Impara l'arte con... CBlive e Sergio Marchetta Archivi - CBlive https://www.cblive.it/category/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta La città di Campobasso in diretta Mon, 23 Dec 2024 17:14:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.1 https://www.cblive.it/wp-content/uploads/2018/01/cropped-android-icon-144x144-32x32.png Impara l'arte con... CBlive e Sergio Marchetta Archivi - CBlive https://www.cblive.it/category/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta 32 32 Campobasso: serbatoi chiusi di notte anche a Natale, “acqua insufficiente” https://www.cblive.it/cronaca/campobasso-serbatoi-chiusi-di-notte-anche-a-natale-acqua-insufficiente.html https://www.cblive.it/cronaca/campobasso-serbatoi-chiusi-di-notte-anche-a-natale-acqua-insufficiente.html#respond Mon, 23 Dec 2024 17:14:01 +0000 https://www.cblive.it/?p=132965 La richiesta della sindaca di Campobasso, Marialuisa Forte, di sospensione temporanea della chiusura notturna dei serbatoi durante le festività, al fine di venire incontro alle esigenze dei gestori dei locali, delle attività ricettive e delle famiglie, non è stata accolta da Molise Acque “a causa della quantità insufficiente di acqua disponibile”. “Comprendo e condivido le …

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La richiesta della sindaca di Campobasso, Marialuisa Forte, di sospensione temporanea della chiusura notturna dei serbatoi durante le festività, al fine di venire incontro alle esigenze dei gestori dei locali, delle attività ricettive e delle famiglie, non è stata accolta da Molise Acque “a causa della quantità insufficiente di acqua disponibile”.

“Comprendo e condivido le motivazioni a supporto della richiesta – scrive il presidente Sabatini alla sindaca Forte – Qualora ci dovessero essere sviluppi tesi al soddisfacimento di quanto richiesto sarà cura dello scrivente informarla tempestivamente”.

Nel frattempo, Grim ha comunicato le chiusure dei serbatoi per i prossimi giorni. Anche durante le festività, i serbatoi di Cesa Alto e Calvario resteranno chiusi nelle seguenti fasce orarie:

  • -dalle ore 24:00 del 23 dicembre alle 6:00 del 24 dicembre;
  • dalle ore 24:00 del 24 dicembre alle 6:00 del 25 dicembre;
  • dalle ore 24:00 del 25 dicembre alle ore 6:00 del 26 dicembre;
  • dalle ore 24:00 del 26 dicembre alle ore 6:00 del 27 dicembre.

Il serbatoio di Cese Basso sarà chiuso solo dalle ore 24:00 di oggi 23 dicembre alle ore 6:00 di domani 24 dicembre. Mentre resterà sempre aperto quello di Monforte.

Intanto da una relazione dei tecnici di Idrosfera Ingegneria, che hanno controllato la qualità dell’acqua dopo le segnalazioni di cattivo odore proveniente dai rubinetti di numerose abitazioni del centro città, emerge che il fenomeno di alterazione della qualità dell’acqua è la conseguenza dello svuotamento delle reti durante le chiusure notturne.

“Questo fenomeno – si legge nella relazione resa nota durante l’ultima riunione tenutasi all’Asrem il 20 dicembre – era stato previsto già nel mese di luglio scorso, quando la nostra Società aveva avvertito che le chiusure delle reti avrebbero potuto causare tali problemi. Il 3 ottobre 2024, durante l’unico tavolo con tutte le autorità, il Gestore Grim ha condiviso con i presenti il nostro documento in cui si affermava che “l’erogazione discontinua può compromettere la qualità dell’acqua distribuita””.

“L’acqua che presenta odori – si legge ancora nel rapporto di Idrosfera – proviene con ogni probabilità da impianti privati, per ragioni già riferite molte volte. È poco probabile che il fenomeno sia causato da ingressi in rete attraverso rotture esistenti di acque sporche che ristagnano nel sottosuolo stradale, poiché il ristagno di una notevole quantità di acqua nel sottosuolo è molto improbabile. Il sottosuolo stradale drena molto bene, tanto che neanche le perdite di grande entità affiorano”.

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Campobasso, nasconde hashish e cocaina sotto il sedile del figlio: corriere della droga arrestato dalla Polizia https://www.cblive.it/cronaca/campobasso-nasconde-hashish-e-cocaina-sotto-il-sedile-del-figlio-corriere-della-droga-arrestato-dalla-polizia.html https://www.cblive.it/cronaca/campobasso-nasconde-hashish-e-cocaina-sotto-il-sedile-del-figlio-corriere-della-droga-arrestato-dalla-polizia.html#respond Mon, 23 Dec 2024 16:47:33 +0000 https://www.cblive.it/?p=132956 Viaggiava con il figlio minorenne per tentare di eludere i controlli, ma il suo stratagemma non è bastato. Nella mattinata del 20 dicembre, gli agenti della Squadra Mobile hanno arrestato un uomo partenopeo, già noto alle forze dell’ordine per numerosi precedenti legati allo spaccio di droga. Il corriere della droga era appena arrivato a Campobasso …

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Viaggiava con il figlio minorenne per tentare di eludere i controlli, ma il suo stratagemma non è bastato. Nella mattinata del 20 dicembre, gli agenti della Squadra Mobile hanno arrestato un uomo partenopeo, già noto alle forze dell’ordine per numerosi precedenti legati allo spaccio di droga.

Il corriere della droga era appena arrivato a Campobasso dalla Campania con l’obiettivo di rifornire il mercato locale di sostanze stupefacenti. Durante la perquisizione del veicolo, i poliziotti hanno scoperto sotto il sedile occupato dal bambino alcuni pacchetti sigillati contenenti circa 400 grammi di hashish e 100 grammi di cocaina. La droga, pronta per essere immessa sul mercato, ha un valore complessivo di quasi 15mila euro.

Indosso all’uomo sono stati trovati inoltre 600 euro in contanti, ritenuti provento dell’attività illecita. Il corriere è stato immediatamente arrestato e, su disposizione del Pubblico Ministero di turno, trasferito in carcere in attesa dell’udienza di convalida.

Il grave episodio sottolinea ancora una volta l’importanza del lavoro costante delle forze dell’ordine nel contrastare il traffico di droga e garantire la sicurezza della comunità, soprattutto in un periodo particolarmente sensibile come quello natalizio.

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In vista del Capodanno, intensificati i controlli: una tonnellata di fuochi d’artificio illegali finisce sotto sequestro a Matrice https://www.cblive.it/cronaca/in-vista-del-capodanno-intensificati-i-controlli-una-tonnellata-di-fuochi-dartificio-illegali-finisce-sotto-sequestro-a-matrice.html https://www.cblive.it/cronaca/in-vista-del-capodanno-intensificati-i-controlli-una-tonnellata-di-fuochi-dartificio-illegali-finisce-sotto-sequestro-a-matrice.html#respond Fri, 20 Dec 2024 10:54:46 +0000 https://www.cblive.it/?p=132896 Con l’avvicinarsi delle festività di Capodanno, in tutta la provincia sono stati intensificati i controlli sulla produzione, il commercio e la detenzione di articoli pirotecnici. Le attività, coordinate dalla Questura e stabilite dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, mirano a garantire il rispetto della normativa vigente e la sicurezza dei cittadini. Nell’ambito …

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Con l’avvicinarsi delle festività di Capodanno, in tutta la provincia sono stati intensificati i controlli sulla produzione, il commercio e la detenzione di articoli pirotecnici. Le attività, coordinate dalla Questura e stabilite dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, mirano a garantire il rispetto della normativa vigente e la sicurezza dei cittadini.

Nell’ambito di queste operazioni, il pomeriggio del 18 dicembre, gli uomini della Squadra Amministrativa, con il supporto della Squadra Mobile e delle Volanti, hanno sequestrato oltre 10 quintali di fuochi d’artificio illegalmente detenuti in un negozio di generi alimentari a Matrice.

Un arsenale nascosto in un magazzino al centro del paese

L’operazione ha avuto inizio con il ritrovamento, all’interno dell’esercizio commerciale, di alcuni articoli pirotecnici esposti che non potevano essere venduti. Da qui, i poliziotti hanno proceduto con una perquisizione più approfondita, estendendola al deposito utilizzato dal titolare del negozio. Nel magazzino è stato scoperto un vero e proprio arsenale: 200 batterie di razzi per un totale di circa 20.000 colpi e 120 candele romane.

La situazione si è rivelata particolarmente pericolosa poiché il materiale esplosivo era custodito nel seminterrato di un edificio di due piani, situato nel centro del paese. Un’eventuale esplosione avrebbe potuto coinvolgere l’intera struttura, con gravi conseguenze anche per le abitazioni vicine.

Denuncia e messa in sicurezza

Il titolare del negozio, privo della licenza prefettizia necessaria per il commercio di articoli pirotecnici, è stato denunciato per detenzione abusiva e omessa denuncia di materie esplodenti. Gli agenti hanno provveduto a mettere in sicurezza il materiale sequestrato, il cui valore supera i 50.000 euro.

Il sequestro più grande degli ultimi 20 anni

L’operazione rappresenta il più grande sequestro di fuochi d’artificio nella provincia di Campobasso negli ultimi 20 anni. Le Forze di polizia proseguiranno nei prossimi giorni con ulteriori controlli, per assicurarsi che le festività possano trascorrere in piena sicurezza e nel rispetto delle norme.

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Questa sera il vescovo svelerà il busto di San Cristanziano https://www.cblive.it/cultura/questa-sera-il-vescovo-svelera-il-busto-di-san-cristanziano.html https://www.cblive.it/cultura/questa-sera-il-vescovo-svelera-il-busto-di-san-cristanziano.html#respond Wed, 12 May 2021 06:00:12 +0000 https://www.cblive.it/?p=104126 Il patrono per anni senza una statua Sorte ambigua e triste ha avuto finora Cristanziano, raro esempio di Santo Patrono cui da secoli non gli si dedica una statua che, idealmente, lo raffiguri. Pare infatti che nel 1610 un grave incendio abbia devastato la chiesa madre di Agnone e con essa l’altare del Santo Protettore. Agnone rimase dunque …

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Il patrono per anni senza una statua

Sorte ambigua e triste ha avuto finora Cristanziano, raro esempio di Santo Patrono cui da secoli non gli si dedica una statua che, idealmente, lo raffiguri. Pare infatti che nel 1610 un grave incendio abbia devastato la chiesa madre di Agnone e con essa l’altare del Santo Protettore. Agnone rimase dunque priva di un’ effige che ricordasse il suo Santo Maggiore fin quando, in un momento di gravi tensioni sociali, i fedeli pretesero un simulacro a cui porre consigli e rivolgere preghiere. Si giunse ad un accordo: i parrocchiani avrebbero ottenuto una statua dismessa, custodita presso la chiesa di San Pietro Celestino a Maiella, presumibilmente raffigurante san Benedetto.

Finalmente il monumento

Attraverso poche modifiche, quelle suggerite dai devoti cui il Santo era venuto in sogno nella stessa notte, Cristanziano ebbe il suo monumento dove compare con barba, manto rosso , croce, mitra, pastorale e palma dei martiri. Del resto, del diacono nato e decapitato ad Ascoli, poco si sapeva( e si sa) e quel poco deriva dalle conoscenze agiografiche del più noto vescovo Emidio, suo maestro di Fede, unito nel martirio avvenuto sotto Massenzio, durante la persecuzione di Diocleziano. Siamo intorno al 13 maggio del 310 e Cristanziano aveva circa 30 anni. Il culto per i due santi giunge ad Agnone nel medioevo quando si saldano i rapporti commerciali con la città di Ascoli.

Migliaia di pellegrini ad Agnone

Fino a 50 anni fa le celebrazioni per il Santo Patrono, sontuose e partecipate, richiamavano migliaia di pellegrini da tutto il territorio. Prevedevano lunghe preparazioni spirituali, la sosta presso la Chiesa madre e la processione delle statue di tutti i santi titolari delle 13 parrocchie di Agnone. Con la prima festa di Primavera, il 13 di maggio, insieme al Santo si festeggiava la “bella Stagione” e si implorava una benedizione corale sul raccolto esattamente come, millenni prima( e lo troviamo inciso nel bronzo della Tavola Osca) si invocava la benignità di tutte le divinità agresti venerate nelle terre dei Sanniti. La processione giungeva fino alla chiesa più remota, quella di Maiella, per consentire al santo celato sotto il rosso manto di Cristanziano, di salutare la statua di sua sorella, santa Scolastica, rimasta lì.

Fiere e feste popolari

Vi erano feste popolari e la “fiera grossa” col mercato dei grandi animali. E’ evidente una fede popolare tipica delle comunità agro-pastorali che assurge a Patrono del paese un Santo che ha potere sulle forze della natura, che protegge dai danni della grandine, dei fulmini e delle tempeste, oltre che delle umane discordie. Non è una caso che, dal medioevo ad oggi, identiche implorazioni ricorrono sulle figlie della stessa terra, le campane, cui è dato analogo potere divinatorio (fulgura frango, dissipo ventos, placo cruentos…).

Il talento di un’artista locale

Natura e fede si legano nuovamente al bronzo con la realizzazione di un progetto mirato a dotare la chiesa di S. Marco di un’opera d’ arte unica sul territorio e doverosa per onorare il suo Santo: un busto bronzeo che lo ritrae giovanile, con la barba, la mitra e gli attributi caratteristici. Per la realizzazione di questa scultura, nelle dimensioni naturali come per i classici busti seicenteschi, ci si è avvalsi del grande talento di un artista DOC che, nonostante la sua giovane età, non è più una promessa ma da tempo uno scultore esperto ed affermato che ha firmato molti monumenti collocati in luoghi molto prestigiosi, Ettore Marinelli. Nel campo dell’ arte egli è l’erede della dinastia dei fonditori Marinelli, famosi produttori di campane che radicano la loro storia già nel medioevo.

Il nuovo Comitato “Pro S. Cristanziano”

Da qualche anno un nuovo Comitato “Pro S. Cristanziano” si è attivato con fede e passione per riaccendere il culto che stava via- via scemando. Lo fa contribuendo alla sua conoscenza con la distribuzione nelle scuole di un fumetto che lo presenta ai giovanissimi, con la riorganizzazione dell’area degradata antistante la chiesa, con l’organizzazione di incontri ed il recupero di beni e anche attraverso la ripresa di una festa popolare. Così anche l’antico sogno del vecchio parroco, il defunto don Alessandro Di Sabato, e della vecchia Amministrazione Comunale guidata dall’ex sindaco Lorenzo Marcovecchio, ha visto la sua realizzazione. La sera della vigilia di S. Cristanziano, oggi 12 maggio, il vescovo della Diocesi, S.E. Claudio Palumbo, svelerà il busto del Santo che rimarrà sull’altare per la sua festa per essere ammirato e venerato da tutti i fedeli. A nome dei concittadini, come da tradizione, il sindaco della città Daniele Saia deporrà alla sua base, in segno di devozione, le chiavi di Agnone.
Per la realizzazione dell’opera si è provveduto ad una raccolta di denaro e di argento per la fusione del pastorale e della palma del martirio. Infatti tutto l’argento donato dai parrocchiani è stato fuso per crearne accessori bellissimi e preziosi, arricchiti dalla fede e dal sentimento dei devoti. Nei giorni della Festa la mitra in bronzo sarà ricoperta da quell’ autentica, finemente sbalzata in argento dai raffinatissimi orafi locali , facente parte dell’antico corredo del Santo. Ettore Marinelli ha impiegato circa un anno di lavoro, sempre attento al giudizio del parroco don Onofrio Di Lazzaro, perché consapevole di una responsabilità straordinaria, quella di idealizzare volto ed espressione del ”cittadino” più eminente di Agnone che non ha altra iconografia oltre a quella nascente. ​
La statua è stata interamente ideata, progettata, disegnata e plasmata in argilla dal noto artista molisano, rifinita in cera , fusa in bronzo con la tecnica millenaria della “cera persa”, infine accuratamente cesellata. Si è preferito riservare tutto l’argento raccolto per gli accessori fusi a pieno peso tralasciando l’iniziale progetto di bagnare interamente il busto perché la copertura vela i particolari e l’espressività del volto. Se è vero che la fede non ha bisogno di idoli è pur vero che da sempre l’arte ne è stato veicolo, l’ha espressa ed alimentata. Il sentimento religioso reso artisticamente è il segno più alto che l’uomo abbia mai lasciato sulla Terra.
Carola Pulvirenti

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‘Impara l’arte’ presenta Sara Petrella: la vita nella capanna dell’arte https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-sara-petrella-la-vita-nella-capanna-dellarte.html https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-sara-petrella-la-vita-nella-capanna-dellarte.html#respond Mon, 16 Nov 2015 07:27:22 +0000 https://www.cblive.it/?p=31470 Oggi è uno di quei giorni in cui esci di casa con la giacca pesante e poi ti accorgi che un sole inaspettato ti fa venir voglia di metterti leggero; oggi è uno di quei giorni in cui arrampicarsi lungo le scalinate del centro storico di Campobasso è più che mai un piacere sotto l'azzurro, soprattutto perché sto per incontrare una giovane donna che si racconterà attraverso la passione, l'arte, i sogni: Sara Petrella.

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Sergio Marchetta con Sara Petrella
Sergio Marchetta con Sara Petrella

SERGIO MARCHETTA

Oggi è uno di quei giorni in cui esci di casa con la giacca pesante e poi ti accorgi che un sole inaspettato ti fa venir voglia di metterti leggero; oggi è uno di quei giorni in cui arrampicarsi lungo le scalinate del centro storico di Campobasso è più che mai un piacere sotto l’azzurro, soprattutto perché sto per incontrare una giovane donna che si racconterà attraverso la passione, l’arte, i sogni: Sara Petrella.

Come si definisce Sara? Pittrice, violinista, attrice? “Sono una ragazza con tanta voglia di esprimermi attraverso il talento che ho coltivato nel corso degli anni: la pittura, il disegno, la musica. Nonostante alcune scelte e situazioni mi abbiano parzialmente allontanata dal percorso che avrei voluto intraprendere. Subito dopo la Laurea ho intenzione di iscrivermi all’Accademia di Belle Arti per riuscire finalmente a tirare fuori tutte le mie capacità artistiche per poterle esprimere fino in fondo”.

Quando crei la tua arte ti senti sempre ispirata oppure l’estemporaneità può giocare un ruolo importante? “L’arte può essere un bisogno impellente come anche necessità di progettare. Non esiste una regola”.

Tu non ti identifichi solo con la pittura; infatti negli ultimi anni ti sei accostata anche al teatro, in particolare al musical. Il mio avvicinamento al teatro è stato in qualità di assistente alla scenografia al fianco di Lara Carissimi fino a quando – per una serie di eventi –  mi sono ritrovata sul palcoscenico in un ruolo del musical “La Bella e la Bestia” prodotto dall’Associazione Ouverture: sicuramente un impatto forte ma assolutamente adrenalinico e divertente. In seguito ho preso parte come comparsa nello spettacolo teatrale “Fonzo e Delicata” e al teaser de “La leggenda di Delicata Civerra”.

L’arte nasce “da dentro” o è frutto di insegnamento? “La passione per il disegno e la musica sono state sempre parte di me. Certo, si possono avere doti innate ma il livello artistico nella musica è il risultato di studio e formazione. Per quanto riguarda il disegno, invece, penso che sia un pò differente: il punto di partenza è una manualità assolutamente innata. Tuttavia, in entrambi i casi, la tecnica è imprescindibile”.

Quando lavori su commissione ti senti limitata nell’esprimerti? “Assolutamente no. Anche in quel caso esercito la mia inventiva personale, il mio gusto, la mia libertà artistica che rende riconoscibile la mia mano già dall’utilizzo dei colori”.

Quanto sei curiosa? “Molto. Di conoscere, di crescere”.

Sogni mai ad occhi aperti? “Sempre con aspettative diverse e senza cedere a false illusioni. Il mio sogno oggi è iscrivermi in Accademia e formarmi nel disegno. Scegliere di essere artisti appare come una decisione lontana dal mondo del lavoro in senso stretto e questo rende tutto ancora più difficile”.

Qual è il segreto che rende l’arte un mezzo di comunicazione? “Trasmettere emozioni, colori, suoni. Provare ad arrivare alla mente e al cuore per restare nei ricordi”.

Che valore ha l’applauso del pubblico? “Uno spettatore che applaude è una persona a cui l’artista ha dato ciò che egli cercava”.

Ti sei lasciata coinvolgere in diverse iniziative legate alla tua terra, alle tradizioni, alla storia popolare: quanto sei legata alle tue origini? “Questa terra è il mio cuore, il territorio delle mie ispirazioni, la mia storia. Uno dei motivi per cui ho rinunciato a qualche occasione subito dopo le suole superiori è stato proprio il legame smisurato per i miei luoghi. Probabilmente se dovessi scegliere adesso mi comporterei diversamente e sarei più audace”.

Quanto è importante viaggiare per un artista? “E’ importante per i colori: ogni posto ha colori diversi per i miei pennelli e per i miei ricordi. Il viaggio è crescita per lo spirito”.

Il genio artistico e la follia convivono sempre? “Beh, l’argomento delle devianze rispetto all’arte è proprio quello che sto trattando nella tesi a cui sto lavorando. L’artista generalmente è riconosciuto come colui che stravolge senza rispetto attraverso le idee. Molti veri artisti sono stati folli e dannati, innamorati della sola arte fino al sacrificio supremo. Io personalmente mi definisco un’artista ancora in fase di crescita e quindi non ancora una vera e propria folle”.

Dipingere un quadro significa creare un pezzo unico: quanto sei gelosa di ciò che realizzi? “Non sono gelosa delle mie creazioni. Mi dispiacerebbe di più se venissi derubata di un’idea”.

Sedia a dondolo o montagne russe? “Sedia a dondolo… simbolo di ispirazione”.

Archetto o pennello? “Pennello. La musica per me è arrivata dopo il disegno anche se le due passioni convivono”.

Soffitta o cantina? “Soffitta. E’ lì che sto dipingendo adesso”.

Amore o psiche? Cosa ti auguri per i prossimi dieci anni? “Coltivare il mio estro, produrre, esporre le mie creazioni. Mi vedo comunque nella capanna dell’arte”.

Le campane rintoccano, è mezzogiorno e la nostra chiacchierata all’ombra della Torre Terzano si chiude con il sorriso che solo chi vive di passione e di creatività riesce a comunicare. L’incontro con Sara Petrella è stata un’occasione di semplice profondità, di elegante volontà e soprattutto di pulsante necessità di ricerca: una ricerca che parte dall’anima per raggiungere l’unica grande meta del bello attraverso l’arte. Grazie, Sara.

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‘Impara l’arte’ presenta Jada e Valentina: due obiettivi per un’unica passione https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-jada-e-valentina-due-obiettivi-per-ununica-passione.html https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-jada-e-valentina-due-obiettivi-per-ununica-passione.html#respond Fri, 30 Oct 2015 12:13:08 +0000 https://www.cblive.it/?p=30774 Il viaggio lungo le strade dell'arte, di Sergio Marchetta per CBlive, giunge oggi a una tappa fatta di immagini e fantasia, per presentare due ragazze poco più che ventenni, ma dotate di una tenacia e una chiarezza di intenti che stupisce al primo impatto. Si tratta di Jada Bisonni e Valentina Fusiello: due donne molto diverse; eppure è tangibile la profonda intesa che le lega.

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Jada e Valentina durante l’intervista

SERGIO MARCHETTA

Il viaggio lungo le strade dell’arte oggi giunge a una tappa fatta di immagini e fantasia: incontro due ragazze poco più che ventenni ma dotate di una tenacia e una chiarezza di intenti che stupisce al primo impatto. Al tavolo di questo locale di Oratino che ospita la loro prima mostra ci sono Jada Bisonni e Valentina Fusiello: due donne molto diverse, sia nella loro manifestazione estetica che nel temperamento; eppure è tangibile la profonda intesa che le lega. La loro comune passione per l’arte di fotografare le unisce fino a trascendere le affinità professionali per arrivare a un’amicizia solidissima anche se ancora giovane. Riservo a Jada le mie prime domande.

Il tuo motto è “fotografare è una buona ragione per svegliarmi ogni mattina”. Quanto si mescolano in te vita e fotografia?
“Fino a diventare una cosa sola, fin da quando ero molto piccola. Ho iniziato a ‘corteggiare’ la macchina fotografica da bambina e ricordo che chiedevo a mia madre un rullino nuovo per ogni gita scolastica. La sorpresa da parte sua quando sviluppavamo la pellicola era di vedermi fotografata in pochissime occasioni: già da allora mi sentivo più a mio agio nello scattare piuttosto che nel mettermi in posa. Diciamo che ho iniziato ben presto a coltivare la mia inclinazione, seppur inconsapevolmente. Poi, circa cinque anni fa, mi sono resa conto di questa vera e propria vocazione artistica introducendomi seriamente nel mondo della fotografia”.

Passione e vocazione sono un’esigenza molto legata alla tecnica e allo studio?
“Certo. I sentimenti e le emozioni devono avvalersi sempre della curiosità e della conoscenza delle attrezzature che si utilizzano. Tutto sempre con il giusto equilibrio”.

Prima di scattare una foto c’è sempre una fase riflessiva, ispiratrice oppure anche l’improvvisazione può risultare efficace?
“Anche se ti capita di avere a disposizione solo due secondi per scattare una foto inevitabilmente ti viene in mente il modo in cui la vorresti realizzare. C’è sempre l’osservazione alla base di uno scatto”.

Esiste la foto brutta?
“Sì, esiste. Anche se magari tecnicamente valida”.

In cosa trovi ispirazione?
“In me stessa, nel presente, guardando lavori di altri artisti. In questo ordine”.

La fotografia ha il grande pregio di conservare il passato attraverso le immagini. Che valore ha per te il ricordo?
“Io scatto fotografie anche perché purtroppo non ho un’ottima memoria. Questa passione mi aiuta anche a non dimenticare”.

Cosa preferisci fotografare?
“Ho iniziato dai paesaggi per appassionarmi anche ai ritratti dopo essermi avvicinata all’utilizzo della Reflex. Ultimamente invece, dopo aver attraversato una fase compositiva fotografando oggetti, soprattutto esaltando l’abbinamento fiori e acqua, sono arrivata a concepire l’idea del progetto che ha ispirato la mostra attualmente allestita: integrare il paesaggio e il ritratto mediante una serie di scatti progressivi”.

Oggi i mezzi tecnologici e mediatici, soprattutto i social network, ci consentono di esprimerci in maniera immediata e diretta attraverso le foto. Secondo te mettere la fotografia a disposizione di tutti è un bene o un male?
“E’ un bene nella misura in cui ci sia sempre un presupposto di osservazione se non di studio della fotografia stessa; non è un male cercare di riprodurre un’immagine ma occorre sempre sforzarsi di comprendere come si arriva a scattare una buona foto”.

Quali caratteristiche sono essenziali per un buon fotografo?
“La conoscenza della tecnica, il saper cogliere i dettagli e il saper mettere lo studio a servizio della passione”.

Qual è il senso del fotoritocco?
“Io credo molto nella post produzione ma sempre con rispetto dei limiti che preservano la naturalezza della foto, compresi i difetti oggettivi che possono essere presenti. Il fotoritocco a me serve per personalizzare ma non per truccare uno scatto”.

Si può ricercare la perfezione attraverso la fotografia?
“Si può arrivare alla foto tecnicamente perfetta. Questo sì”.

Ti senti a tuo agio anche di fronte all’obiettivo?
“Mi piace tanto fotografarmi anche se non si tratta dei cosiddetti selfie, bensì di scatti che utilizzo per sperimentare, per crescere o semplicemente per ovviare all’assenza immediata di una modella quando arriva l’attimo di ispirazione”.

Lasceresti la tua terra d’origine per seguire la tua passione?
“Indubbiamente, anche se emotivamente mi costerebbe molto”.

A questo punto cedo la parola a Valentina, l’altra metà di questo connubio artistico.

Il vostro incontro da cosa nasce?
“Ci siamo conosciute attraverso Facebook. Ho iniziato a seguire la pagina di Jada e a notare le sue foto. Le ho proposto di scattarle delle immagini, ci siamo incontrate ed è stato un vero e proprio colpo di fulmine artistico a partire da passioni e idee comuni che poi sono diventate condivisione e assiduità sfociate nel progetto che rappresentiamo attraverso la nostra mostra”.

Dopo quanto tempo dal vostro incontro è nato questo progetto?
“Lo scorso febbraio ci siamo incontrate e ad aprile c’era già la bozza del progetto comune. L’idea di fondo è di Jada e si riconduce alla sua passione per tutto ciò che si lega al vintage. La soddisfazione più grande oltre l’idea è stata poi riuscire a concretizzare tutto in autonomia: un traguardo inspiegabile ma frutto di ore e ore di pensieri, lavoro, prove, ricerca”.

Cosa avete provato il giorno dell’inaugurazione della mostra?
“Abbiamo rischiato di svenire. Tremavamo e ci stringevamo le mani. Una sorta di matrimonio in cui andavamo a sposarci con la nostra passione.Una grande prova per noi stesse, per le nostre emozioni, per la cura dei dettagli”.

Come avete gestito la tempistica nell’organizzare l’evento?
“Dopo una prima fase di studio e di immaginazione ci siamo mobilitate per realizzare tecnicamente le immagini, reperire la modella, i costumi, l’oggettistica e le tante persone che ci hanno aiutato. A metà luglio le foto erano pronte e quindi siamo passate alla fase di selezione degli scatti e di allestimento vero e proprio”.

Avete un modo di lavorare simile o vi compensate?
“Dipende dagli aspetti. Io personalmente provengo dalla pittura per cui cerco di portare nella fotografia, soprattutto se si tratta di paesaggi, la mia esperienza con i colori fino a provare di assimilare l’immagine ad un quadro. In ogni caso, al di là di eventuali differenze stilistiche, abbiamo la massima intesa”.

Il fotografo è un curioso?
“Tanto. Un curioso nella ricerca di ciò che può colpire, nel provare a immedesimarsi nello sguardo di chi ammirerà la fotografia”.

Quanta difficoltà incontra un giovane che vuole fare della fotografia il proprio lavoro?
“L’arte è sempre qualcosa di difficile comprensione in questo senso; e può esserlo anche da parte di chi ti è vicino nella vita di tutti i giorni. Non è facile spiegare le lacrime di emozione che arrivano di fronte alla prima Reflex che si tiene tra le mani”.

Quanto conta il silenzio prima di uno scatto fotografico?
“Più che il silenzio è fondamentale la meditazione. E tanto lo è l’attesa prima del sentirsi pronti a lasciarsi andare a fotografare. Allo stesso modo di come accade nella pittura”.

Cosa rappresenta per te il sogno in quanto fotografa e in quanto donna?
“Il sogno è tutto; aiuta a creare contenuti: lottando per realizzare il tuo sogno mostri ciò che desideri, al di là di ciò che si vede. Quando fotografi le stelle non tutte sono visibili a occhio nudo; eppure l’obiettivo le riesce a cogliere completamente: un ideale astratto e meraviglioso proprio come lo sono i sogni”.

Parole immediate quelle delle due giovani fotografe, parole profonde come i loro desideri e luminose come un flash nel buio. Niente può rallentare l’arte quando le ambizioni si reggono sulla passione. L’obiettivo di Jada è come una sentinella che attende pazientemente l’alba da immortalare e quello di Valentina punta sempre verso le stelle più alte e la Luna: luci e colori che continueranno a fondersi in un lungo cammino che ammireremo sempre con il sorriso.

 

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‘Impara l’arte’ presenta i Misthaven: l’alternativa che suona passione https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-i-misthaven-lalternativa-che-suona-passione.html https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-i-misthaven-lalternativa-che-suona-passione.html#respond Fri, 23 Oct 2015 07:56:42 +0000 https://www.cblive.it/?p=30511 Tre sono gli ingredienti di cui è impastato il senso dell'intervista di oggi: l'energia della gioventù, l'eleganza intellettuale e la passione per la musica. Ingredienti di prima scelta che si riassumono nell'equilibrio perfetto di un nome: Misthaven. Una di quelle concretizzazioni artistiche più coraggiose e raffinate di cui il Molise possa andare orgoglioso. A raccontarle ancora una volta, per la rubrica Impara l'arte di CBlive, Sergio Marchetta.

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Un momento dell’intervista

SERGIO MARCHETTA

Tre sono gli ingredienti di cui è impastato il senso dell’intervista di oggi: l’energia della gioventù, l’eleganza intellettuale e la passione per la musica. Ingredienti di prima scelta che si riassumono nell’equilibrio perfetto di un nome: Misthaven. Una di quelle concretizzazioni artistiche più coraggiose e raffinate di cui il Molise possa andare orgoglioso. Nell’epoca dei talent show e delle cover band per me è un onore tenere a battesimo su questa rubrica un gruppo che farà parlare si sé. Di fronte a me la rappresentanza femminile della band: Eleonora Petti (pianoforte e tastiere) e Francesca Bertoni (voce e autrice).

La prima domanda, scontata ma non troppo: da cosa deriva il nome della vostra band e che missione ha?
E. “Il nostro gruppo si chiama così dall’unione di due parole che significano “rifugio nella nebbia” inteso come rapporto dell’individuo con la musica; riassume l’espressione più rappresentativa del nostro lavoro e della nostra passione. La nebbia come simbolo del caos e la musica come rifugio e come volontà di affrontare i problemi”.

Eleonora, tu rappresenti la parte un pò più onirica dal punto di vista della musicalità del gruppo quando ti esprimi alle tastiere e al pianoforte.
“Le tastiere rappresentano più che altro la parte “classica” dei nostri suoni, l’influenza della formazione e dello studio che emerge nelle nostre composizioni. A un primo impatto potrebbe sembrare poco assimilabile quello che suoniamo alle sonorità classiche. Ma se pensiamo che tutta la musica deriva dalla classica appare meno ‘strano’ riscontrare elementi del genere nel nostro repertorio; la formazione di ciascuno di noi rappresenta le fondamenta da cui non possiamo prescindere”.

Se volessimo definire il vostro stile espressivo senza inquadrarlo in schemi concettuali troppo restrittivi come lo descriveremmo?
E. “Come un genere ‘alternative’ inteso all’americana, in cui abbiamo delle chitarre e quindi delle ritmiche provenienti dall’hard rock, una voce che arriva dal pop e delle orchestrazioni di influenza tipicamente classica.Un misto di espressività musicali che riesce ad amalgamarsi molto bene”.

Questo affermarsi come genere “alternativo” e dunque poco commerciale è penalizzante o appagante?
E. “Potremmo definirla una sfida penalizzante. Il nostro è un genere poco apprezzato se non addiruttura sconosciuto in Italia, soprattutto al sud. Al contrario di altri Paesi come la Grecia o alcune piccole realtà europee. Il massimo dei consensi in ogni caso arriva da oltreoceano”.

Il vostro oltre ad essere un genere musicale è anche uno stile di vita?
F. “Decisamente. Non potremmo appassionarci a qualcosa che non rispecchierebbe noi stessi. Ma questo non significa lasciarsi etichettare”.

La scelta di scrivere i testi in inglese rappresenta una necessità o una comodità?
F. “Personalmente ritengo che quella inglese sia una lingua più poetica rispetto all’italiano ed è quella con la quale riesco ad esprimermi al meglio nei testi. Naturalmente si tratta di una scelta che risulta più adeguata anche in termini di mercato in quanto l’inglese arriva ovunque”.

Quante volte avete pensato di fare i bagagli e portare la vostra idea musicale lontano da questi confini un pò angusti?
E. “Un sacco di volte! Ma è necessario non cedere all’impulsività e all’improvvisazione perchè risulterebbe controproducente. Stiamo creando le basi”.

Come giudicate il Molise dal punto di vista della considerazione rispetto al tipo di musica che proponete?
E. “Purtroppo sono ancora troppo pochi gli spazi “aperti” a questo genere musicale: ciò vuol dire scarse possibilità di esprimersi “live”, soprattutto se si tratta di gruppi di nuova formazione. E’ molto più redditizio dare spazio a una delle tante cover band anziché a un progetto come il nostro”.

Oggi è facile improvvisarsi musicisti anche grazie a certi fenomeni mediatici di dubbio valore. Questo quanto infastidisce chi ha alle spalle un duro percorso di studi?
E. “Si può essere degli ottimi musicisti anche senza avere un grosso background formativo; però bisogna anche distinguere il progetto che si vuole affrontare: se si vuole suonare per diletto e passione non serve una formazione accademica. Se invece si aspira a vivere di musica e farne un lavoro allora lo studio è imprescindibile”.

Francesca, per te che sei la voce e quindi l’espressione frontale della vostra musica, cosa rappresenta invece il silenzio?
“Adoro ascoltare il silenzio perchè in esso riesco ad ascoltare me stessa e a comprendere cose che il caos non sa nemmeno suggerire. Pur avendo una personalità “esplosiva” mi ritrovo paradossalmente nel silenzio”.

Quando invece hai un microfono davanti quanto è difficile per te ricercare l’equilibrio tra la passione e la tecnica del canto?
“Tanto, considerando che non ho mai studiato sistematicamente canto. Mi sono avvicinata all’educazione vocale a partire da altri progetti – teatrali soprattutto – per cui non devo molto alla tecnica in senso stretto. Ciò che mi spinge è la passione”.

Quanto è importante l’impatto visivo di un’esibizione live?
F. “Tanto, al punto da provare sempre ad emozionare il pubblico. Non necessariamente con effetti speciali o grosse sovrastrutture teatrali che rischierebbero di rendere un concerto una farsa. Bisognerebbe sempre prediligere la semplicità”.

Che significa ispirazione?
E. “Tirare fuori le esperienze. Niente nasce dal nulla; abbiamo dentro una base di sentimenti, emozioni e immagini che ci siamo creati nel tempo”.

Riesci a trovarmi un sinonimo di pianoforte?
E. “Vita. La mia vita. Perchè non ricordo cosa facessi o come fossi prima di iniziare a suonare”.

Che cos’è il fascino musicale?
E. “Il frutto della passione e la capacità di trasmettere bellezza”.

Quanto legge un’autrice di testi musicali? Quanto conta coltivare la lettura oltre a lasciarsi ispirare?
F. “Scrivere mi viene di getto. E’ emozione. E’ raccontare. Parto da me e arrivo al testo. La lettura può essere una provocazione ma l’inizio di un testo è sempre un racconto personale”.

Oltre a raccontare cosa fanno i testi dei Misthaven?
F. “Ricercano e coltivano la speranza”.

Cosa ti affascina di più: la fase creativa, compositiva o quella del riscontro oggettivo del pubblico?
F. “Lavorando insieme direi che la fase creativa è quella più divertente e stuzzicante. Ci piace confrontarci ma non litighiamo mai”.

Che cos’è il successo?
F. “Riuscire ad arrivare a tutti. Sentirsi ascoltati”.

Eleonora senza la musica sarebbe una persona migliore o peggiore?
“Non sarei me stessa”.

Il vostro genere musicale si avvale di testi “forti”  ed anche l’impatto visivo che accompagna la vostra espressione artistica non passa inosservato. Quanto pensate possa mettere in discussione tutto ciò rispetto a chi vi ascolta?
E. “In una piccola realtà fenomeni del genere sono guardati con occhi “diversi”. Ma il nostro è un modo di essere, la nostra immagine non è una moda”.

Il nero è una tonalità che vi contraddistingue: esigenza o casualità?
E. “Stile di vita. La passione per un colore”.

L’amore, i sogni o la carriera: che cosa conviene inseguire?
E. “La carriera. C’è una famosa frase che dice: La carriera non si alzerà mai dal letto una mattina dicendoti che non ti ama più”.
F. “Probabilmente tutte e tre”.

4 marzo 2015: cosa rappresenta questa data per i Misthaven?
E. “L’uscita del nostro primo Demo. Un periodo di grande emozione e concretezza rispetto al lavoro dei mesi precedenti. Un bellissimo ricordo”.

Quanto andate d’accordo, artisticamente parlando?
F. “Fondamentalmente non ci siamo incontrate come colleghe; siamo amiche da sempre e ci siamo conosciute proprio nell’ambito della musica. Siamo legate oltre la musica e questo ci porta a sostenerci a vicenda”.
E. “Il gruppo è una grande famiglia. Il lavoro condiviso e anche le ansie condivise formano il collante. La musica stessa è esigenza di fare gruppo”.

L’inquietudine è un bene o un male?
F. “Una fonte di ispirazione”.

“Non è mai troppo tardi per trovarti al posto giusto. Non è mai troppo presto per lasciare tutto alle spalle”. Che cos’è il tempo?
E. “Il tempo è solo un numero. Non esiste nulla di concreto che si possa definire un ‘troppo tardi’ o un ‘troppo presto’. Il tempo è una dimensione inventata per delimitare le esperienze e definire ciò che è giusto o sbagliato”.

Nelle vostre liriche compaiono spesso passaggi legati al piacere e al dolore: quanto si assomigliano?
F. “Viaggiano sulla stessa scia. Due facce di una stessa medaglia”.

Quali sono i vostri progetti a breve e a medio termine?
E. “Emergere ma soprattutto suonare dal vivo qui nel Molise e lontano da qui. Una grande passione è sempre una buona motivazione per andare avanti”.

Nulla da aggiungere, verrebbe da dire. Allora in bocca al lupo ai Misthaven, alle loro idee, ai loro suoni, alla loro forza e al talento che saprà raggiungere le altezze che merita.

 

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‘Impara l’arte’ presenta Giada Primiano: la passione in punta di piedi https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-giada-primiano-la-passione-in-punta-di-piedi.html https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-giada-primiano-la-passione-in-punta-di-piedi.html#respond Fri, 16 Oct 2015 07:26:00 +0000 https://www.cblive.it/?p=30203 Avere di fronte una danzatrice equivale per definizione a trovarsi al cospetto di qualità come la grazia e l'eleganza. Incontrare Giada Primiano è tutto questo ma a completare il quadro si aggiunge un colore tanto virtuoso quanto importante: la semplicità. Quella intesa come immediatezza delle emozioni, trasparenza delle parole e genuinità dei gesti.

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ImmagineSERGIO MARCHETTA

Avere di fronte una danzatrice equivale per definizione a trovarsi al cospetto di qualità come la grazia e l’eleganza. Incontrare Giada Primiano è tutto questo ma a completare il quadro si aggiunge un colore tanto virtuoso quanto importante: la semplicità. Quella intesa come immediatezza delle emozioni, trasparenza delle parole e genuinità dei gesti. Scongiurata la pioggia che ha attentato alla nostra chiacchierata inizio a conoscere questa giovanissima artista dagli occhi esclamativi.

Giada, tu sei una di quelle anime coraggiose che ha deciso di intraprendere il “viaggio” che porta lontano dalle origini geografiche in nome della passione per l’arte e in particolare per la danza.
“Mi sono trasferita a Roma a soli quindici anni e lo scorso giugno ho completato gli studi in Accademia Nazionale di Danza; è stato un percorso di audacia ma soprattutto dettata dalla passione e dal desiderio”.

Per te la danza è stata una “scelta” o un “sentirsi prescelta”?
“Mi sono avvicinata alla danza da molto piccola; avevo cinque anni quando, guardando un saggio in televisione, iniziai a ballare davanti allo schermo. Mia sorella maggiore era lì a spiarmi e mise la pulce nell’orecchio di nostra madre. Giunse così la decisione di farmi studiare danza. Da lì è stato una sorta di gioco che è andato sviluppandosi forse anche inconsapevolmente da parte mia, almeno all’inizio. Ma il gioco poi mi ha fatto scoprire la passione e si è trasformato in una scelta di vita. Oggi senza danza io non mi immaginerei”.

Quanto equilibrio deve esserci tra passione, consapevolezza e progettualità?
“Deve esserci soprattutto razionalità: io amo sognare e fantasticare ma guardo in faccia la realtà. Come nella vita anche in arte se di fronte a una resa dei conti, di fronte a una prova ci si rende conto di una certa inadeguatezza bisogna avere la lucidità di cambiare strada. Personalmente io sono ancora nella fase della scoperta e del coraggio”.

Il tuo cammino artistico è partito da un’intuizione di tua sorella. Quanto ti ha appoggiato la famiglia nel corso di questi anni di formazione?
“Ho al mio fianco dei genitori intelligenti che mi hanno sostenuto psicologicamente, materialmente e fisicamente; e tutto questo mi ha stimolato a dare risultati sempre positivi. Ovviamente è difficile da parte di un genitore vedere partire una ragazzina di quindici anni da sola. Eppure loro si sono sempre fidati di me e della mia determinazione; devo tutto a loro e tanto a me stessa per aver lottato per finalizzare i miei sacrifici”.

Frequentare l’Accademia Nazionale ti ha privato in qualche modo di alcune cose “normali” tipiche dell’adolescenza?
“Ho sacrificato tanto e paradossalmente mi mancavano le cose più banali: stendermi sul divano dopo pranzo, guardare un programma alla Tv, fare una passeggiata con un amico. In particolare i primi anni sono stati difficilissimi in quanto provenivo da una scuola privata di provincia ed ero circondata da altri ragazzi più preparati di me. Gli anni e la tenacia mi hanno portato ai risultati che ho ottenuto. Eppure non cambierei niente se dovessi tornare indietro perché sono stati tutti sacrifici che volevo fare e quindi sacrifici benedetti. La mia voglia di sudare per la danza è stata sempre molto più forte di quella di prendere un aperitivo in compagnia al bar”.

Che cos’è la disciplina?
“La disciplina serve a educare il corpo, l’esercizio e la mente. Senza lasciare nulla al caso e senza mai rimandare lo sforzo e la determinazione. Ma la disciplina è anche il rispetto nei confronti dell’insegnante, delle colleghe e dell’ambiente. La danza è una forma d’arte che forse risente un pò dell’impostazione “arcaica”; però a volte “abbassare la testa”, porgere l’inchino al maestro serve a ricordarsi che c’è qualcuno migliore di te”.

Quanto ti ha cambiata la danza?
“La danza è nata con la mia ragione e quindi ha fatto sempre parte di me. Tanto mi ha cambiata il trasferimento, perché ho conosciuto un altro ambiente, un altro tipo di disciplina e di vedere il mondo che mi ha emozionato: è fondamentale l’approccio alle scelte della vita e all’arte”.

Hai mai pianto per la danza?
“Tantisime volte. Non ho mai pianto per i rimproveri in sala, forse per orgoglio; poi a casa, magari al telefono con mia madre, mi sfogavo in lacrime. E tante volte ho avuto gli occhi lucidi di fronte a un complimento”.

Esprimersi nella danza vuol dire avvalersi soprattutto della propria corporeità senza far uso della parola: questo è un limite secondo te rispetto ad altre forme d’arte?
“Ho avuto la fortuna di approcciarmi anche al teatro per cui so bene quanto sia diretta la parola: ad essa puoi dare una forma e un’intonazione che le consente di arrivare al pubblico in maniera istantanea. Il linguaggio teatrale, sia narrativo che concettuale, è univoco. La danza, invece, è più soggettiva, interpretabile e meno diretta per cui ogni spettatore può cogliere emozioni e messaggi differenti”.

Cosa rappresenta il pubblico per te?
“Io amo il palcoscenico. La platea buia che piano piano si illumina fino a lasciar distinguere i visi degli spettatori mi trasmette una sensazione indescrivibile, energia e voglia di comunicare. Il pubblico è amico mio, altrimenti io non esisterei in quanto artista”.

Hai mai pensato a te stessa nei panni dell’insegnante?
“Mi piacerebbe insegnare ma non ora. L’insegnante è per l’allievo un mentore e a me serve ancora fare tanta esperienza per arricchirmi prima di riuscire a trasmettere”.

Basta il talento per essere artisti?
“Se non ci sono tenacia, determinazione e un carattere pregnante non arrivano i risultati; anche se possiedi talento e doti fisiche perfette”.

Che cos’è il successo per te?
“Io danzo perchè mi fa stare bene e mi fa sentire me stessa. Meglio un fallimento che un rimpianto. Quindi non ho ancora voglia di pensare al successo. Il successo può essere improvviso o graduale ma comunque rischioso. E poi il successo nel mondo della danza è sempre limitato, marginale, ha un’altra dimensione quasi elitaria”.

Potrebbe essere opportuno avvicinare i bambini alla danza nell’ambito della formazione scolastica?
“Secondo me sarebbe più necessario educare al corpo, al rispetto della fisicità. Muoversi e ballare è sempre un piacere ma la danza classica è una scelta seria”.

Il corpo è lo strumento della danza: un fisico che invecchia cosa rappresenta per una ballerina?
“Una ballerina segnata dal tempo non avrà la stessa leggiadria della gioventù, ma magari un solo gesto di mano può diventare poesia. Nella danza l’addio alle scene è intorno ai quarant’anni eppure la Fracci, per esempio, ha conservato a lungo la capacità di emozionare il pubblico anche soltanto attraverso una “camminata” sul palco”.

La tua è una disciplina selettiva, anche dal punto di vista della fisicità. Quanto è alto il rischio di cadere in disordini di tipo alimentare per ottenere prestazioni migliori? E’ ancora un tabù parlare dell’anoressia nell’ambito della danza?
“E’ un problema reale che dipende molto dagli insegnanti ma anche dal tipo di personalità dell’allieva. Io ho avuto la fortuna di sdrammatizzare certi messaggi e di non cascarci”.

Nel tuo corso di studi ti sei avvicinata anche alla musica, soprattutto dal punto di vista storiografico: cosa rappresenta il suono per la danza?
“L’anima. La completezza”.

Quanto sogni?
“Tantissimo! Ho avuto un approccio sempre razionale e ponderato nei confronti della danza ma so bene che il sogno è il sale della vita. E poi è gratis”.

Conoscere Giada Primiano è stato un bel viaggio che si è avviato e concluso all’insegna di quella tenera umiltà di chi sa di dover faticare ancora a lungo ma con la lucida consapevolezza delle proprie meravigliose forze. Le forze di una ventenne che, come lei stessa dice, ha capito che nella vita nulla è scontato, soprattutto la felicità.

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‘Impara l’arte’ presenta Chiara Albanese: scrivere e sorridere per cambiare il mondo https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-chiara-albanese-scrivere-e-sorridere-per-cambiare-il-mondo.html https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-chiara-albanese-scrivere-e-sorridere-per-cambiare-il-mondo.html#respond Fri, 09 Oct 2015 06:49:36 +0000 https://www.cblive.it/?p=29868 Un incontro semplice ma emotivamente prezioso con Chiara Albanese, una giovane scrittrice di Agnone. La prima impressione che questa ragazza dai lunghi capelli scuri trasmette corrisponde a una sensazione di serenità e pacatezza, a partire dal tono della voce fino alla gestualità delicata ma espressiva. Chiara scrive, ama la vita e soprattutto è pervasa dal desiderio di comunicare la bellezza di esistere per aiutare il prossimo.

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Sergio Marchetta e Chiara Albanese
Sergio Marchetta e Chiara Albanese

SERGIO MARCHETTA

Vi racconto dell’incontro semplice ma emotivamente prezioso che ho avuto con Chiara Albanese, una giovane scrittrice di Agnone. La prima impressione che questa ragazza dai lunghi capelli scuri trasmette corrisponde a una sensazione di serenità e pacatezza, a partire dal tono della voce fino alla gestualità delicata ma espressiva. Chiara scrive, ama la vita e soprattutto è pervasa dal desiderio di comunicare la bellezza di esistere per aiutare il prossimo.

Che significato ha per te la scrittura? “Per me scrivere vuol dire provare a cambiare me stessa e ciò che mi vive intorno, un modo di aprirmi utilizzando penna e foglio”.

Tuttavia la spinta emotiva che ti ha indotto a scrivere è stata un episodio particolare della tua vita. “In realtà ho iniziato a mettere nero su bianco da quando ero solo una bambina. Poi un giorno di nove anni fa ho vissuto la tristezza di perdere mio fratello Giuseppe: una morte che non meritava di passare inosservata. Da qui la spinta ad intraprendere un progetto editoriale dedicato a lui ma soprattutto agli altri”.

Un modo di vivere ma soprattutto di affrontare un evento così tragico? “Sì, scrivere è stato il mezzo più immediato per fronteggiare la scomparsa di Giuseppe. L’ho fatto in maniera dettagliata, a tratti con crudezza ma sempre con l’idea di trasmettere emozioni e messaggi di vita al di là del dolore”.

Qual è quindi il senso del tuo libro? “Mio fratello ha perso la vita a causa della droga. Dunque il messaggio di cui è permeata ogni mia singola pagina è l’esaltazione della vita nella sua bellezza e nel suo valore inestimabile. Il libro è un pretesto per avvicinare i giovani e parlare loro di questa tematica, testimoniare la mia esperienza e quella della mia famiglia”.

Quanto ti ha aiutato il fatto di scrivere per affrontare questo evento senza cedere alla disperazione ma anzi traendone speranza per te e per gli altri? “Moltissimo. E leggere l’emozione negli occhi delle persone quando ho portato la mia testimonianza nelle scuole e nelle piazze è stata la conferma più genuina del mio progetto”.

Cosa spinge un giovane ad avvicinarsi alle droghe? “L’idea di poter costruire un’illusione, di sentirsi più coraggioso e forte in un mondo costruito su misura all’occorrenza”.

Il tuo libro ha raggiunto centinaia di persone e di cuori. Hai avuto il riscontro reale rispetto al messaggio che proponi attraverso le tue pagine? “Sì, soprattutto lontano dalla zona in cui vivo. E’ successo che la mia sfida editoriale si rivelasse l’incipit di un percorso molto più articolato di riscatto dalla droga e questa per me è la più grande soddisfazione: i tossicodipendenti non vanno mai allontanati”.

Oltre alla scrittura uno dei tuoi pilastri vitali è il volontariato. “Sì, ad esempio il ricavato dalla vendita del mio libro è stato donato per un progetto in Africa, luogo molto caro anche ai sogni di mio fratello. Nel 2013 sono stata personalmente lì un mese e ho seguito la destinazione della mia offerta nella missione. Tra l’altro tornerò a breve in Camerun con un nuovo progetto legato alla mia attività di clownterapia. Tutti dovrebbero visitare l’Africa per acquisire forza di volontà e desiderio di migliorare”.

A che punto sei oggi in qualità di scrittrice? “Ho due libri in cantiere: uno in forma di diario nel quale ripercorro alcune tappe importanti del mio vissuto e l’altro invece ispirato alla mia permanenza in Africa; e anche questi saranno progetti che trasformerò in occasioni di beneficenza”.

Cosa sogna Chiara? “Ho tanti sogni e molti ne ho già realizzati. Quello più grande è poter costruire una famiglia in cui condividere i miei ideali e i progetti che ho nel cuore”.

“Siamo buoni a nulla ma capaci di tutto”: mi commenti questa frase a te cara? “Vorrei essere capace di cambiare un pezzettino di mondo, di regole ingiuste ma soprattutto fare tutto il possibile per poter salvare i giovani dalla droga. Nessuno merita di perdere la vita per una causa così stupida. E lo farò sempre attraverso la mia scrittura, le mie parole, la mia missione”.

Questa è Chiara: una ragazza generosa, una promessa di sane speranze e una penna talentuosa. Basta davvero poco a conservare saldo il sorriso quando si ha la capacità di riscattarsi dal dolore per trasformarlo in esempio e voglia di vivere attraverso la creatività. Forse il modo migliore di imparare l’arte di vivere.

L'articolo ‘Impara l’arte’ presenta Chiara Albanese: scrivere e sorridere per cambiare il mondo sembra essere il primo su CBlive.

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‘Impara l’arte’ presenta Denise Lorella Narducci: vivere l’essenziale https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-denise-lorella-narducci-vivere-lessenziale.html https://www.cblive.it/rubriche/impara-larte-con-cblive-e-sergio-marchetta/impara-larte-presenta-denise-lorella-narducci-vivere-lessenziale.html#respond Fri, 02 Oct 2015 07:32:28 +0000 https://www.cblive.it/?p=29549 Per la rubrica di Sergio Marchetta, CBlive scopre un altro giovane talento molisano: Denise Lorella Narducci. Una ragazza che vive di passione per la scrittura, per la musica e soprattutto per la vita. A distanza di poco tempo dalla pubblicazione della sua opera prima, l'autrice si svela in questa intervista.

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Denise Lorella Narducci intervistata da Sergio Marchetta

SERGIO MARCHETTA
Oggi sono di nuovo ad Isernia per incontrare un altro giovane talento. Sotto il sole di fine estate incontro Denise Lorella Narducci, una ragazza che vive di passione per la scrittura, per la musica e soprattutto per la vita. A distanza di poco tempo dalla pubblicazione della sua opera prima iniziamo la nostra chiacchierata sorseggiando un coktail ideato ad hoc dal maestro Domenico Piccoli. Il libro che Denise sta promuovendo s’intitola ‘L’essenziale’; e proprio a partire dal titolo di questo saggio ha inizio la mia intervista.

Qual è la tua essenza in quanto donna e in quanto scrittrice?
“Sono una donna fatta di emozioni, desiderio e istinto come qualunque creatura. E come tutti mi ritengo indefinibile e in continuo mutamento”.

I pilastri della tua vena creativa sono la scrittura e la musica; quanta musicalità c’è nelle tue parole quando scrivi?
“Scrivo sempre con un sottofondo musicale capace di ispirarmi ma posso passare senza accorgermene dai Pink Floyd ai Massive Attack a seconda del mio stato d’animo”.

Com’è iniziato il percorso che ti ha portato a diventare una scrittrice?
“Non ho cercato la scrittura perché essa è nata con me; l’esperienza e la fiducia in me stessa mi ha poi raffinata nello stile strada facendo. Dieci anni fa la mia espressione artistica prevalente prendeva corpo facendo la dj ma fin da allora mi capitava di tornare a casa dopo una serata con l’esigenza impellente di mettermi a scrivere”.

Il tuo libro è un saggio; ti capita di scrivere utilizzando anche altre forme di scrittura?
“Ho scritto molte poesie e ne scrivo ancora; tuttavia ho voluto pubblicare la parte più descrittiva e psicologica della mia produzione”.

Parliamone nel dettaglio: si tratta di un testo che può essere considerato qualcosa di più, un vero e proprio progetto.
“Certo, un progetto indirizzato a una relazione d’aiuto. In ciascuno dei cinque capitoli che compongono il libro provo a fornire una chiave al lettore, un aiuto alla comprensione delle tematiche in cui ho voluto approfondirmi. Un aiuto per viaggiare alla scoperta della propria essenza attraverso lo svelamento delle repressioni che abitano nella nostra esperienza personale”.

Perchè oggi si tende a reprimere la propria essenza, ciò che si è davvero? “Oggi il costruttivismo sociale dilaga e coinvolge la società in generale e di conseguenza anche i bisogni primari risultano mascherati, incompresi e annullano i benefici che potrebbero invece arrecare la coerenza e la semplicità”.

Una delle maschere che oggi si indossano vanno a influenzare la sfera dell’intimità e della sessualità. Anche di questo parli nel tuo libro.
“La mentalità del tabù è ancora imperante soprattutto nelle piccole realtà delle nostre periferie. Vivere la propria essenza significa anche poter esprimere nella libertà la sfera sessuale avendo il coraggio di non far coincidere necessariamente l’eterosessualità con la normalità”.

Come definiresti il concetto di intelligenza emotiva dal tuo punto di vista?
“Come la capacità di collegare mente e cuore in una gestione delle emozioni equilibrata e armonica. Non saper coltivare la propria intelligenza emotiva porta a vivere i rapporti e le esperienze interpersonali all’insegna dell’ansia e del timore perdendo di vista un dato fondamentale e cioè che non essendo fisicamente immortali non possiamo sforzarci di conferire il carattere dell’eternità alle nostre emozioni o situazioni sentimentali. Gustarsi l’attimo è un’ambizione positiva. Le emozioni non si scelgono”.

Gestire male le proprie emozioni è anche privarsi della libertà?
“Certo. Significa viversi per ciò che non si è davvero”.

Nel tuo libro parli anche dell’istinto: lo vedi come un limite o una risorsa per le emozioni?
“L’istinto rappresenta noi stessi e la guida per raggiungere la nostra essenza; è l’equilibrio tra emozione e desiderio. Alcune devianze, certe depravazioni per esempio possono nascere proprio dalla repressione degli istinti fondamentali”.

Un altro argomento che affronti è quello dell’erotismo. Come lo riassumeresti?
“L’erotismo rappresenta un concetto puro, artistico. Non si riconduce a un atto fisico in senso stretto bensì all’espressione della seduzione in tutte le sue forme”.

A te piace accostare il concetto di seduzione alle donne più che agli uomini. Come mai?
“Penso che la seduzione sia un aspetto innato particolarmente nel genere femminile anche se l’uomo può sedurre altrettanto. Tuttavia la donna per la sua stessa conformazione fisica è più predisposta alla seduzione. Riducendo ai minimi termini potremmo dire che per l’uomo la seduzione è un’arte più faticosa. Il fascino, poi, è quell’elemento fondamentale della seduzione che la rende potente al di là dell’aspetto fisico e corporeo”.

In effetti potremmo definire il tuo libro una vera e propria “guida” e uno strumento che hai inserito nel tuo impegno nel sociale. Ce ne parli?
“Il libro è strettamente correlato agli ideali e alle attività dell’associazione che ho fondato in difesa dei diritti delle categorie sessuali; una forma attiva di sostegno, orientamento e consulenza”.

Hai nuovi progetti creativi per il futuro?
“Sto lavorando a un romanzo che dovrebbe uscire a breve. Non aggiungo altro se non che avrà una forma travolgente”.

Come vedi proiettato il tuo “essenziale” nel futuro?
“Impegnato, soprattutto nell’educazione sessuale ed emotiva nelle scuole attraverso incontri o laboratori dedicati ai più piccoli. Sarà la mia battaglia personale”.

L’intervista si conclude ma il desiderio di approfondire gli argomenti appena accennati dalle parole di Denise spinge inevitabilmente al desiderio di accostarsi al libro. Conoscere questa giovane autrice molisana ha significato per me incontrare un’anima creativa motivata alla scoperta della vita nella sua pienezza, nella sua armonia e nel gusto di mostrarsi per ciò che si è profondamente. Concetti apparentemente scontati, ma che spesso si perdono di vista proprio per il timore di vivere ciascuno il proprio essenziale.

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