Seminario diocesano, una lapide in ricordo dei lavori di ristrutturazione
Lo scorso 3 marzo, si è svolta la benedizione dei lavori per il restauro dei locali del Seminario diocesano adiacente al Palazzo Vescovile della città. Una cerimonia semplice che ha raccolto molteplici significati. A benedire l’edificio ristrutturato in alcune parti, l’arcivescovo di Campobasso – Bojano, GianCarlo Bregantini, alla presenza del rettore don Michele Socci e del vicario generale della Curia, don Antonio Arienzale.
“Prima di tutto è stato un grazie a tutti i vescovi che, lungo i decenni, hanno realizzato e migliorato questo palazzo – ha affermato il vescovo Bregantini – e che ora è uno tra i più belli della città, nella sua facciata classica ornata e impreziosita alla sera con una serie di faretti luminosi, che rendono il sito carico di fascino”.
La cerimonia ha messo in luce la pregnanza della storia cittadina: molti, infatti, i sacerdoti e professionisti si sono formati nel seminario, ad iniziare dal 1935. Tanta riconoscenza della città di Campobasso va nell’ottobre 1943 in memoria del vescovo monsignor Secondo Bologna. Grate, sono la città e la diocesi tutta, perché nella struttura vengono elargiti servizi importanti, per l’utilità dei concittadini e fedeli. La benedizione dell’edificio e di una lapide in marmo, in ricordo dei lavori svolti nel segno del cammino sinodale della diocesi, ne hanno sigillato l’impegno e la crescita, fino ad oggi. I lavori, eseguiti con impegno e competenza dai tecnici Roberto De Angelis e Fabrizio Aceto, sotto la guida di don Michele Socci, a guida del Consiglio di amministrazione del Seminario stesso e per opera della ditta Palombo, hanno creato una ristrutturazione di evidente bellezza estetica nella facciata del palazzo. Una relazione storica è stata curata don Marco Filadelfi, che ha evidenziato tutti i passaggi compiuti nella vita del Seminario e nella crescita dell’edificio. A margine della serata sono stati raccolti e “lanciato i cuori oltre il presente, per sognare ancora ulteriori lavori” per rendere il palazzo sempre più autonomo, anche sul piano del riscaldamento e delle risorse energetiche.
“L’opera così si innesta in quella serie di iniziative di ricupero della storia, per dare quel crescente gusto della bellezza, che fa parte di un necessario ed atteso bisogno di identità sociale, culturale e religiosa che vive il nostro popolo in Molise. Perché sono da una accresciuta identità – ha concluso il vescovo – potremo attenderci segni di futuro. Il restauro è allora già futuro. E’ coraggio che, raccogliendo il passato, già fa germogliare semi di speranza”.