I molisani non sono disposti a essere azzerati (di Massimo Dalla Torre)
MASSIMO DALLA TORRE
Dopo la Corte di Appello ora tocca al Corpo Forestale dello Stato. Questa la sentenza che è stata annunciata che, in queste ore, sta risvegliando dal lungo torpore chi siede nelle stanze dei bottoni. Realtà che lentamente si sta cercando si svuotare perché considerata una “palla al piede” di un sistema le cui linee guida passano per azioni che portano ad una sola volontà: annientamento. Un annientamento che indica di come regioni poco propositive, cosa assolutamente non vera, devono essere azzerate o private dei propri gangli vitali. Un annientamento che la dice lunga come il nostro Paese è in balia di personaggi, nessuno escluso, che pensano di cambiare le cose, senza sapere che necessita mantenere gli assetti e soprattutto le realtà come sono, anche se quest’ultime possono sembrare “zavorra” che poi zavorra non è; ecco perché ci fa specie la levatura di scudi arrivata solo all’ultimo momento. Una resistenza a nostro modesto giudizio passiva che non produce nulla, se non ad aggravare la situazione che porta inequivocabilmente a fare una considerazione drammatica: inadeguatezza al governo di chi occupa i palazzi del potere. Inadeguatezza che ha nuovamente illuso i molisani ignari di quello che poteva accadere e sta accadendo. Inadeguatezza affidata a chi ha elevato la bandiera dell’innovazione, senza sapere che se cambiamento deve esserci, questo deve essere il loro. Cambio si ma non solo nei titoli, nelle esternazioni, nelle indignazioni, nelle prese di posizione. Cambio di una classe che in dialetto sono chiamati “tira seggie” cui è servita la “pappa” senza alcuno sforzo. Cambio di chi è abituato a prendere a non restituire ma soprattutto a distruggere. Questa è l’analisi dei fatti che in questi giorni hanno messo a soqquadro il sistema Molise. Fatti che, nell’assurdità della questione, vede inutili riunioni condite con ordini del giorno buoni solo a riempire le pagine dei giornali o le cronache dei tg locali. Fatti che indicano come la volontà di distruggerci si sta concretizzando senza che ci sia alcuna soluzione positiva a nostro favore. Fatti che si palesano soprattutto se si pensa che il Molise, ma anche altre realtà del Meridione, sono state prese a mo di bersaglio cui scagliare i dardi che lentamente ci hanno condotto alla morte morale e materiale. Condizione non accettabile perché non siamo disposti a soccombere. Condizione figlia di una cultura che non ci appartiene, che purtroppo per noi, ci ha relegati al ruolo di “servi della gleba” di una signoria che ha quale connotato: poca, anzi pochissima se non nulla comprensione delle esigenze e non certamente al “selfie” che impazza sui social network. Una condanna che è definitiva senza alcuna possibilità né di appello né tanto meno di revisione del processo. Condanna facilitata con il favore di chi si è illuso di poter far parte del “cerchio magico” che avrebbe salvaguardato i privilegi riservati a pochi. Condanna con una non difesa, quella di adesso è “d’ufficio”, che ci costringe ad assistere allo svuotamento totale di quello che è il Molise. Regione che, se non si corre ai riparti, a breve potrebbe tornare a essere appendice di un qualcosa che ci azzittirà grazie all’uso di materiali che dissolvono quel poco di buono e di positivo che ancora esiste.