Famiglia venezuelana positiva al Covid, il prete di Sant’Antonio: “Il virus non è partito dalla parrocchia. Io non ho organizzato nessun campus”
Padre Giancarlo Li Quadri Cassini: "L'unica responsabilità? Aver aperto le porte all’accoglienza”
Mentre l’Asrem sta continuando ad effettuare i tamponi sulle persone venute a contatto con il nucleo familiare del Venezuela, tra cui diversi bambini e istruttori del campus a Ferrazzano, il parroco di Sant’Antonio di Padova, Padre Giancarlo Li Quadri Cassini tiene a precisare come il nuovo caso positivo riscontrato ieri nulla abbia a che fare con la comunità della parrocchia.
Ma padre Giancarlo ha poi voluto ripercorrere le tappe di una vicenda di cui in città non si fa altro che parlare e sembra, tra le righe, aver voluto anche rinviare al mittente le accuse che in questi giorni hanno viaggiato, soprattutto sui social.
“Nessuno dei nostri parrocchiani – ha detto padre Giancarlo – ha incontrato la famiglia ospitata nella zona adiacente la chiesa, lontana, tra l’altro, dal luogo delle celebrazioni. La famiglia del Venezuela, proveniente dalla Serbia e giunta in Italia il 7 luglio scorso, con due compagnie aeree: Air Serbia (Belgrado – Parigi) e Air France (Parigi – Roma), non ha mai partecipato ad una nostra celebrazione in programma secondo l’orario liturgico. Tanto è vero che nessuno dei parrocchiani si è sottoposto al tampone, perché non c’era e non c’è alcuna necessità”.
Ma padre Giancarlo tiene soprattutto a precisare di non aver mai “organizzato nessun campo estivo e si dichiari estraneo ai fatti accaduti presso l’associazione sportiva la Baita di Ferrazzano”.
“A me – dice ancora il parroco – il compito di proteggere la Comunità parrocchiale da false notizie, perché il virus non è partito dalla parrocchia, la quale si è mostrata solo disponibile all’accoglienza, perché aperta ai bisogni degli altri, anche del forestiero. Non è la prima volta che apriamo le porte a gente bisognose di ospitalità: l’anno scorso un pachistano ed un suo amico hanno trovato rifugio nella nostra casa nel periodo natalizio, nonché una famiglia che dormiva sotto il porticato della chiesa all’aperto, al freddo e al gelo”.
“Una volta al mese – racconta ancora – si organizzava il pranzo per i poveri. La nostra è una Comunità attenta alle esigenze di coloro che vengono a bussare per ricevere sostentamento: ogni mercoledì la Caritas parrocchiale provvede ad offrire ‘il Pane di Sant’Antonio’. La stessa si è resa disponibile, con tre equipe, a servire gli ospiti presenti presso la Casa degli Angeli di Campobasso. La Comunità ha spesso accolto sacerdoti e seminaristi della diocesi. È una Comunità realmente caritativa! Disponibile anche per eventi diocesani. Questo grazie al Signore che mette nel cuore dei volontari il desiderio di servire l’uomo, ogni uomo, senza alcuna discriminazione.
Gli stessi volontari si prodigano a garantire l’osservanza delle norme per il contenimento del Coronavirus. Dopo ogni celebrazione s’igienizza tutto l’ambiente: banchi, sedie, microfoni, biancheria liturgica, vari sacri. Tre volte a settimana si sanifica l’aria.
All’accoglienza ci sono volontari che fanno rispettare le norme che prevedono l’igienizzazione delle mani e l’uso della mascherina. È garantito il distanziamento frontale e laterale: ci sono volontari che accompagnano i partecipanti ai posti assegnati (ci sono 115 posti disponibili)”.
“Abbiate, per favore, – dice il parroco ai campobassani – amore alla verità, altrimenti la nostra Comunità verrà devastata da false notizie.
Anche perché vorremmo capire con quale margine di sicurezza si può attribuire tale circostanza dal momento che oggettivamente a noi non risulta e non potrà mai esserlo, in quanto, e lo ripeto, nessuno ha mai incontrato la famiglia ospite nella zona adiacente alla chiesa. Nessuno dei nostri parrocchiani! È urgente riflettere sulla delicatezza della vicenda che ove, impropriamente amplificata, rischia di procurare un grave attentato alla serenità e alla vita stessa della Parrocchia.
Mi assumo personalmente la responsabilità di aver aperto le porte alla famiglia venezuelana, che merita rispetto e comprensione. Li ho accolti per quel senso di umanità che nel Vangelo trova conferma: “Ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25,35).
La famiglia si è recata in Questura il primo giorno utile per notificare il loro arrivo nel territorio italiano ed appena venuti a conoscenza sul da farsi, riguardo alle norme anticovid, è stato chiesto all’Asrem l’esecuzione dei tamponi.
Tutto questo comunicato – conclude il parroco – è per rendere chiara la vicenda, che nessuno di noi la desiderava. Nessuna responsabilità è da far ricadere sulla Parrocchia di Sant’Antonio di Padova, che, è bene ripeterlo, offre un ambiente sicuro in quanto si osservano tutto le norme di distanziamento sociale previste per il contenimento del Covid-19″.
Intanto, sul focolaio di importazione la Digos ha concluso le indagini e ora spetterà al magistrato ipotizzare se ci siano state eventuali negligenze e a chi siano ascrivibili eventuali responsabilità.