hanno riprovato il 29 settembre di questo stesso anno, per un milione e 883 mila euro scarsi, ma la situazione non è cambiata di una virgola. Adesso stanno provando con il “se prendi due confezioni di tonno al naturale nelle botteghe artigiane molisane, in omaggio avrai il ‘Termoli Jet’, e si spera di concludere l’affare”.
Al momento il relitto è in balìa di turisti pentri che si scattano “selfie” così come accadde alla Costa Concordia. Lì però fu un disastro in termini di vite umane; qui un disastro in termini di tasse molisane.
Complice anche la concorrenza di porti più esperti e blasonati come quello di Ancona, Pescara, Bari e Brindisi, si può ben intendere che il progetto di intensificare il turismo attraverso l’offerta di un servizio con destinazione unica (a prezzi meno vantaggiosi), sia stato efficace quanto il limite di velocità imposto sulla Bifernina per evitare incidenti.
Che, se vogliamo dirla tutta, uno potrebbe chiedersi perché mai dalla Campania, dal Lazio, dalle Marche, dall’Abruzzo e dalla Puglia, dovrebbe esistere anche solo una specie di uomo evoluto e acculturato disposto a perdersi per strade dissestate e collegate malissimo allo scopo di pagare un imbarco ad un prezzo leggermente superiore rispetto all’offerta di un mercato navigato e attrezzato in regioni limitrofe!?!
La soluzione più illuminata potrebbe essere quella di trasformare il relitto in un ristorante caratteristico sul porto di Termoli, con insegna “adesso mangiamo noi che abbiamo già pagato”, ma l’idea potrebbe sembrare alquanto indigesta agli occhi di chi ancora sta aspettando l’affare imperdibile “prendi due e paghi… tre volte il peso specifico moltiplicato per sempre e i cocci sono i tuoi”.