Che i social network siano un grandissimo e potente mezzo di comunicazione 2.0, non è una scoperta recente. Che siano utili ma, se usati male, persino pericolosi, neanche. Tutto sta nel metterci dentro una cospicua dose di responsabilità e purtroppo in alcuni casi è molto facile cadere in errore e trasformare una grande opportunità in uno sconfinato svantaggio.
Per capirne di più occorre tornare indietro, precisamente al concerto evento del rocker “spericolato”,Vasco Rossi, tenutosi la sera di sabato 1° luglio al Modena Park.
La prima rete di Stato manda tutto in diretta e le riprese mostrano una folla oceanica che parte dai piedi del palco e finisce dentro le case degli italiani. Vasco Rossi ha fatto il colpaccio. Probabilmente l’hanno pensato un po’ tutti che ci fosse più gente lì che davanti ai buffet matrimoniali dalla Puglia in giù.
A quel punto un tweet di Francesco Facchinetti, personaggio noto nel Belpaese per aver cambiato più lavori che mutande (da disc jockey a cantante, conduttore televisivo, produttore discografico e imprenditore italiano, nonché figlio di Roby Facchinetti, tastierista dei Pooh), arriva a mettere in discussione la dignità di molti abitanti della ventesima regione d’Italia grazie ad una semplice ed elementare battuta: “c’è più gente al Modena Park che in Molise”. Fine. Ora, cosa possa esserci di offensivo in un tweet del genere non si è ben capito ma potrebbe essere tranquillizzante sapere che dalla Svizzera già sono partiti i cani molecolari per ritrovare una parvenza di offesa nascosta tra una consonante e l’altra. Se avesse detto “ci sono più pirla da Vasco che in Molise”, se ne sarebbe potuto parlare. Ma in definitiva l’ex Dj ha voluto giocare (come tanti tra l’altro) sulle dimensioni di una regione oggettivamente piccina per volontà di “Madre Cartina Geografica”.
Un notizione, questo, che è stato riportato anche da buona parte della stampa locale che, in qualche caso, ha tenuto a sbattere sotto il naso del “figlio di uno dei Pooh” il numero reale degli abitanti registrati in Molise: dal calcolo matematico, Facchinetti avrebbe sottratto almeno centomila anime ad una terra che purtroppo conta più anziani che bambini. Quindi, in poche parole, questa storia dovrebbe insegnare una lezione importante a coloro che hanno a cuore il futuro dell’ ironia: ogni volta che verrà in mente una battuta leggera da pubblicare, sarà necessario effettuare prima una ricerca accurata, avvalendosi di fonti attendibili, e poi contattare l’Istituto Nazionale di Statistica. In ultimo, convocare un tavolo tecnico, con tutte le autorità politiche operanti sul territorio, per un confronto incrociato. Da oggi in poi modi di dire come “non hai peli sulla lingua” non saranno più ammessi senza specificare il numero dei peli mancanti, la rispettiva lunghezza e il diametro del bulbo.
L’espressione “sei lento come una lumaca” dovrà essere accompagnata da una chiosa in cui sia ben distinguibile la specie di lumaca, se con o senza casa, se di terra o di mare e la dimensione effettiva del singolo invertebrato. Ma la parte migliore deve ancora arrivare perché dire ad un molisano che la sua terra non è grande quanto l’Emilia Romagna, può essere addirittura pericoloso. Più infelice dell’uscita (a questo punto infelice) di Facchinetti c’è solo il delirio di chi si prende troppo sul serio. Di chi si difende attaccando. E quindi sono volati insulti pronti a colpire ed affondare il Capitano Uncino: “polentone”, “figlio di papà”, “non sei nessuno”, “c’è più gente al Modena Park che neuroni nella tua scatola cranica” e via così, fino ad obbligare il povero sprovveduto Dj a chiarire la questione con un sommesso e pacificatore “dite la verità, già non vi ero simpatico, ma il Molise mi piace e quest’anno verrò in vacanza lì”.
A questo punto è possibile riagganciarsi alla considerazione iniziale, ovvero quanto possano essere pericolosi i social se utilizzati per dar sfogo a frustrazioni personali e aggressività repressa. Perché se la frase innocua di Dj Francesco a qualcuno può essere parsa poco felice, la reazione spropositata e aggressiva di qualche molisano castigato non è sembrata infelice: lo è.
La brutta figura al Molise non l’ha fatta fare Facchinetti ma chi si è permesso di insultare a titolo gratuito poiché incapace di incassare una boutade, sprovvisto di autoironia, la stessa che non è mancata a chi ha messo in piedi un libro pieno zeppo di battute e aneddoti esilaranti sulla regione che non c’è, regalandole fama, frizzo e leggerezza. Perché, in fondo, i molisani hanno già tanti problemi, che partono dalla stazione in Piazza Cuoco per arrivare al Terminal Bus; che girano tra reparti ospedalieri chiusi e file interminabili per prenotare una visita che non faremo mai. Viviamo nel mezzo delle montagne chiusi dentro nove mesi di gelo, collegati male e costretti a sacrifici mortali per trovare un lavoro onesto.
Insomma, siamo già abbastanza sfigati che dovremmo puntare tutto sulla simpatia per renderci interessanti e invece puntualmente, per una manica di irascibili che alzano la voce sui social, a farne le spese è la reputazione di una popolazione intera che, in larghissima parte, è composta da gente educata, gentile, ironica, impegnata e silenziosa. Se si potesse trasformare in rumore il silenzio di tutti quelli che non hanno dato peso al tweet di Facchinetti, quello delle voci stridule dei leoni da testiera non lo avrebbe udito mai nessuno.